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i fronte all’ondata trumpiana, è importante che l’Europa riacquisti fiducia in se stessa e che proponga un altro modello di sviluppo. Per farlo deve mettere da parte l’autocritica che troppo spesso caratterizza il dibattito pubblico europeo. Secondo un’opinione condivisa da molti dirigenti, l’Europa vive al di sopra dei suoi mezzi e deve fare sacrifici. L’ultima versione di questo discorso vorrebbe giustificare il taglio della spesa sociale per concentrarsi su quella militare, all’inseguimento di Donald Trump e Vladimir Putin. Ma questa analisi è errata. Dal punto di vista economico l’Europa ha i mezzi per perseguire diversi obiettivi allo stesso tempo. Da anni il continente registra un avanzo consistente nella bilancia dei pagamenti, mentre gli Stati Uniti hanno un enorme deficit. In altre parole questi ultimi spendono sul loro territorio più di quanto producono, mentre l’Europa fa esattamente il contrario e il risparmio che ne deriva finisce nel resto del mondo (in particolare negli Stati Uniti). Negli ultimi quindici anni in Europa l’avanzo annuale medio ha raggiunto il 2 per cento del pil, cosa che non succedeva da più di un secolo. Questa situazione riguarda sia l’Europa meridionale sia la Germania e il Nordeuropa, con livelli che in alcuni paesi superano il 5 per cento del pil. Al contrario gli Stati Uniti accumulano dal 2010 un deficit medio di circa il 4 per cento del pil.

Il continente ha i mezzi per perseguire diversi obiettivi. Da anni registra un avanzo consistente nella bilancia dei pagamenti, mentre gli Stati Uniti hanno un enorme deficit

L’Europa ha dei fondamentali economici e finanziari più sani degli Stati Uniti, così sani che il vero rischio è non spendere abbastanza. Perciò, non ha bisogno di una cura di austerità, ma di una cura di investimenti, come indicava il rapporto di Mario Draghi sulla competitività europea. Ma questo va fatto privilegiando il benessere delle persone, lo sviluppo sostenibile e le infrastrutture collettive (scuola, sanità, trasporti, energia, clima). L’Europa ha già ottenuto risultati migliori degli Stati Uniti sul piano della salute, in particolare nella speranza di vita: nel 2022 era di 80,6 anni nell’Unione europea e di 77,4 anni negli Stati Uniti. Tutto questo l’ha fatto spendendo per la sanità poco più del 10 per cento del pil continentale, mentre negli Stati Uniti la spesa sfiora il 18 per cento, a riprova dell’inefficienza del settore privato e dei suoi costi eccessivi. Per poter continuare su questa strada l’Europa deve sostenere il personale sanitario. E, se farà gli investimenti necessari, potrà superare gli Stati Uniti anche sul piano dei trasporti, del clima, della formazione e della produttività. Infine, se proprio fosse indispensabile, l’Europa potrebbe anche aumentare le spese militari, anche se l’utilità di questo aumento deve essere ancora dimostrata. Stanziare miliardi di euro per l’esercito è il modo più facile per mostrare che si sta facendo qualcosa contro la minaccia russa, ma nulla indica che sia la scelta più efficace. Nell’insieme i fondi stanziati dai paesi europei superano già quelli russi. La vera posta in gioco è spenderli insieme, in modo da creare strutture che permettano di prendere decisioni collettive per proteggere efficacemente il territorio ucraino. Per finanziare la ricostruzione del paese, è arrivato il momento che l’Europa usi non solo i beni pubblici russi sequestrati (300 miliardi di euro, di cui 210 miliardi in Europa), ma anche quelli privati, stimati in mille miliardi di euro, per lo più in Europa, di cui ben poco è stato messo sotto sequestro finora. Per farlo si dovrebbe creare un catasto finanziario europeo, capace di registrare chi possiede cosa nel continente, uno strumento indispensabile anche per lottare contro la criminalità e sostenere politiche di giustizia sociale e fiscale.

Resta da affrontare una questione essenziale: perché l’Europa, grande risparmiatrice e di fatto la prima potenza economica e finanziaria mondiale, non investe di più? Una ragione è demografica: di fronte all’invecchiamento della popolazione, i governi europei si preparano accumulando risparmi. Tuttavia, sarebbe più utile spendere quel denaro per permettere alle nuove generazioni di proiettarsi nel futuro. Un’altra spiegazione è il nazionalismo: ogni paese sospetta il vicino di voler dilapidare il frutto del suo lavoro e quindi preferisce metterlo sotto chiave. La globalizzazione commerciale e finanziaria ha alimentato una profonda inquietudine e ha generato un’Europa concentrata sul risparmio e sull’“ognuno per sé”. Ma la ragione principale è politica e istituzionale: non esiste un quadro democratico in cui i cittadini europei possano scegliere collettivamente qual è il modo migliore per usare le ricchezze che producono. Queste decisioni sono di fatto lasciate ad alcuni grandi gruppi e a un ridotto numero di manager e azionisti. La soluzione potrebbe arrivare in diverse forme, come un’Unione parlamentare europea basata su un gruppo ristretto di paesi. Di certo, la domanda d’Europa non è mai stata così forte, e i suoi leader devono impegnarsi per dare una risposta coraggiosa e creativa, al di là dei sentieri battuti e delle false certezze. ◆ adr

Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Le Monde.

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Questo articolo è uscito sul numero 1607 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati