“Come se il Libano non avesse già abbastanza problemi, ora deve gestire una grave crisi diplomatica con l’Arabia Saudita”. Così L’Orient-Le Jour commenta lo strappo avvenuto in seguito a un’intervista registrata da Al Jazeera ad agosto ma andata in onda il 25 ottobre, in cui il ministro dell’informazione libanese George Kordahi (nella foto) critica l’operazione militare dell’Arabia Saudita nello Yemen. Riyadh ha ordinato all’ambasciatore libanese di lasciare il paese, poi imitata da Bahrein, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti. Middle East Monitor sottolinea la “sfortuna del Libano”, coinvolto nella rivalità tra Arabia Saudita e Iran, che “sostengono diverse fazioni libanesi”. Intanto nello Yemen la guerra continua a imperversare, scrive Al Thawrah. Almeno nove persone sono morte nell’esplosione di un’autobomba vicino all’aeroporto di Aden, il 30 ottobre. Il giorno dopo altre 29 persone sono state uccise o ferite nella provincia di Marib, quando un missile lanciato dai ribelli sciiti huthi ha colpito una scuola religiosa e una moschea.
La sfortuna del Libano
Mosse confuse
Dopo il colpo di stato del 25 ottobre, in tutto il Sudan sono continuate per giorni le proteste di chi chiede il ritorno a un governo guidato da civili. Decine di migliaia di persone hanno partecipato alla grande mobilitazione del 30 ottobre a Khartoum e in altre città. Almeno tre persone sono morte nella repressione violenta delle forze dell’ordine (il bilancio delle vittime dal 25 ottobre è di almeno tredici morti e 165 feriti). “Le misure adottate dalla giunta militare mostrano la confusione al suo interno rispetto al movimento di protesta”, scrive il quotidiano panarabo Al Quds al Arabi, secondo il quale i golpisti cercano di ammansire i manifestanti con concessioni simboliche, come liberare il primo ministro Abdallah Hamdok, per poi metterlo agli arresti domiciliari. Allo stesso tempo stanno facendo salire in modo preoccupante il livello dello scontro. Il 1 novembre erano stati liberati alcuni detenuti che erano in carcere per i loro legami con l’ex dittatore Omar al Bashir, ma i militari hanno fatto retromarcia, scrive Akhbar al Sudan, e licenziato il magistrato che aveva ordinato il rilascio. ◆
I ribelli verso Addis Abeba
Il 3 novembre, a quasi un anno dall’inizio della guerra nel Tigrai, la Commissione etiope per i diritti umani e l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno pubblicato un rapporto in cui tutte le parti in conflitto sono accusate di gravi abusi, in alcuni casi da considerare crimini di guerra. Pochi giorni prima i ribelli del Fronte popolare di liberazione del Tigrai (Tplf) avevano dichiarato di aver preso il controllo di Dessie – una città strategica 400 chilometri a nord di Addis Abeba – e di Kombolcha. Il governo di Abiy Ahmed negava di aver perso le due città, ma allo stesso tempo accusava i ribelli di aver ucciso più di cento giovani a Kombolcha. Il Tplf non si era mai spinto così a sud e secondo The Africa Report ora potrebbe continuare l’avanzata fino alla capitale dopo essersi unito alle forze dell’Esercito di liberazione oromo (Ola), una milizia ostile al governo di Addis Abeba. Il 2 novembre Abiy ha proclamato lo stato d’emergenza su tutto il territorio nazionale.
Rinunciare al carbone
Il 2 novembre al vertice sul clima Cop26 di Glasgow il Sudafrica ha stretto un accordo con Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania e Unione europea per accelerare il passaggio alle energie rinnovabili e rinunciare finalmente al carbone, il combustibile che alimenta ancora molte centrali elettriche del paese. Come scrive il Mail & Guardian, gli stati coinvolti stanzieranno 8,5 miliardi di dollari per il Sudafrica. Le centrali elettriche del paese, gestite dall’azienda pubblica Eskom, sono obsolete e inefficienti, tanto che i sudafricani sono ormai abituati ai blackout programmati. Le interruzioni di corrente hanno rallentato anche il conteggio dei voti delle elezioni amministrative del 1 novembre, caratterizzate da una forte astensione.
Benin Il 27 ottobre la Francia ha restituito al Benin 26 opere (nella foto) rubate dai colonizzatori francesi nel 1892, durante il saccheggio del palazzo reale di Abomey.
Nigeria Il 1 novembre almeno sei operai sono morti nel crollo di un grattacielo in costruzione a Lagos. Altre decine di persone risultano disperse.
Libano Il quotidiano in lingua inglese The Daily Star ha chiuso definitivamente il 1 novembre, dopo anni di difficoltà finanziarie. Il giornale, fondato nel 1952, aveva sospeso l’edizione cartacea nel febbraio del 2020.
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