I risultati parziali delle elezioni legislative anticipate del 10 ottobre indicano che la corrente guidata dal leader sciita Moqtada al Sadr si conferma come la prima forza in parlamento, aumentando il numero dei seggi. Tuttavia, commenta il quotidiano iracheno Azzaman, i risultati elettorali dicono poco su come l’opinione pubblica irachena considera la classe politica. Il tasso di partecipazione più basso dal 2003, appena il 41 per cento, conferma invece che gli iracheni hanno perso fiducia nel processo politico. “Come dargli torto”, insiste Azzaman: mantenere le promesse dei politici significherebbe eliminare la corruzione, la dipendenza e l’ingerenza straniera, attuare il disarmo, sradicare il contrabbando e garantire servizi di base e condizioni di vita dignitose. Tutte richieste avanzate dagli attivisti del movimento di protesta dell’ottobre 2019, che hanno in gran parte boicottato il voto, convinti che non cambierà il sistema politico. Azzaman la pensa allo stesso modo, concludendo che i prossimi eletti potranno “continuare a bere e mangiare denaro pubblico fino all’inverosimile”. ◆
Un voto per non cambiare
L’Africa vuole una deroga
La Costa d’Avorio, dove l’Eni ha scoperto un nuovo giacimento petrolifero, è pronta a sfruttarlo “perché è nel suo interesse”, ha detto al Financial Times Alassane Ouattara (nella foto). Il presidente ivoriano si unisce al coro di voci che, in vista dell’imminente conferenza sul clima di Glasgow, chiede per l’Africa una transizione energetica più graduale, rispetto all’obiettivo di ridurre a zero le emissioni di gas serra entro il 2050. Nel continente, che produce il 3 per cento delle emissioni, 600 milioni di persone non hanno l’elettricità.
Uno strumento per Damasco
Il 7 ottobre l’Interpol, l’Organizzazione internazionale della polizia criminale, ha confermato di aver reintegrato la Siria nel suo sistema di scambio delle informazioni. Damasco, sospesa nel 2012, potrà di nuovo accedere ai database dell’organizzazione e comunicare con gli altri 193 paesi membri. Potrà emettere mandati di arresto internazionali e i cosiddetti “avvisi rossi”: la richiesta agli altri paesi di localizzare e arrestare individui sospetti. Il timore, nota Al Araby al Jadid, è che il regime usi questi strumenti per perseguitare dissidenti, rifugiati e richiedenti asilo siriani nel mondo.
Chi ha ucciso Sankara
A Ouagadougou è arrivato il momento di fare i conti con il passato. L’11 ottobre si è aperto – ed è stato subito aggiornato al 25 ottobre – il processo per l’omicidio di Thomas Sankara, il leader rivoluzionario che guidò il Burkina Faso dopo il colpo di stato del 1983 e fu ucciso insieme a dodici collaboratori il 15 ottobre 1987. “Sul banco degli imputati sfileranno dodici persone per rispondere delle accuse di omicidio e occultamento di cadavere, e di concorso in questi due reati”, scrive il quotidiano locale Le Pays. “È un processo storico, ma si svolgerà senza i due imputati più emblematici: l’ex presidente Blaise Compaoré, che prese il potere dopo la morte di Sankara, e Hyacinte Kafando, che avrebbe diretto il commando e commesso l’omicidio”. La giustizia militare burkinabé ha potuto indagare e aprire un procedimento solo dopo la fine del regime di Compaoré, caduto nel 2014 dopo una rivolta popolare. L’ex dittatore, che vive in esilio in Costa d’Avorio, aveva impedito di indagare sul caso.
Senza luce né giustizia
L’11 ottobre è scoppiato un incendio nella raffineria dell’impianto petrolifero di Zahrani, uno dei più importanti del paese, rimasto chiuso per giorni a causa della mancanza di carburante. Le attività erano riprese grazie a una fornitura dell’esercito. Intanto continuano le pressioni politiche sul giudice Tarek Bitar, che guida l’inchiesta sull’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020. Le indagini, che erano riprese la settimana scorsa, sono state di nuovo sospese il 12 ottobre, scrive Ya Libnan, dopo che Bitar ha emesso un mandato di arresto nei confronti dell’ex ministro delle finanze Ali Hassan Khalil, sospettato di essere coinvolto nel disastro. Khalil, del movimento sciita Amal, ha presentato un ricorso alla corte di cassazione.
Mozambico L’11 ottobre l’esercito ha annunciato di aver ucciso in combattimento nella provincia di Sofala Mariano Nhongo, leader di una fazione ribelle della Renamo, il principale partito d’opposizione.
Etiopia Secondo fonti dei ribelli tigrini, il 12 ottobre le forze governative hanno lanciato un’offensiva su vasta scala per riprendere il controllo del Tigrai.
Tunisia Il presidente Kais Saied ha approvato l’11 ottobre il nuovo governo di Najla Bouden. Il giorno prima migliaia di tunisini avevano manifestato contro la presa di potere di Saied.
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