“Se con il colpo di stato dello scorso 25 ottobre l’élite politica e militare del Sudan pensava di esaudire la volontà del popolo, si è sbagliata di grosso. Le manifestazioni per il ritorno della democrazia non si affievoliscono, anzi continuano a rafforzarsi”, scrivono i reporter della rete sudanese Ayin sul settimanale panafricano The Continent. Dalla fine di ottobre la repressione violenta delle proteste contro il golpe ha causato almeno 71 morti. Dopo il fallimento dell’accordo con l’ex premier Abdallah Hamdok, che all’inizio di gennaio ha rinunciato a guidare il governo, i generali non sembrano avere degli obiettivi chiari. Per compensare la sospensione degli aiuti internazionali (il paese ha perso circa quattro miliardi di dollari), la giunta ha aumentato il prezzo dell’elettricità, facendo salire il costo della produzione industriale di una percentuale compresa tra il 30 e il 50 per cento. “Molti manifestanti hanno perso fiducia nei politici e nella comunità internazionale. I militari al potere, invece, possono contare sull’aiuto di paesi come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che gli offrono armi e aiuti finanziari in cambio di oro”. ◆
Contro i generali
Guerra a distanza
Il 17 gennaio tre persone sono morte ad Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti, nell’esplosione di alcuni camion cisterna. L’attentato, compiuto con dei droni, è stato rivendicato dai ribelli sciiti huthi che controllano parte dello Yemen. Abu Dhabi partecipa alla coalizione militare guidata dai sauditi che dal 2015 sostiene le forze governative contro gli huthi nello Yemen, ricorda Middle East Eye. Il 18 gennaio quattordici persone sono morte nei raid della coalizione su Sanaa, la capitale dello Yemen in mano agli huthi.
Twitter fa pace con il governo
Il 13 gennaio, dopo un oscuramento di sette mesi, il governo di Abuja ha autorizzato Twitter a riprendere le sue attività in Nigeria, scrive il quotidiano Nigerian Tribune. L’azienda e il governo hanno stretto un accordo in base al quale Twitter aprirà una sede e pagherà le tasse nel paese. La piattaforma era stata messa al bando il 5 giugno 2021 dopo che aveva cancellato un tweet del presidente Muhammadu Buhari perché infrangeva le regole contro l’istigazione alla violenza. Il divieto ha rallentato molti settori economici, causando una perdita stimata di circa 1,45 miliardi di dollari.
Una fase delicata
Aras Amiri, una dipendente del British council che ha trascorso più di tre anni in una prigione iraniana, il 12 gennaio è stata assolta dalle accuse di spionaggio ed è tornata nel Regno Unito. Era stata arrestata nel marzo 2018 mentre era in visita in Iran. Sempre il 12 gennaio l’accademica francese-iraniana Fariba Adelkhah, che era agli arresti domiciliari, è tornata in prigione. Nel maggio 2020 era stata condannata a cinque anni di carcere perché ritenuta colpevole di cospirazione contro la sicurezza nazionale, ma a ottobre dello stesso anno le era stato consentito di scontare la pena in casa a Teheran. Questi sviluppi arrivano in una fase delicata delle trattative per un nuovo accordo sul nucleare iraniano: il 17 gennaio sono ripresi i colloqui a Vienna, dopo una pausa di due giorni in cui i negoziatori iraniani ed europei sono rientrati nei loro paesi per brevi consultazioni, scrive Iran International. Gli Stati Uniti, che partecipano ai colloqui indirettamente, hanno detto che “restano poche settimane” per salvare l’accordo.
La protesta dei beduini
I beduini del deserto del Negev, nel sud d’Israele, si sono mobilitati contro un progetto di afforestazione del Fondo nazionale ebraico, che gestisce gran parte della terra dello stato. Il progetto è considerato dannoso perché introduce piante estranee all’ecosistema. Il 12 gennaio ci sono state tensioni quando i beduini hanno lanciato pietre contro i bulldozer nel villaggio di Sawa e la polizia israeliana ha risposto con granate stordenti. Secondo Haaretz la protesta potrebbe mettere a rischio la stabilità del governo. Intanto la stampa israeliana ha rivelato che l’ex premier Netanyahu, processato per corruzione, starebbe patteggiando un accordo per dichiararsi colpevole dei capi d’accusa meno gravi ed evitare il carcere.
Egitto-Italia Il 10 gennaio
l’Eni, multinazionale italiana dell’energia, ha annunciato di aver ottenuto dal Cairo cinque nuove licenze esplorative per cercare combustibili in un’area di 8.400 chilometri quadrati tra il mar Mediterraneo, il golfo di Suez e il deserto occidentale.
Rep. Dem. del Congo Quindici persone sono state uccise il 16 gennaio in due attacchi attribuiti alla milizia Codeco nella provincia dell’Ituri (est).
Somalia Il 18 gennaio un attacco suicida compiuto da Al Shabaab a Mogadiscio ha causato quattro morti e dieci feriti.
Articolo precedente
Articolo successivo
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati