Gli Emirati Arabi Uniti il 31 gennaio hanno intercettato e distrutto un missile lanciato dagli huthi, che controllano parte dello Yemen. Il terzo attacco condotto dai ribelli sciiti contro il paese del Golfo nel giro di due settimane ha coinciso con la visita ad Abu Dhabi di Isaac Herzog, il primo presidente israeliano ad andare negli Emirati dopo che i due paesi hanno normalizzato le loro relazioni nel 2020. Herzog ha incontrato il principe ereditario e leader di fatto Mohammed bin Zayed al Nahyan, con cui ha discusso di questioni legate alla sicurezza e alle relazioni bilaterali. Il quotidiano yemenita Al Thawra, vicino agli huthi, conferma che il gruppo continuerà a prendere di mira gli Emirati finché faranno parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita che dal 2015 conduce un’offensiva a sostegno del governo yemenita. Secondo un rapporto di esperti presentato il 30 gennaio al Consiglio di sicurezza dell’Onu, più di 1.400 minorenni reclutati dai ribelli sono morti in combattimento nel 2020, e altri 562 nei primi cinque mesi del 2021. Più di diecimila minorenni hanno perso la vita dall’inizio conflitto. ◆
Un missile durante la visita
Governo sotto attacco
La sera del 1 febbraio il presidente della Guinea-Bissau Umaro Sissoco Embaló ha assicurato che le forze di sicurezza avevano ripreso il controllo dopo che un gruppo di uomini armati aveva dato l’assalto al palazzo del governo mentre era in corso un consiglio dei ministri, scrive il sito O Democrata. L’attacco è durato circa cinque ore. È stato un tentativo di colpo di stato, che ha causato sei morti: quattro aggressori e due agenti della guardia presidenziale. Secondo Embaló, eletto nel 2020 dopo un voto contestato, non sono coinvolti solo ufficiali dell’esercito, ma anche figure legate al narcotraffico.
Per Amnesty è apartheid
Il 1 febbraio Amnesty international ha pubblicato un rapporto che denuncia l’apartheid israeliano contro la popolazione palestinese. Il sistema messo in atto nei confronti dei palestinesi in Israele, nei Territori occupati e della diaspora comprende requisizioni di terre e proprietà, uccisioni illegali, trasferimenti forzati, limitazioni al movimento e la negazione della nazionalità. “Il rapporto di Amnesty segue iniziative simili dell’ong israeliana B’tselem e del gruppo Human rights watch, rispettivamente nel gennaio e nell’aprile del 2021”, commenta The Palestine Chronicle.
L’ambasciatore sgradito
“I rapporti diplomatici tra Mali e Francia sono entrati in una zona di turbolenze”, scrive il sito Sahel Tribune. Il 31 gennaio la giunta militare al potere a Bamako ha annunciato l’espulsione dell’ambasciatore francese, Joël Meyer, per i commenti “ostili e oltraggiosi” di Parigi. Il ministro degli esteri francese Jean-Yves Le Drian aveva detto che il governo militare maliano è “illegittimo e prende decisioni irresponsabili”. Le tensioni si accumulavano da settimane, in particolare dopo che Bamako aveva annunciato di voler aspettare cinque anni per organizzare le elezioni e aveva accolto sul suo territorio i mercenari della compagnia privata russa Wagner. In Mali, invece, cresce l’insofferenza per la presenza militare francese. Il 31 gennaio nel vicino Burkina Faso il colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, autore del golpe del 24 gennaio, si è proclamato presidente e ha ripristinato la costituzione. L’Unione africana e la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale hanno sospeso il paese.
Si rischia la spaccatura
La camera dei rappresentanti libica, con sede a Tobruk, nell’est della Libia, ha fissato per il 7 febbraio la scelta di un nuovo primo ministro per sostituire Abdul Hamid Dbaibah, il cui mandato è scaduto il 24 dicembre. La decisione, spiega il sito libico Al Wasat, rischia di riaprire la spaccatura tra est e ovest del paese, allontanando ancora di più lo svolgimento di elezioni comuni e aprendo una nuova fase d’instabilità. La consigliera speciale delle Nazioni Unite, Stephanie Williams, ha detto che “l’unico modo per risolvere la crisi di legittimità in Libia è attraverso le urne”, mentre un portavoce dell’assemblea di Tobruk l’ha invitata a “non interferire negli affari libici”.
Egitto L’udienza del 1 febbraio del processo contro Patrick Zaki, attivista egiziano e studente in Italia scarcerato il 7 dicembre 2021 dopo ventidue mesi di detenzione, è stata rinviata al 6 aprile. Zaki è accusato di diffusione di notizie false per un articolo sulla condizione dei cristiani copti in Egitto. Rischia fino a cinque anni di carcere.
Rep. Democratica del Congo Il 29 gennaio 51 persone sono state condannate a morte per l’omicidio di Zaida Catalán e Michael Sharp, due esperti delle Nazioni Unite caduti in un’imboscata nel 2017 mentre indagavano sugli abusi dei diritti umani nella regione del Kasai.
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