È cominciato tutto con una promessa della premier socialdemocratica: “Zero richiedenti asilo” in territorio danese, ribadita durante un discorso a gennaio del 2021. “Possiamo realizzare questo obiettivo”, ha dichiarato Mette Frederiksen. Ora il governo di Copenaghen ha fatto un altro passo verso la meta: il 3 giugno il parlamento ha approvato una legge che consentirà di esaminare le richieste di asilo in paesi extraeuropei. “Se chiedi asilo in Danimarca, ora sai che sarai mandato in un paese fuori dall’Europa”, ha spiegato il portavoce per l’immigrazione dei socialdemocratici. “In questo modo speriamo che la gente smetta di chiedere asilo qui”. Il quotidiano Berlingske ha riassunto così la nuova linea sui profughi: “Benvenuto in Danimarca! Ora te ne vai in Africa”.
Il progetto rappresenta una frattura senza precedenti rispetto a decenni di prassi sul diritto d’asilo in Europa. L’Unione europea e le Nazioni Unite lo hanno criticato duramente. E alcuni esperti d’immigrazione lo hanno definito un bluff calcolato. Per settimane l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha avvertito che la legge viola “i princìpi del sistema internazionale di tutela dei profughi” e che se altri stati seguiranno l’esempio della Danimarca c’è il rischio di una corsa al ribasso. La Commissione europea ha definito la norma incompatibile con le attuali regole dell’Unione. Nel parlamento danese però la legge è stata approvata a larga maggioranza, con i voti dei socialdemocratici e dell’opposizione di destra. Da anni la Danimarca persegue una politica migratoria sempre più dura, e il governo di minoranza socialdemocratico ha già inasprito le regole sotto molti aspetti. Le richieste d’asilo sono diminuite drasticamente: nel 2020 sono state 1.500, il dato più basso dal 1998.

Anche gli esperti danesi di diritto d’asilo criticano la legge. “Non possiamo esportare la nostra responsabilità in materia di diritti umani”, dice Louise Holck dell’Istituto per i diritti umani di Copenaghen. Non è affatto certo che la Danimarca possa garantire i diritti dei profughi altrove, per esempio in Africa. L’istituto ha avvertito che è impossibile valutare le conseguenze che la legge avrebbe sui diritti umani. In effetti il testo è formulato in modo così vago che l’opposizione parla di “teatro”. I liberali hanno definito il piano “idiota”, salvo poi votare a favore.
Finora al piano manca la cosa più importante: lo stato partner che dovrebbe accogliere i richiedenti asilo. Negli ultimi mesi si è parlato soprattutto del Ruanda, un’ipotesi che ha suscitato stupore a causa delle documentate violazioni dei diritti umani. Lo stesso ministero dell’immigrazione ammette che è “molto dubbio” che il Ruanda soddisfi i requisiti. In ogni caso sembra ormai dimenticata la promessa fatta da Frederiksen nel 2018, per cui solo gli stati democratici sarebbero stati presi in considerazione.
Ancora però non è stato raggiunto nessun accordo con il Ruanda. Martin Lemberg-Pedersen, del Centro studi sulle migrazioni dell’università di Copenaghen, è convinto che “per il momento non succederà niente”. Anche se per ora il piano è solo apparenza, però, “rappresenta la più grossa svolta nella politica danese sull’asilo dal 1951”, dice Lemberg-Pedersen. “Sui diritti dei profughi i socialdemocratici sono riusciti a superare la destra”.
La domanda giusta
Negli ultimi anni il ministro dell’integrazione Mattias Tesfaye ha parlato più volte del “fallimento” della politica dell’Unione europea sui profughi. Tesfaye sostiene che il progetto danese farebbe in modo che meno persone anneghino nel Mediterraneo. In realtà, dice Lemberg-Pedersen, il piano spingerà i profughi nell’illegalità, e l’obiettivo della legge è soprattutto uno: la deterrenza. “Si tratta di mandare un segnale”, anche ai profughi. “Il messaggio è: dovunque voi siate, non venite in Danimarca!”.
Anche Gerald Knaus, direttore del centro studi European stability initiative, crede che il piano sia un bluff. Ma secondo lui il dibattito danese ha sollevato la domanda giusta: come si possono salvare delle vite? “La situazione nel Mediterraneo è drammatica”, dice Knaus. “Ma se i danesi vogliono davvero salvare delle vite, dovrebbero collaborare con la Germania e l’Italia per mettere in piedi un progetto simile a quello che vogliono realizzare con un partner come la Tunisia. Ovviamente solo dopo aver stabilito che le persone lì siano al sicuro e aver chiarito quante potrebbero essere accolte in Europa attraverso accordi di ricollocamento”. La proposta attuale, invece, “non risolve i problemi”. Il governo danese non ha bisogno di trovare un partner in Africa, perché il suo obiettivo è un altro. “Lo scopo è far passare questo messaggio: trattiamo i richiedenti asilo così male che è meglio per loro restare in Germania. È cinicamente ingegnoso, e potrebbe funzionare”. ◆ mp
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Questo articolo è uscito sul numero 1413 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati