Il mio amico Eduardo è passato per dirmi che ha tutti i documenti e ha già comprato il biglietto aereo. Tra due settimane lascerà Cuba, quasi certamente per non tornare più: ha venduto la casa, con tutto quello che c’era dentro. Raggiungerà a Lima, in Perù, i suoi due figli, che sono emigrati qualche anno fa. Eduardo ha la mia età e come me ha sempre vissuto nel quartiere Mantilla, alla periferia dell’Avana.
La prima immagine che ho di lui risale al primo giorno di scuola del 1960, quando stavamo cominciando le elementari. Mentre ci mettevamo in fila per la cerimonia civile che inaugurava l’anno scolastico – cantavamo l’inno nazionale, facevamo il saluto alla bandiera e ascoltavamo il discorso del preside– una maestra prese Eduardo per mano e lo portò in fondo alla fila dei maschi: era il più giovane ma anche il più alto di tutti. Era stato soprannominato El Colorao, per i suoi capelli rossi e il viso lentigginoso. Anche oggi, con più capelli bianchi che rossi, è sempre El Colorao. È laureato in geografia ed è stato un ottimo professionista. Nel 2022, all’età di 66 anni, è andato in pensione. Prende circa duemila pesos cubani al mese. Ma oggi a Cuba una confezione da trenta uova ne costa tremila. Con la sua pensione Eduardo non può mangiare nemmeno un uovo al giorno. Anche per questo se ne va. Come i suoi figli. È l’ennesimo amico a volare via, come polvere nel vento.
Qualche giorno fa ho salutato Kike, un altro vecchio amico. Si è trasferito in Spagna, con la figlia e i nipoti. Lascia un vuoto enorme, sentimentale e pratico. Per me e mia moglie Kike era “l’uomo di casa”: falegname, idraulico, muratore, imbianchino, a volte (contro la sua volontà) elettricista. Risolveva tutti i problemi domestici e le sue mani hanno costruito molti dei nostri mobili: scaffali, tavolo, sedie, porte in legno. Kike ha 78 anni. È nato pure lui a Mantilla e non aveva mai pensato di andarsene da Cuba, neanche dal quartiere. Invece è partito. La sua pensione era di circa 1.500 pesos, per questo non ha mai smesso di lavorare, qualunque cosa gli capitasse, nonostante i dolori alle ossa.
Ho appena scoperto che anche la dottoressa Esperanza se ne va. Eravamo compagni di corso e tantissimi anni fa è stata la mia ragazza. Andrà a Tampa, negli Stati Uniti, dalla figlia che non vede da dieci anni. Eduardo, Kike ed Esperanza sono tra i pochi amici di una vita che mi restavano nel quartiere. Altri sono partiti e altri ancora sono morti. Come polvere nel vento, si sono dispersi e mi hanno lasciato qui, sempre più solo e nostalgico. Ogni persona che se ne va è una perdita, fisica e mentale: ognuna porta con sé ricordi che potevo condividere solo con lei. È in tutto e per tutto un’amputazione.
Stanchezza storica
Perché tante persone decidono di emigrare? Perché se ne vanno cubani ormai anziani, che difficilmente riusciranno a guadagnarsi da vivere nei paesi verso cui viaggiano? Partono perché gli affetti lo richiedono, ma anche perché sono stanchi. Una pesante stanchezza storica che si concretizza in un presente diverso dal futuro che ci era stato promesso, quello che ci saremmo meritati dopo anni di lavoro e sacrifici. Vanno via perché qui, nel loro paese, hanno vissuto di quelle che un altro amico del quartiere chiama “donazioni”: il sostegno economico di parenti e amici all’estero.
I figli e i nipoti dei miei coetanei non hanno aspettato tanto. In questi anni molti hanno lasciato Cuba per cambiare il loro presente e aspirare a un futuro migliore. Se ne sono andati e continuano a farlo sfruttando qualsiasi scappatoia e scegliendo qualsiasi destinazione.
Per illustrare le proporzioni di questo dissanguamento nazionale bastano le cifre fornite di recente dal dipartimento di protezione delle frontiere degli Stati Uniti. Tra l’ottobre e il novembre del 2023 sono entrati negli Stati Uniti in modo irregolare 38.154 cubani. La maggior parte ha attraversato il confine messicano, dopo aver preso la “rotta dei coyote” che dal Nicaragua attraversa l’America Centrale e tutto il Messico. Il viaggio costa circa diecimila dollari a persona e il percorso è organizzato da una rete di trafficanti.
Altri hanno sfruttato vie legali, come la cosiddetta libertà condizionata umanitaria istituita nel gennaio 2023 dal governo Biden per chi ha uno “sponsor” che lo accolga in territorio statunitense. In generale negli ultimi due anni più di 650mila cubani sono emigrati negli Stati Uniti. Quanti, come i miei amici, sono partiti per la Spagna, il Perù, l’Argentina, la Russia o qualsiasi altro paese? Qualunque sia la cifra, è sconvolgente se paragonata alla popolazione di Cuba: 11,26 milioni di abitanti secondo il censimento del 2021.
Ricordi e nostalgia
L’esilio è stato una parte sostanziale della storia cubana fin dalle origini. Il primo a proclamare la sua appartenenza a Cuba e a immortalarla nei suoi scritti fu il poeta José María Heredia, che nel 1823 fuggì a causa delle sue attività a favore dell’indipendenza. È un destino che ci perseguita nonostante il nostro sbandierato nazionalismo. E anche se, come diceva Milan Kundera, “nessuno lascia il luogo in cui è felice”.
L’attuale ondata migratoria è la più consistente della nostra storia nazionale. E senza dubbio è un riflesso dell’insoddisfazione di tante persone che preferiscono i drammi legati all’esilio al vivere in attesa di un futuro luminoso che non arriva mai. Nel mio romanzo Come polvere nel vento ho provato a raccontare le ragioni e gli esiti della diaspora della mia generazione e di quella di coloro che potrebbero essere i miei figli e nipoti.
Ma la realtà è spesso più potente e dolorosa della finzione, e oggi assistiamo al dissanguamento di un paese da cui oltre ai giovani se ne vanno persone come i miei vecchi amici. Il loro futuro è molto incerto, soffriranno per la nostalgia e la perdita. Ma avranno la vicinanza dei loro cari e forse un po’ di sollievo dopo tanta stanchezza storica.
Spero che portino con sé anche gli affetti del passato e ricordino i caffè che gli ho preparato qui, nella mia casa di Mantilla all’Avana.◆ fr
Leonardo Padura è uno scrittore cubano nato all’Avana nel 1955. I suoi ultimi libri pubblicati in Italia sono L’uomo che amava i cani (Bompiani 2021) e Come polvere nel vento (Bompiani 2022).
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Questo articolo è uscito sul numero 1551 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati