Il 29 agosto del 2021, quando l’uragano Ida stava per raggiungere la terraferma sulla costa della Louisiana, negli Stati Uniti, Windell Curole, 69 anni, ha cercato rifugio insieme ad altri nell’ospedale di tre piani Lady of the Sea, a Galliano, un piccolo centro a un’ora e mezzo di auto da New Orleans. Mentre Curole guardava fuori dalla finestra la pioggia torrenziale abbattersi sull’erba, è stato assalito da un dubbio: gli argini che circondavano la sua comunità nel distretto di South Lafourche erano abbastanza alti da fermare l’acqua che si stava alzando sempre di più?

Per Curole, residente da tempo nella zona, era una questione personale, ma dato che era il gestore di quegli argini, la faccenda era anche politica. “Se domani vedrò il verde dell’erba significherà che è andata bene”, pensava. Nelle comunità circostanti del Bayou, un ecosistema tipico del delta del Mississippi, vivevano migliaia di persone. I venti portati da Ida avevano sfondato finestre e sventrato intere costruzioni.

Windell Curole, agosto 2024 (Thalía Juárez, Guardian/Eyevine/Contrasto)

Fuori dell’ospedale, dei pezzi di tessuto impermeabilizzante vorticavano nell’aria. “Spostati!”, ha urlato un’infermiera alle spalle di Curole. Correndo verso l’atrio, l’uomo ha capito che quel materiale faceva parte del tetto dell’ospedale, parzialmente divelto dalla tempesta. Quel giorno le comunicazioni si sono interrotte in tutta la regione. Lui ha dormito in un letto al secondo piano. Sono passate ventiquattr’ore prima che riuscisse a contattare la moglie per dirle che era ancora vivo, e un altro mese prima del ritorno della corrente elettrica.

Così si manifesta concretamente il concetto di land loss (perdita di suolo) che per molti statunitensi è puramente astratto. La Louisiana del sud è tra i territori che stanno scomparendo più rapidamente: ogni anno svanisce un’area delle dimensioni di Manhattan. In alcune zone il fenomeno è graduale, ma altre volte si verifica in forme catastrofiche, come accaduto il giorno in cui l’uragano Ida ha cancellato circa 275 chilometri quadrati di terra, divorando in un pomeriggio ciò che l’innalzamento dei mari avrebbe cancellato in anni.

Non molto tempo fa, la Louisiana del sud ospitava un quarto dei terreni paludosi del pianeta. Il suolo fertile e le acque ricche di vegetazione alimentavano la pesca e agivano da barriera naturale per gli uragani, assorbendo l’avanzata dell’acqua durante le tempeste come fossero delle spugne. Oggi, però, i piccoli centri abitati della zona sono sempre tra le prime vittime dei disastri climatici. L’acqua copre tutto, dalle paludi alle case.

Eppure subito dopo il passaggio di Ida Curole era euforico. La mattina dopo, infatti, riusciva ancora a vedere l’erba verde. Gli argini, gli stessi che aveva fatto costruire nonostante il divieto del governo federale, avevano retto. Mentre le aree circostanti avevano subìto danni colossali, con decine di vittime, nessun edificio della sua giurisdizione era stato inondato. E soprattutto non c’erano stati morti.

Cinque metri

Gli argini sono dei terrapieni collocati in modo strategico. Quelli che costeggiano i fiumi, per esempio lungo il corso del Mississippi, costringono l’acqua a restare all’interno del canale, mentre quelli anti-uragano gestiti da Curole servono a bloccare l’acqua salata che circonda il distretto di Lafourche. “L’argine di Windell”, come lo chiama la gente del posto, è una montagna di terra rialzata di forma ovale, costruita intorno a un’area grande circa come la città di Washington ma con molti meno abitanti. Per tirare su questo tipo di fortificazioni di solito gli ingegneri dell’esercito statunitense lavorano in collaborazione con le istituzioni locali, garantendo fondi e fissando dei parametri per la costruzione, come altezza, angolo della pendenza e materiali, mentre le persone del luogo forniscono la manodopera.

Circa vent’anni fa, però, il governo federale ha cambiato i criteri per definire un sistema di argini sicuro. Le linee guida federali sono complesse, ma se Curole avesse voluto rispettarle il suo argine non avrebbe superato i quattro metri di altezza. Lui ha deciso d’ignorare il parere delle autorità federali e ne ha costruito uno alto più di cinque metri e mezzo. Le inondazioni provocate da Ida hanno superato di poco i cinque metri, dunque le barriere non autorizzate di Curole sono state le uniche a evitare che la zona fosse sommersa dall’acqua. Se lui avesse dato retta agli ingegneri “la nostra comunità non esisterebbe più”, spiega.

Di recente Curole è andato in pensione dopo aver lavorato per quarant’anni all’agenzia per la gestione degli argini di South Lafourche (Slld). Per anni ha sentito ripetere lo stesso concetto dai funzionari del governo: i suoi argini non erano del tutto sicuri. “Pensi davvero che fermeranno l’acqua?”, gli hanno chiesto un sacco di volte. “Non lo so”, rispondeva Curole. “Ma so che hanno più possibilità del vuoto”.

Ho conosciuto Curole all’inizio del 2023. Era il suo primo giorno da pensionato. In ufficio non c’era ancora nessuno a sostituirlo, quindi era rimasto in servizio. È stato felice di farmi da guida. Abbiamo lasciato la sede temporanea dell’agenzia, che si trova nel retro dell’ufficio di un’azienda di rimorchiatori (Curole, come molti altri, stava ancora aspettando di avere un tetto sopra la testa dopo il passaggio di Ida). Ci siamo diretti verso sud a bordo di un furgone. Dopo venti minuti l’acqua ha cominciato a lambire la strada.

Abbiamo proseguito lungo la vecchia autostrada fino al villaggio di pescatori di Leeville, fondato da un antenato di Curole di etnia cajun e ormai semiabbandonato. Le corsie si sono ridotte da quattro a due, poi la strada si è letteralmente inabissata. Era la prima volta che Curole tornava a Leeville dopo l’uragano, avvenuto diciotto mesi prima. Quel giorno non è riuscito a trovare il luogo che voleva mostrarmi, un piccolo cimitero. L’acqua l’aveva inghiottito. “Questo ti fa capire tutto”, mi ha detto. “Nessuno seppellisce la gente in un terreno se pensa che possa affondare”. Portandomi lì, Curole voleva dare forza a un concetto: quello era un esempio di cosa succede in Louisiana del sud nelle zone dove sono stati eretti gli argini. Leeville, primo centro abitato a sud della sua comunità, è una zona sacrificata ai cambiamenti climatici.

In cima alla barriera

Poco più a nord rispetto a Leevile comincia una striscia di terra che sembra immune alle inondazioni, ovvero il distretto degli argini di South Lafourche, dove le barriere di Curole proteggono centri abitati, fabbriche e fattorie. Raro residuo di terraferma, la zona viene risparmiata da quasi quarant’anni nonostante le tempeste sempre più violente provochino un ripetuto innalzamento delle acque nelle aree circostanti. Guidare sugli argini è vietato, perché il peso dei veicoli comprime il materiale. Ma qui è Curole a fare le leggi, per questo perlustra ugualmente l’anello ogni settimana.

Quando siamo rimasti bloccati dal fango, lui mi ha raccontato decenni di battaglie contro l’asfissiante pantano della Louisiana del sud mentre cercavamo di inerpicarci su per le pendenze della fortificazione e io affondavo le unghie nel sedile, chiedendomi se di lì a qualche giorno un detective avrebbe raccontato in tv di aver trovato il mio cadavere dentro una Chevrolet cappottata.

In cima alla barriera, Curole mi ha indicato la zona non protetta. Tra le paludi che circondavano il distretto ho visto oggetti che non avrebbero dovuto trovarsi lì: tir, cisterne, lavatrici. Erano i resti delle tempeste recenti, trascinati via da cittadine semiabbandonate e depositati in quella zona quando l’acqua è rifluita. Dall’altra parte c’erano case in buono stato, prati appena falciati, cani che abbaiavano, bambini che giocavano e negozi aperti. “L’unica cosa che impedisce alla nostra zona di somigliare al resto è l’argine”, ha detto Curole.

Gli argini sono una soluzione a livello locale, ma solo a breve termine

Negli anni cinquanta, lui era ancora un ragazzino e nel distretto di Lafourche non c’erano barriere di questo tipo per proteggere la comunità dagli uragani. All’epoca passava le giornate dando la caccia ai topi muschiati e osservando le mucche che pascolavano su terreni ormai sommersi dall’acqua. Quando si è iscritto alla Nicholls state university, nella vicina Thibodaux, non poteva nascondere agli altri il fatto di essere povero. “Fortunatamente era l’epoca degli hippy. Io avevo solo un paio di pantaloni”, mi ha raccontato. Si è mantenuto lavorando su una barca per la pesca dei gamberi, dove nel corso degli anni ha notato che i crostacei, abituati al miscuglio paludoso tra l’acqua dolce del Bayou e quella salata del golfo, si spostavano sempre più a nord con l’arretramento della linea costiera. Ha capito subito che la scomparsa del suolo era una cosa drammatica.

Nuovi parametri

Nel 1980, dopo la laurea, Windell Curole ha abbandonato le galosce da pescatore di gamberi indossando i mocassini di pelle del funzionario statale, ed è entrato nella neonata agenzia per la gestione degli argini di South Lafourche (Slld), che all’epoca gestiva un piccolo gruppo di argini sparsi disposti su circa venti chilometri.

Nel 1985, quando l’uragano Juan ha spinto le acque agitate del golfo del Messico fino a Lafourche, la zona è stata devastata. Ma l’area protetta dagli argini è stata colpita molto meno delle altre. Nei quarantadue anni di lavoro nell’Slld, Curole e la sua squadra hanno circondato l’area con ottanta chilometri di argini alti e continui. Grazie all’Slld l’uragano Juan è stato l’ultimo a inondare Lafourche.

Per gran parte della sua carriera Curole ha lavorato in stretta collaborazione con gli ingegneri dell’esercito statunitense, che hanno finanziato il 70 per cento della prima versione degli argini di South Lafourche. Ma nel 2005 la situazione è cambiata. Dopo il collasso delle infrastrutture di New Orleans durante l’uragano Katrina, gli ingegneri hanno annunciato nuovi parametri per tutta l’area. Gli argini di Curole si erano sempre rivelati efficaci, ma secondo loro era necessario migliorarne la stabilità allargando la base. Un colonnello dell’esercito ha avuto la gentilezza d’informare Curole che il suo distretto e quelli vicini non avrebbero ricevuto alcun contributo dal congresso per effettuare le costose modifiche richieste. Lui ricorda il panico di un collega che all’epoca gli aveva detto: “Ora siamo nella merda”.

Dopo il passaggio della tempesta Juan, Curole e i suoi collaboratori avevano capito di avere solo due opzioni. Avrebbero potuto rispettare i parametri degli ingegneri e ricostruire gli argini riducendone l’altezza, esponendosi così al rischio di future inondazioni. In questo modo, però, lui era sicuro che un’area con una storia secolare sarebbe sprofondata sott’acqua. L’alternativa era ribellarsi.

Curole ha organizzato una serie d’incontri nelle biblioteche, nei municipi e negli studi televisivi locali per spiegare ai residenti che lui e i suoi esperti ritenevano che le linee guida dell’esercito non fossero adatte a quella zona, ribadendo che gli argini avrebbero dovuto essere più alti anche se il governo li considerava meno stabili. “Washington ha le sue regole, ma quella gente non ha mai affondato i piedi nella palude”, diceva.

Nel distretto di South Lafourche, agosto 2024 (Thalía Juárez, Guardian/Eyevine/Contrasto)

L’anno successivo Curole è riuscito a sottoporre a un voto popolare la proposta di aggiungere una tassa per gli argini dell’1 per cento su ogni dollaro speso nella zona. Il presidente del distretto era sicuro che gli elettori non avrebbero mai accettato. E invece la proposta è stata approvata con l’82 per cento dei voti. Curole e la sua squadra stavano riuscendo a fare qualcosa d’impensabile: autofinanziare un gigantesco progetto per il controllo delle inondazioni. Gli ingegneri dell’esercito, nel timore che quelle fortificazioni più sottili potessero crollare sotto il peso dell’acqua, hanno inviato una serie di lettere intimando a Curole di fermare i lavori, e nel 2011 hanno escluso South Lafourche dai fondi federali per la manutenzione. Nel 2016 i militari hanno inviato a Curole una lettera di diffida.

Terra strappata

Cinquecentomila anni fa le paludi della Louisiana facevano parte del golfo del Messico, ma nei millenni successivi il fiume ha strappato grandi quantità di terra al mare. Fino all’ottocento, la volatilità del fiume rendeva gran parte del basso Mississippi quasi inabitabile.

Quella ricca terra del delta sarebbe stata perfetta per l’agricoltura, se non fosse stato per le inondazioni. I proprietari terrieri costrinsero gli schiavi a svolgere il lavoro massacrante di costruire argini localizzati sulle rive del Mississippi, aprendo più terre del sud alla coltivazione del cotone e agli abusi della schiavitù. Ben presto, un miscuglio di argini privati riuscì a tenere a bada il gigantesco fiume.

Durante la guerra civile, gli eserciti dell’Unione attaccarono gli argini. Quelli rimasti spesso crollavano perché i proprietari terrieri non potevano più sfruttare il lavoro degli schiavi. Ma dopo la guerra, il governo degli Stati Uniti capì che domare quel fiume così potente avrebbe potuto cambiare le sorti del paese: le spedizioni in barca costavano molto meno di quelle via terra. Agricoltori e imprenditori in città lontane come St. Louis, St. Paul, Denver e Pittsburgh, i cui famosi tre fiumi alla fine sfociano nel Mississippi, avrebbero potuto facilmente accedere ai mercati europei se il fiume fosse stato controllato.

Nel corso degli anni i governi statali e locali hanno collaborato con gli ingegneri dell’esercito per puntellare il fiume di argini e dighe, spingendolo a rinnegare la propria natura e a seguire un corso prestabilito. A un certo punto il congresso ha assunto un ingegnere per incanalarlo verso alcune uscite navigabili. All’epoca dei lavori, i commercianti di St. Louis inviavano ogni anno meno di settemila tonnellate di prodotti in Europa attraverso New Orleans. Appena cinque anni dopo, il totale sfiorava il mezzo milione di tonnellate.

Quest’opera coercitiva nei confronti del Mississippi ha cambiato tutto. Le aree dove in precedenza il fiume si lasciava alle spalle strati di fango che con l’effetto della gravità si ricompattavano in nuova terraferma, da quel momento hanno perso un elemento fondamentale e il fiume si è limitato a scorrere, portando il fango verso il mare.

Alla fine degli anni trenta la Louisiana aveva smesso di crescere, e presto avrebbe cominciato a scomparire. Senza la creazione di nuove terre, l’innalzamento dei mari e la gravità sul suolo non avevano alcun contrappeso. Negli anni settanta la Louisiana perdeva circa 181 chilometri quadrati ogni anno.

Nel corso del tempo le perdite sono state aggravate dall’attività dell’industria dei combustibili fossili, le cui aziende hanno scavato canali di navigazione e per il passaggio delle condutture nelle paludi. Secondo il dipartimento dell’interno, i canali per il gas e il petrolio sono responsabili di più di metà della perdita di suolo dello stato. Oggi, dopo secoli di combustione d’idrocarburi, il clima stravolto sta devastando l’area attraverso l’innalzamento dei mari e l’avvento di tempeste sempre più violente. Gli argini sono una soluzione a livello locale, ma solo a breve termine. Gli uragani, infatti, sono sempre più frequenti e violenti. Di recente le inondazioni si sono aggravate, e di conseguenza è cresciuto il rischio che gli argini si rivelino insufficienti o siano danneggiati. Per proteggere la zona a lungo termine, la Louisiana ha bisogno di nuovo suolo e di un massiccio intervento federale che possa proteggere le città e i piccoli centri, ricostruendo al tempo stesso l’habitat paludoso che ha sempre sostenuto l’attività economica locale. Il governo statale e quello federale stanno cercando di seguire questa strada con un programma che prevede una lista d’interventi da effettuare con l’aiuto dell’Autorità per la protezione e il ripristino delle coste (Cpra) e dell’esercito.

Ritorno alle origini

L’anno scorso la Cpra ha avviato un ambizioso progetto per la creazione di nuovo suolo: un canale dal costo di svariati miliardi di dollari in cui sarà reindirizzata parte dei detriti fangosi del Mississippi, consentendo la ripresa dell’antico processo di creazione di nuove terre. L’iniziativa è stata elogiata dagli ambientalisti e dai politici di entrambi i partiti, che l’hanno approvata all’unanimità nel parlamento della Louisiana. Tuttavia molti abitanti della costa sono scettici. Alcuni temono che il processo di finanziamento della Cpra – in parte fornito dall’industria estrattiva – possa ridimensionare il piano.

Nel distretto di Curole, la Cpra ha garantito fondi essenziali (anche se sporadici) per migliorare gli argini. Il governo federale non ha ancora restituito la certificazione alle barriere, ma Curole, ormai ufficialmente in pensione, è felice che lo stato abbia riconosciuto che la sua ribellione ha prodotto risultati positivi.

Secondo Nicholas Matherne, il sostituto scelto da Curole come direttore generale dell’Slld, collaborare con il governo federale è fondamentale per assicurare la sopravvivenza di queste terre. Matherne dedica molto tempo al ripristino dei rapporti con l’esercito, e vorrebbe dimostrare sulla carta quello che è già stato confermato sul campo, ovvero che il lavoro di Windell e dei suoi ingegneri, molti dei quali avevano studiato in università di primo livello, era basato su conoscenze scientifiche e “non solo il frutto dell’ingegno cajun e della scelta di ammassare terra a caso”.

La speranza di Matherne è che una volta riconquistato il favore delle autorità federali, gli argini di South Lafourche saranno reinseriti nel programma di finanziamento della gestione e della manutenzione. Gli ingegneri dell’esercito sono pronti ad aprire uno spiraglio. Avere argini più alti, spiega il responsabile per gli affari pubblici Ricky Boyett, non comporterà una bocciatura automatica. Il problema, secondo Boyett, è che Curole “non aveva i permessi per fare quello che ha fatto”. Ora gli ingegneri militari stanno valutando il sistema retroattivamente per verificarne la solidità.

Resta il fatto che la Louisiana non può sopravvivere all’infinito affidandosi agli argini. L’inondazione portata dall’uragano Ida ha rischiato di travolgere le barriere, con venti che hanno scoperchiato case, abbattuto muri e distrutto interi edifici. Gli argini possono consentire alla vita di andare avanti nel breve termine, ma si limitano a ridurre i danni nella speranza che si facciano passi avanti verso il vero obiettivo, che però è colossale: rallentare il cambiamento climatico.

I nomi degli antenati

Poche settimane prima di Natale mi sono ritrovato a Golden Meadow, la cittadina più a sud all’interno dell’area protetta dagli argini di Curole. Le barche per la pesca dei gamberi erano ormeggiate lungo il Bayou e un capitano stava suonando la sirena alla luce del tramonto. L’annuale parata di barche era stata riproposta per la prima volta dopo il passaggio di Ida. I capitani avevano decorato gli alberi maestri con luci colorate. Su una c’era un Babbo Natale gonfiabile come colombiere. Le famiglie sedevano sui frigoriferi portatili consumando birra ghiacciata. Mentre la parata proseguiva lungo il Bayou, ho fatto una passeggiata passando davanti alla sede della Louisiana dried shrimp company, a una ferramenta e a un santuario improvvisato dedicato alla Vergine Maria. Tutt’intorno, anche se invisibili, c’erano gli argini di Windell Curole.

Poco prima della parata ho visitato il cimitero di una chiesa cattolica. C’era una lapide con una bandiera. Era la tomba di Leon Theriot, l’uomo che negli anni settanta creò il sistema di argini a South Lafourche. A lui è dedicato l’ufficio di Curole, che ora ha di nuovo un tetto. Altre lapidi riportavano i cognomi di persone con cui avevo parlato per tutto l’anno. Mi sono ricordato di una lettura che avevo ascoltato in chiesa. “Ogni valle sarà colmata e ogni monte e ogni colle sarà spianato”. Ho pensato che il Mississippi l’ha fatto per millenni, erodendo le colline a nord e trasportandone il materiale lungo il continente.

Nel cimitero tre adulti sulla trentina camminavano con quattro bambini. A un certo punto uno dei bambini, osservando una lapide ha esclamato: “Mamma!”. Avrà avuto sette anni. Borbottando l’anno di nascita del deceduto, risalente all’ottocento, il bambino ha fatto mentalmente i calcoli: “Più di cento anni!”, ha gridato.

Nei pressi di Leeville, oltre l’argine, gli antenati di Curole non hanno il lusso di far leggere i loro nomi alle generazioni future. Le lettere sono state cancellate dalle inondazioni e presto le tombe saranno sommerse dall’acqua. Ma qui, all’ombra sicura degli argini, è diverso. C’è una promessa di continuità . ◆ as

Biografia

1955 Nasce nel distretto di Lafourche, in Louisiana, negli Stati Uniti.
1980 Dopo aver studiato e lavorato come pescatore di gamberi, diventa funzionario statale e comincia a occuparsi della gestione degli argini.
2005 Il governo gli chiede di abbassare gli argini che proteggono Lafourche, ma lui rifiuta di farlo. E l’area viene salvata dalle inondazioni.


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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati