I ragazzi lo aspettavano dopo la scuola, di solito in un piccolo parco. Formavano un cerchio, intrappolando Henry nel mezzo. “Combatti, vigliacco”, gli dicevano per costringerlo a colpire per primo. Henry era il più gentile del gruppo. Se si rifiutava, gli altri lo riempivano di botte. All’epoca aveva undici anni. Alla fine, dato che quella situazione continuava a ripetersi, suo fratello maggiore lo mandò a lezione di karate e taekwondo. “Da quel momento ho cominciato a vincere le risse”, racconta con voce dimessa. “Ma quando arrivavo a casa, mi mettevo a piangere”.
In un piovoso mercoledì pomeriggio Henry Murrain, 45 anni, è seduto dentro il suo caffè preferito di Bogotá, in Colombia, e ha le lacrime agli occhi. “Non è per niente facile essere un bambino in America Latina”, dice. Nero cresciuto in una città a maggioranza bianca, Murrain è sempre stato diverso dagli altri, non solo per il colore della pelle. Ma ha fatto strada, diventando assessore alla cultura del comune di Bogotá. Oggi ha un progetto ambizioso. La sua missione è promuovere un cambiamento culturale, ma ha un avversario molto difficile da sconfiggere: il machismo.
Secondo Murrain è una gabbia che imprigiona l’intera società colombiana e per questo riguarda tutti, a prescindere dal genere e dalla classe sociale. È un problema profondamente radicato nella cultura latinoamericana. In passato altri hanno cercato di combattere contro l’idea dell’uomo forte che non piange mai e a cui non è permesso provare sentimenti che non siano l’aggressività fisica e sessuale. I rigidi ruoli di genere e le aspettative sociali, spiega Murrain, non creano solo sofferenze psicologiche, ma generano anche una spirale di violenza.
La prepotenza che Murrain ha subìto da bambino a scuola non l’ha mai abbandonato del tutto. Per questo motivo ha voluto scoprire le conseguenze di questo tipo di comportamento. E si è messo a cercare la risposta alla domanda: cosa significa essere un uomo? Murrain ha cominciato a fare una serie di ricerche sul machismo, inizialmente per conto di una ong, poi all’interno dell’amministrazione comunale di Bogotá.
La capitale colombiana, spiega, ha fatto molti progressi nel corso degli ultimi decenni, a cominciare dalla consistente riduzione del tasso di omicidi, dal calo degli incidenti stradali e dall’introduzione di leggi per la protezione ambientale. “L’unica area in cui non ci sono stati miglioramenti è quella della violenza di genere”, sottolinea. Murrain è convinto di aver trovato la causa di questa situazione: “Per quanto possa sembrare assurdo, finora non avevamo mai lavorato davvero a stretto contatto con gli uomini”.
Ora Murrain vuole cambiare le cose. Prima di tutto ha creato Linea calma, una linea telefonica a cui gli uomini possono rivolgersi quando si rendono conto che sono sul punto di picchiare le loro mogli. Poi ha avuto l’idea di Hombres al cuidado, una sorta di scuola rivolta agli uomini. In quattro moduli da dieci ore ciascuno, i partecipanti acquisiscono una serie di abilità che la società colombiana considera poco “maschili”: cambiare pannolini, fare le pulizie, riconoscere le proprie emozioni e parlarne apertamente, trattare le donne con rispetto ed educare i bambini senza ricorrere mai alla violenza. Mentre è ai fornelli o sta pulendo il pavimento, chi frequenta il corso è invitato a “riflettere sulla sua mascolinità”.
Dietro le sbarre
Murrain e i suoi collaboratori hanno identificato degli “ambienti prettamente maschili” in cui tenere le loro lezioni finanziate dal comune: aziende in cui i dipendenti uomini sono la maggioranza, università, una stazione degli autobus. I collaboratori di Murrain girano per la città a bordo di un pulmino per promuovere il programma, fermandosi in luoghi come gli stadi di calcio e le baraccopoli. Inoltre frequentano il Cárcere distrital di Bogotá.
Il carcere è probabilmente l’ambiente in cui le teorie antimachiste di Murrain sono sottoposte di più alla prova dei fatti
Murrain sottolinea l’importanza di coinvolgere i detenuti nei suoi progetti: “Il machismo e la criminalità sono intrinsecamente legati. Il crimine è una manifestazione dell’aggressività maschile. La spavalderia e lo sprezzo delle regole sono considerate generalmente caratteristiche degli uomini, nonché qualità sexy, cose da duri, cose ‘fiche’”.
Il Cárcere distrital di Bogotá è un enorme edificio di mattoni situato alla periferia orientale della città e puntellato da torrette di sorveglianza. I visitatori devono superare una serie di controlli di sicurezza, tra cui un passaggio davanti ai cani poliziotto, e infine indossare una gigantesca tuta nera. I telefoni e le sciarpe sono vietati.
L’aria all’interno dell’edificio è viziata. È facile perdere l’orientamento nel labirinto di cancelli di sicurezza, scale e corridoi poco illuminati dai neon a risparmio energetico. Qui sono rinchiusi assassini, narcotrafficanti e rapinatori, ma la maggior parte dei 1.200 detenuti è composta da condannati per reati sessuali. Il carcere è meno affollato di altri istituti penitenziari in città, che spesso finiscono sotto la luce dei riflettori a causa di rivolte sanguinarie o perché le fogne sono state intasate per l’ennesima volta da corpi fatti a pezzi.
L’infermiera Christina Bulla, 38 anni, si presenta nella biblioteca della struttura due volte alla settimana per parlare di consapevolezza e cura di sé a uomini in sgargianti uniformi arancioni. Bulla consegna ai detenuti quaderni dai colori pastello su cui sono invitati a disegnare delle donne incinte. A volte porta con sé una bambola e chiede ai detenuti di vestirla.
Luiz Rey, 32 anni, ha un viso dai tratti delicati e uno sguardo assente. Se ne sta seduto in disparte, muovendo nervosamente le gambe. È qui da marzo. Deve scontare ancora quattro anni. Rey ha due figli, di quattro e sei anni. “Sono stato un padre terribile. Mi comportavo malissimo”, racconta, precisando che all’inizio non era così. Aveva un lavoro stabile in una società di pulizie e uno stipendio. Ma poi ha cominciato a fare uso di droghe e a tradire la moglie. Spesso non tornava a casa per giorni. Quando la coppia si è separata, Rey ha perso la testa. “L’amavo moltissimo”, si giustifica. Un giorno, da ubriaco, ha accoltellato un uomo. “Così, in modo impulsivo”, spiega mentre si conficca nel petto la punta di una matita.
Rey si è tatuato sul braccio tre numeri romani: il giorno in cui ha incontrato sua moglie e quelli in cui sono nati i suoi figli. Domenica prossima la sua famiglia dovrebbe venire a trovarlo. Naturalmente Rey vorrebbe tornare insieme alla sua ex, ma pensa che ormai sia troppo tardi. Non ha grande fiducia nella sua capacità di reintegrarsi nella società, e comunque quattro anni sono lunghi. “Non mi fido di lei”, aggiunge. Pensa che la moglie abbia trovato un altro. “Lo sento”.
Tutto represso
Murrain sospira mentre beve un bicchiere di succo d’arancia. Il machismo, spiega, crea situazioni in cui gli uomini non sono capaci di governare le loro emozioni. Fin da ragazzi non si sentono autorizzati a esprimere tristezza, paura e debolezza. È tutto represso. Questo significa che non hanno la possibilità d’imparare a gestire i sentimenti. “Spesso non riescono a fare i conti con il dolore profondo che provano dopo la fine di una relazione sentimentale”.
Murrain ha cominciato la sua carriera intervistando i carcerati condannati per aver ucciso la moglie. “Nessuno di loro cercava di giustificare quello che aveva fatto. Dicevano tutti di non sapere cosa li avesse spinti”. Il motivo, spiega, è che quegli uomini erano stati sovrastati dalle emozioni e per questo avevano distrutto la loro famiglia e anche la loro vita. “Dobbiamo cambiare questi meccanismi”, sottolinea l’assessore che, per farlo, ha avviato la produzione di una miniserie trasmessa sui social network e negli spazi pubblici della città. Le immagini si concentrano sui comportamenti problematici e vorrebbero far capire agli uomini che è possibile farsi aiutare quando si ritrovano in situazioni estreme, per esempio telefonando a Linea calma.
Uno dei corti prodotti da Murrain è trasmesso durante una lezione pomeridiana nel Cárcere distrital di Bogotá. È incentrato sulla gelosia e sulla convinzione sbagliata che il corpo della donna appartenga al marito. Gli studi di Murrain indicano che la gelosia è il motivo principale per cui gli uomini picchiano le mogli o le compagne, e non fa differenza che abbiano 18 o 65 anni.
Sullo schermo un giovane è a letto con la sua ragazza. Di sera, la ragazza vuole uscire, ma si accorge che la porta di casa è chiusa. Il ragazzo ha paura che lei voglia incontrare altri uomini. La ragazza comincia a piangere e lo prega di lasciarla andare, ma lui ha nascosto la chiave in una scarpa e la tiene prigioniera.
Uno dei detenuti, un anziano, esclama: “Dio mio, sono stato quel tizio per vent’anni”. L’uomo racconta che quel comportamento aveva rovinato il suo matrimonio. Pochi minuti dopo, sul retro della biblioteca, aggiunge: “Quella del macho è solo una maschera. In realtà dietro si nasconde un bambino insicuro e impaurito”. Questa è una frase che avrebbe potuto pronunciare benissimo Murrain, un concetto che sembra aver attecchito tra queste mura dipinte di bianco e illuminate da grandi lucernari.
Giochi di ruolo
“Altri cinque minuti”, dice a un certo punto una voce potente. Un’agente penitenziaria donna è in piedi all’entrata, indossa una mimetica grigia completa di giubbotto antiproiettile e manganello. Sono le quattro meno un quarto e in realtà gli uomini avrebbero ancora un po’ di tempo. Ma pochi minuti dopo un grido invade la sala: “Fuori di qui!”. I detenuti devono tornare nelle loro celle. Quell’agente è considerata particolarmente inflessibile. Christina Bulla pensa che anche la polizia penitenziaria dovrebbe partecipare al programma, ma si è rifiutata di farlo.
Nell’ultima lezione del primo modulo, intitolata “Come un uomo può prendersi cura degli altri”, sono previsti dei giochi di ruolo. Bulla divide i partecipanti in piccoli gruppi e gli assegna le scene da interpretare. Per esempio: una figlia di quindici anni confessa ai genitori di essere incinta. Come reagisce la famiglia? Edwin Lozano, 52 anni, un uomo robusto con sopracciglia folte, recita il ruolo del padre. “Hai rovinato tutto!”, urla alla figlia, interpretata da un giovane detenuto. “E pensare che ho rub… lavorato tutta la vita per farti vivere bene!”. Poi Lozano attacca la moglie, accusandola di non essere stata abbastanza severa con la ragazza.
Nella discussione che segue la messa in scena, Lozano è perfettamente consapevole che quella reazione era sbagliata e che il padre avrebbe dovuto mantenere la calma, ascoltare e portare avanti una conversazione costruttiva. “Il corso mi sta preparando per la vita che vivrò con i miei nipoti”, spiega Lozano, condannato per sette rapine, anche se ribadisce di “non sapere nulla” di alcuni colpi. Racconta di essere un camionista e un imprenditore con quattro figli, di cui tre già grandi. Poi parla della sua infanzia e sottolinea che in passato nelle famiglie c’era molta violenza. La madre lo picchiava. Suo padre era severo e freddo, e non si occupava mai delle faccende domestiche. A volte Lozano aiutava la madre a lavare i piatti, ma poi suo padre glielo proibì.
“A Bogotá l’ottanta per cento degli uomini ha un ricordo negativo del padre”, sottolinea Murrain. “Sono numeri che fanno male”.
Murrain ha ricordi molto diversi di suo papà, morto da poco. Tira fuori il telefono dalla tasca e mi mostra una vecchia foto in cui un uomo con i capelli scuri e ricci tiene in braccio un bambino di sette anni. “Era amorevole, molto tenero. A casa ci davamo baci e ci dicevamo spesso ‘ti voglio bene’”, racconta, con gli occhi che si fanno nuovamente lucidi. “A scuola mi prendevano in giro perché dicevo ai miei amici ‘ti voglio bene’”. Il padre di Murrain era un marinaio e aveva visitato buona parte del mondo, scoprendo molte culture diverse. Murrain si chiede se questo sia il motivo per cui era diverso dagli altri.
Oggi Murrain ha due figli, è divorziato e vive con la sua nuova compagna. I bambini passano una settimana con lui e una con la madre. Lui ama cucinare. Niente lo rende più felice di preparare il ramen che suo figlio di quattro anni, di solito poco affamato, divora con gusto.
Creature emotive
Le faccende di casa presentano un lato economico, ma anche uno emotivo. Murrain è convinto che valutare il lavoro di cura solo da un punto di vista economico sia un limite. “Non è solo un peso che in grandissima parte ricade sulle spalle delle donne. È anche un piacere. Nelle società maschiliste la maggior parte degli uomini perde l’occasione di sperimentare una forma di contatto profondamente umana: fare il bagno a un bambino, leggergli una storia”.
Murrain, che è laureato in filosofia, non crede nella retorica moderna di un homo economicus fortemente razionale. Secondo lui gli esseri umani sono creature emotive, caratterizzate dalle relazioni. La cura, incentrata sul legame con gli altri, è un’espressione di questo aspetto, che Murrain crede stia alla base dell’umanità. Invece il machismo nega alle persone un’umanità completa, e per questo crea situazioni in cui gli uomini non sanno riconoscere le proprie necessità né quelle degli altri. Proprio per questo è convinto che molti di loro abbiano bisogno di assistere gli altri per guarire dai propri mali.
Ma davvero poche ore di disegno e conversazioni possono avere un effetto concreto, soprattutto se parliamo di criminali? Murrain ammette che quella non è la situazione ideale, ma spiega che è costretto a fare i conti con la realtà. Il carcere è probabilmente l’ambiente in cui le teorie antimachiste di Murrain sono sottoposte di più alla prova dei fatti.
Alla fine del primo modulo del corso, prima di tornare in cella, i detenuti devono rispondere a un questionario. Alla fine Bulla raccoglie i fogli. Ne legge rapidamente uno. Poi alza lo sguardo e scuote la testa. Dopo tre settimane di corso uno dei partecipanti ha di nuovo spuntato la casella accanto a una frase chiaramente maschilista che dice: “Gli uomini non sanno cambiare i pannolini”. ◆ as
◆ 1977 Nasce a Bogotá, in Colombia.
◆ 2001 Si laurea in filosofia alla Universidad nacional de Colombia.
◆ 2020 Diventa assessore del comune di Bogotá dopo la vittoria alle elezioni di Claudia López Hernández.
◆ 2021 Fonda Linea calma, un servizio telefonico che offre assistenza agli uomini che hanno impulsi violenti verso le loro compagne.
◆ Dicembre Crea Hombres al cuidado, una scuola rivolta agli uomini che vogliono imparare attività domestiche.
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Questo articolo è uscito sul numero 1495 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati