La contea dello Shropshire, in Inghilterra, è un luogo strano, poco conosciuto da chi vive oltre i suoi confini. Forse uno dei motivi del suo fascino è questo. La contea non ha sbocchi sul mare né un centro abitato inserito nell’elenco ufficiale delle città britanniche. La copertura telefonica è discontinua, così come la rete dei trasporti. Dopo le sei del pomeriggio gli autobus smettono di circolare. Ciò che abbonda, invece, sono i villaggi medievali, i panorami verdi e gli animali da fattoria: mucche, pecore e cavalli. Per chi come me viene dalla poco fertile East Anglia (una regione dell’Inghilterra), questi paesaggi campestri ricordano le opere dello scrittore Herbert Ernest Bates.

La cittadina in cui mi sono trasferito, costruita su un canale, in periferia ospita una fiera dedicata al bestiame. I muggiti delle vacche in vendita si sentono anche nel parcheggio. Per chi non si lascia scoraggiare dall’odore di letame c’è un bar che serve un’ottima colazione e un buon roast beef, com’è lecito aspettarsi. Nelle vicinanze si possono visitare castelli e dimore interessanti, ma sono il genere di posti dove bambini di dieci anni, come mia figlia, che vive in Italia, si aggirano con la faccia annoiata. Mia figlia sarebbe venuta a trovarmi e volevo farle vivere una vera avventura. Pochi mesi prima avevo scritto sullo Spectator che avrei voluto partecipare a una gita su un canale e il suo arrivo è capitato al momento giusto.

Prima, però, ho dovuto seguire un addestramento di un giorno ad Audlem con una donna formidabile di nome Linda. Un corso accelerato, indispensabile per i principianti (non date ascolto a chi afferma il contrario) su come manovrare una chiatta e ho ricevuto anche una patata al forno cucinata in cabina. Linda, che ha trascorso metà della sua vita sui canali dopo essere fuggita da Londra, mi ha fatto salire sulla sua barca di 18 metri e mi ha spiegato come accendere il motore, virare, frenare usando la retromarcia, ormeggiare e districarmi in una chiusa.

Uova fresche

Un lunedì di fine luglio ho guidato con mio cugino e le nostre due figlie fino alla marina di Whitchurch per prendere la barca che avevamo prenotato: la Sooty Swift, verde e rossa e lunga dodici metri. Nel tardo pomeriggio stavamo già procedendo lentamente più o meno in direzione del Galles. Abbiamo trascorso quattro giorni in compagnia di cigni, anatre, cinguettii, libellule e l’eterno, tenue rumore del motore, procedendo alla velocità di circa tre nodi e mezzo. Le bambine sedevano a prua o stavano distese sulle loro brandine sottocoperta, mentre mio cugino preparava tazze di tè e panini con la salsiccia. Io pilotavo la barca. Inizialmente ero terrorizzato, ma una volta abituato alla barra del timone ho cominciato a sentire di essere un tutt’uno con l’imbarcazione. Era una sensazione stranamente esaltante. Rallentavo quando incrociavamo barche ormeggiate, indugiavo a suonare il clacson prima di una svolta cieca, manovravo lo scafo sotto i ponti di pietra e apprezzavo sempre di più la sensazione di estrema precisione che si prova nel superare le altre barche in spazi angusti senza sfiorarle. Per una persona tendenzialmente lenta come me, questa era l’attività perfetta.

Ormeggiavamo ovunque: nei pressi di un villaggio dove le fattorie vendevano uova fresche (confezionate senza certificazioni o indicazioni di scadenza) o sulla riva di un lago circondato da boschi. Ogni tanto ci fermavamo nelle marine per incontrare le persone che si erano trasferite lì abbandonando tutto per vivere in barca. “Sono felicissimo”, ci ha assicurato uno di loro.

Per arrivare alla marina di Ellesmere bisogna passare sotto un tunnel e questo ha permesso alle bambine di toccare al buio il tetto umido prima che accendessimo i fari.

I canali, inviolati dal tempo, sono un mondo a parte. Tornare alla vita di tutti i giorni, anche in una cittadina sonnolenta, con le auto che sfrecciano e le persone indaffarate, è come svegliarsi di soprassalto. Il nostro canale è noto come Llangollen (dal nome della cittadina gallese) e fa parte della rete di canali Shropshire (detta “Shroppie”); il fatto che sia indicato con il nome Llangollen fa capire quando la contea sia collegata con il Galles.

Da bambino ho trascorso vacanze meravigliose in Galles – tra pony, ferrovie di montagna e cori maschili – quindi volevo che mia figlia avesse un assaggio di quell’esperienza. Poche settimane dopo la gita sul canale abbiamo dormito a Llangollen, una località turistica con una diga spettacolare da cui l’acqua zampillava, ruggiva e spumeggiava intorno a grandi pietre frastagliate.

La promessa di tornare

Il giorno dopo siamo andati nella Snowdonia o parco nazionale Eryri (una regione nel nord del Galles), prendendo autobus ben collegati tra loro che ci hanno condotto tra villaggi di pietra e vallate ricche di vegetazione e fuori dal tempo, con tanto di cascate. L’ultimo ci ha lasciati a Pen y Pass, da dove partono le escursioni verso il monte Snowdon. Dopo aver divorato una torta al limone nel bar di un albergo, siamo usciti fuori per apprezzare il panorama. In piedi davanti al valico, consapevole dello stupore di mia figlia per quel paradiso color smeraldo, ho avuto la sensazione di non essere mai stato così di buon umore. Magari era solo l’eccesso di ossigeno. Mia figlia, abituata alla vita di città, mi ha fatto promettere che l’anno dopo saremmo tornati (anche in campeggio se necessario) e inoltre ha dichiarato che da grande intende passare in queste zone le vacanze che farà con i suoi figli. Ho provato un piacere immenso a tramandare qualcosa di importante.

Ora lei è tornata in Italia, con la pizza e il gelato tra le mani e il Mediterraneo come sfondo. Molti britannici la invidiano e vorrebbero trasferirsi in Italia. Ma sono abbastanza sicuro che il richiamo dei canali dello Shropshire e delle montagne verdi della Snowdonia la riporterà indietro. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati