I programmi di migrazione circolare e le offerte di lavoro temporaneo nell’agricoltura che la Spagna ha lanciato in Africa subsahariana hanno ricevuto adesioni di massa. Più di trentamila persone in Senegal, Mauritania e Gambia si sono candidate per i 350 impieghi stagionali offerti quest’anno a Huelva, nel sud della Spagna. In Senegal e Gambia, dove bisognava presentare di persona la domanda, davanti agli uffici si sono formate code enormi e ci sono state scene di caos. “Non avevo mai visto niente di simile”, dice Aly Sow, un autista senegalese di 44 anni che il 27 gennaio ha presentato i documenti necessari all’ufficio per i senegalesi all’estero nella regione settentrionale di Saint-Louis. “La gente si era messa in fila alle quattro del mattino. Mi ha sorpreso vedere studenti e persone con un buon lavoro. Vogliono andarsene tutti”. Komila Diatta, 35 anni, fa il bracciante per un’azienda cinese a Dakar e guadagna circa 225 euro al mese per mantenere la moglie e il figlio. “In tre mesi in Spagna potrei guadagnare quello che ora prendo in due anni”, dice, “ma considerando quello che ho visto non ho molte speranze”.
Una misura del successo
“Un numero così alto di giovani si spiega con il fatto che nel loro subconscio l’emigrazione è associata al successo economico e al progresso sociale”, spiega Aly Tandian, sociologo dell’università Gaston Berger di Saint-Louis e presidente dell’Osservatorio senegalese delle migrazioni. “La Spagna è considerata il paese dell’abbondanza. Quando finiranno questi programmi di migrazione circolare, sarà difficile far capire ai giovani africani che gli spagnoli non hanno bisogno della loro manodopera”.
Il Senegal è l’unico dei tre paesi dove l’iniziativa esisteva già ed è ripresa nel 2022, dopo la pandemia di covid-19, con il trasferimento di diciassette lavoratori ad Albacete, nel sudest. Una chiave per misurare il successo di questi programmi è che, alla fine della stagione, i candidati tornino a casa e non restino in Spagna senza documenti in regola. Nel 2022 sono tornati tutti. L’anno successivo si è deciso di estendere l’opportunità a 120 lavoratori, ma in quell’occasione due persone su tre sono rimaste in Spagna irregolarmente. Malgrado tutto, il programma è proseguito e nel 2024 gli ammessi sono stati 150, di cui un centinaio dopo il periodo stabilito è tornato in Senegal. Per il 2025 sono previsti 350 posti, di cui cento riservati a persone che hanno già lavorato in Spagna.
Secondo il funzionario pubblico senegalese Khadim Bamba Fall sono state presentate circa 24mila candidature per i 250 nuovi posti. Tutto questo interesse non sorprende in Senegal, dove il 30 gennaio 147mila persone si sono candidate per duemila nuovi posti da insegnante. Viste le scene di caos negli uffici dove si dovevano presentare le domande, il governo ha bloccato tutto e ha creato una piattaforma online. “In un’epoca in cui la digitalizzazione è al centro delle politiche pubbliche, queste immagini testimoniano la necessità urgente di modernizzare la pubblica amministrazione”, ha lamentato un collettivo di ong che chiede procedure più eque per il rilascio dei visti. Il segretario di stato per i senegalesi all’estero, Amadou Chérif, ha dichiarato al quotidiano Le Soleil che il governo si aspettava “entusiasmo”, ma “non di quella portata”.

In Gambia, paese che partecipa per la prima volta al programma e a cui sono stati riservati cinquanta posti, le preselezioni sono cominciate il 3 febbraio. Davanti al ministero del lavoro, a Banjul, si sono verificate scene simili a quelle del Senegal. La distribuzione dei moduli è stata sospesa dopo che gruppi di giovani hanno scavalcato il muro di cinta del ministero e ci sono state delle violenze. Anche se i posti sono pochi, la migrazione circolare è un’iniziativa importante per le autorità di Banjul che hanno chiesto espressamente di includere il loro paese nel programma. In Mauritania, invece, è stata predisposta una piattaforma digitale e non ci sono stati incidenti, anche se i posti a disposizione sono cinquanta, a fronte di settemila candidature.
Frutti rossi
L’ampliamento dei programmi di migrazione circolare è stato uno degli impegni presi dal primo ministro spagnolo Pedro Sánchez durante la sua visita dell’estate scorsa nei tre paesi. Il meccanismo è simile a quello che la Spagna adotta da vent’anni con il Marocco, accogliendo migliaia di lavoratrici stagionali marocchine per la raccolta dei frutti rossi nella zona di Huelva. Nonostante le condizioni di lavoro delle donne siano migliorabili, il governo ritiene che questo sistema sia un successo da ripetere e ampliare.
Dal 2022 Madrid concede permessi di lavoro quadriennali che consentono di lavorare in Spagna nove mesi all’anno. Per incentivare il ritorno nei paesi d’origine, i candidati hanno il permesso di lavorare liberamente in un altro settore per tutto il tempo che desiderano. “È uno strumento prezioso per promuovere migrazioni regolari, ordinate e sicure”, sostengono fonti del governo spagnolo.
La formula è criticata dalla destra spagnola, che ha parlato di pull factor (fattore di attrazione), ma anche da organizzazioni progressiste per le quali la migrazione circolare è una “misura riduttiva”. Anche il sociologo senegalese Aly Tandian sconfessa l’iniziativa perché parte dalle stesse premesse usate dai “venditori di sogni che alimentano l’immigrazione irregolare”, cioè che l’Europa ha bisogno di manodopera perché la sua popolazione invecchia. “Non sono sicuro che questi programmi possano davvero diventare un’alternativa alle migrazioni illegali”, sostiene Tandian. “Oggi in Senegal abbiamo bisogno di linee guida chiare in materia di gestione delle migrazioni e politiche occupazionali, più che di interventi effimeri. Per com’è ora, questo programma potrebbe incentivare la partenza di persone che non avrebbero voluto emigrare, ma che ne approfittano per partire in modo legale”. ◆ fr
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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati