Qualche settimana fa ho assistito a un land acknowledgement, ormai abbastanza comune negli ambienti di sinistra statunitensi. È una semplice dichiarazione o presa di consapevolezza sul fatto che le terre oggi occupate da istituzioni o persone sono in realtà appartenute ai nativi, a cui sono state ingiustamente sottratte. Jim Thorpe, appartenente al popolo sac e fox e considerato uno dei più grandi atleti statunitensi di tutti i tempi, fu figlio di questa deportazione dei nativi dai loro territori, dal Kansas all’Iowa all’Oklahoma. Il suo corpo nemmeno da morto riuscì a sfuggire a questa rimozione dal luogo che chiamava casa. Ed è proprio dalla fine che comincia la narrazione che Tommaso Giagni fa della vita di Thorpe, noto per aver vinto due ori alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912, per essere stato il primo nativo a compiere un’impresa del genere e perché quelle medaglie gli furono confiscate. Tutte le altre cose che è stato Thorpe – giocatore di football americano e baseball, reporter e sindacalista – sono condensate in duecento pagine. Spesso si sminuisce il valore letterario della biografia, che ad alcuni può sembrare una fredda cronaca di fatti altrui, priva di quella creatività che si concede invece al romanzo. Tommaso Giagni si destreggia molto bene tra l’aderenza ai fatti e un ritmo narrativo coinvolgente. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1529 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati