Hussein Sheikh Abdullahi questa settimana è felice. Domenica 30 gennaio un camion ha portato cinquemila litri d’acqua nel suo villaggio, Omaad, nella Somalia centrale. L’arrivo del camion, però, indica che la situazione è disperata. “L’acqua l’abbiamo pagata con i soldi che ci hanno mandato i nostri familiari nel Regno Unito”, spiega Abdullahi.
Omaad si trova ad appena cinquanta chilometri dal fiume Shabelle, il corso d’acqua più grande della Somalia. Oggi il fiume, che nasce sugli altopiani etiopi, è praticamente asciutto. Le scarse piogge registrate negli ultimi due anni in molte parti del Corno d’Africa hanno causato una grave siccità, che ha portato a una mancanza d’acqua e di generi alimentari.
Questa settimana Abdullahi e i suoi vicini sono stati fortunati, ma altri lo sono meno. In quasi tutti i centri urbani della Somalia sono arrivate famiglie che hanno perso i loro capi di bestiame e i raccolti a causa della siccità e delle locuste, e sono state costrette ad abbandonare le loro case per andare in cerca di cibo, foraggio e acqua potabile.
Spostamenti di massa
La Somalia ospita già un numero molto alto di sfollati: sono almeno tre milioni, tra chi è dovuto scappare per sfuggire a violenze o per il clima ostile. “Se non si prenderanno provvedimenti urgenti, l’aggravarsi della siccità potrebbe costringere altri milioni di somali a lasciare le loro case entro aprile”, si legge in una recente analisi dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) basata sull’analisi della Displacement tracking matrix, un sistema di monitoraggio degli spostamenti di massa delle persone. “La siccità nel Corno d’Africa ha avuto conseguenze gravi soprattutto in Somalia, tanto che nel novembre 2021 il governo ha proclamato lo stato d’emergenza”.
Nella maggior parte delle regioni somale ci sono due stagioni delle piogge: gu’, cioè le precipitazioni intense tra aprile e maggio, e dayr, quelle più leggere tra ottobre e novembre. Nel 2020 e nel 2021 quelle piogge non sono arrivate. Fino a “3,5 milioni di somali vivono in condizioni di grave insicurezza alimentare, mentre 2,6 milioni non hanno libero accesso alle risorse idriche”, si legge in un rapporto dell’Unicef sulla situazione umanitaria in Somalia, pubblicato lo scorso ottobre. Lo stesso mese le autorità del Jubaland, uno stato della federazione somala, hanno inviato una delegazione a constatare i danni della siccità. “Quello che abbiamo visto è sconvolgente: intere popolazioni gravemente impoverite dopo che la siccità ha decimato il loro bestiame”, ha riferito la delegazione, chiedendo azioni urgenti.
Tuttavia i leader somali sono completamente impegnati nelle lotte di potere in vista delle elezioni della camera bassa del parlamento (che dovrebbero svolgersi entro il 25 febbraio 2022). In tutti gli stati federali – compresi Puntland, Galmudug, Hirshabelle e Jubaland – gli scontri politici mettono in secondo piano ogni altra questione. Nel Jubaland, per esempio, le polemiche si concentrano su chi dovrebbe governare lo stato e su come organizzare le elezioni a Garbaharrey, una città della regione di Gedo. Il 25 gennaio il vicepresidente del Jubaland, Mohamud Sayid Adan, ha accusato il presidente somalo Mohamed Abdullahi Farmaajo di favorire un’autorità ribelle nella regione.
Mentre le dispute sulle elezioni e le lotte per il potere continuano, la gestione della situazione umanitaria passa in secondo piano, nonostante le ultime previsioni indichino che la stagione da febbraio a metà aprile sarà ancora più secca.
Nella capitale Mogadiscio l’attivista Mohamed Shire sostiene che il governo dovrebbe rinviare tutte le altre attività e occuparsi solo della siccità e della carestia. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, la siccità ha già colpito 57 dei 74 distretti che compongono la Somalia e minaccia 2,5 milioni di persone.
“Se facciamo qualcosa ora possiamo limitare gli spostamenti di massa”, ha dichiarato Mohamed Abdelazim, coordinatore dell’Oim per l’emergenza in Somalia. “Bisogna agire subito se vogliamo salvare delle vite”. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1446 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati