Bikram Choudhury è un giovane e ambizioso maestro di yoga indiano. Capisce che, per essere esportata, la disciplina ha bisogno di due cambiamenti. Prima di tutto va semplificata: le 500 posizioni dello yoga tradizionale sono troppe, per cui crea una sequenza di appena 26 movimenti la cui esecuzione dura 90 minuti. Secondo elemento: vanno ricreate le condizioni ambientali dell’India, per cui quei movimenti vanno eseguiti a 40 gradi di temperatura e al 90 per cento di umidità. Nel 1971 Bikram Choudhury arriva negli Stati Uniti, un paese ancora in preda ai fumi dell’esotismo orientale del decennio precedente, ma proteso a scoprire l’euforia per il fitness. Diventa subito lo yogi preferito delle star di Hollywood. Nasce così l’impero del Bikram Yoga, con centinaia di migliaia di sostenitori sudati e sfiniti, tra i quali vip come Madonna e presidenti come Richard Nixon. Ma dietro le quinte dell’impero si celano abusi psicologici e sessuali che portano i suoi assistenti ad allontanarsi dal maestro e ad aprire palestre concorrenti. Bikram li sfida, cominciando una costosa azione legale. Le sue sconfitte in tribunale apriranno un varco affinché le vittime dei suoi abusi possano essere ascoltate. Bikram è il racconto di un mondo inventato da un uomo dove tutto è esasperato, narrato da una giornalista e producer che l’ha frequentato per anni.
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Questo articolo è uscito sul numero 1427 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati