Il Benin è diventato uno dei pochi paesi africani dove l’interruzione volontaria di gravidanza è legale. Nel continente solo Sudafrica, Mozambico, Tunisia e Capo Verde riconoscono alle donne il diritto di scegliere. La nuova legge sulla salute sessuale e riproduttiva femminile, approvata dall’assemblea nazionale del Benin il 21 ottobre, consente di abortire entro la dodicesima settimana, se la gravidanza può causare o aggravare “una sofferenza materiale, scolastica, professionale o morale”. Finora l’aborto era permesso solo in caso di stupro, incesto o rischio grave per la salute della gestante. Nord Sud Quotidien fa notare che rimangono comunque delle limitazioni. Secondo i dati pubblicati dal governo, ogni anno nel paese duecento donne beninesi muoiono per le complicazioni delle interruzioni di gravidanza clandestine. Per i deputati la nuova legge ha l’obiettivo di salvare delle vite. Tuttavia ci sono componenti della società civile profondamente contrarie all’aborto, tra cui i cattolici. Alla vigilia del voto la conferenza episcopale aveva lanciato un appello a non legalizzarlo. ◆
Più diritti per le donne
Proteste vietate
Dalla metà di ottobre si sono riaccese le proteste contro la monarchia in Eswatini, l’ex Swaziland. Alla mobilitazione hanno partecipato gli studenti, i funzionari pubblici e i lavoratori dei trasporti. Almeno due persone sono rimaste uccise quando le forze di polizia l’hanno repressa con la violenza. Il 21 ottobre il governo ha vietato ogni forma di protesta. Alcuni giorni dopo il re ha proposto di aprire un “dialogo nazionale”, ma i manifestanti non sono disposti ad accettarlo, scrive il sito sudafricano News24.
Terroristi di nome
Il governo israeliano ha emesso il 22 ottobre un ordine militare che definisce “organizzazioni terroristiche” sei importanti gruppi palestinesi per la difesa dei diritti umani. Secondo il ministero della difesa israeliano sarebbero legati al Fronte popolare per la liberazione della Palestina, un movimento di sinistra che ha un partito politico e un gruppo armato. La decisione è stata condannata dall’Autorità Nazionale Palestinese, dalle organizzazioni per i diritti umani e dall’Onu. I gruppi interessati, tra cui Al Haq, fondata nel 1979, Addameer e Defence for children international – Palestine, “hanno fatto appello al sostegno internazionale per ribaltare la decisione, che potrebbe compromettere la loro capacità di svolgere il lavoro umanitario”, scrive Al Jazeera. Il 24 ottobre il governo israeliano ha annunciato il progetto di costruire 1.355 nuove case per coloni ebrei in sette insediamenti nella Cisgiordania occupata. L’Onu ha espresso preoccupazione, ribadendo che “tutti gli insediamenti sono illegali”.
Nuovo percorso a metà
Il 23 ottobre il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, ha promesso che il paese taglierà a zero le emissioni di carbonio entro il 2060. La produzione di combustibili fossili invece non si fermerà. Secondo Al Monitor un serio impegno sulla decarbonizzazione porterebbe vantaggi enormi per un regno che fatica a “conservare la sua importanza geostrategica”, rivitalizzando “la sua influenza e credibilità”. Inoltre il principe prepara “il terreno per un suo lungo dominio”, che include “un nuovo percorso energetico”. Pochi giorni prima la Bbc aveva denunciato che l’Arabia Saudita è tra i paesi che hanno chiesto all’Onu di minimizzare l’urgenza di abbandonare rapidamente i combustibili fossili.
Uganda Il 25 ottobre una persona è morta nell’esplosione di una bomba su un autobus a Lungala. Due giorni prima un attentato in un ristorante a Kampala, rivendicato dal gruppo Stato islamico in Africa centrale, ha causato un morto.
Nigeria È stata lanciata il 25 ottobre l’eNaira, la versione digitale della moneta nazionale. L’obiettivo è facilitare i trasferimenti di denaro e promuovere l’inclusione economica.
Egitto Il presidente Abdel Fattah al Sisi ha annunciato il 25 ottobre la fine dello stato d’emergenza, in vigore dall’aprile 2017.
Stop ai voli umanitari
Le Nazioni Unite hanno sospeso i voli umanitari su Mekelle, capoluogo del Tigrai, dopo che il 22 ottobre i raid aerei governativi hanno costretto un aereo appena decollato a tornare indietro. L’agenzia Associated Press parla di una possibile tattica intimidatoria di Addis Abeba – che era a conoscenza del volo – in un contesto di tensioni crescenti tra il governo e le organizzazioni umanitarie impegnate ad alleviare la grave crisi nel nord. Mentre l’aviazione etiope moltiplica i raid, s’intensificano i combattimenti di terra tra le forze alleate al potere centrale e quelle vicine ai ribelli tigrini.
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