Il 18 marzo Spagna e Marocco hanno chiuso la crisi diplomatica scatenata nel 2021 dalla decisione di Madrid di accogliere Brahim Ghali, il capo del Fronte Polisario, l’organizzazione che da decenni combatte per l’indipendenza del Sahara Occidentale, oggi occupato dalle forze marocchine. Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha scritto un messaggio al re Mohamed VI in cui dichiara che il piano marocchino per l’autonomia del territorio è “una base seria, realistica e credibile” per risolvere la disputa. Con queste parole il governo di Madrid ha fatto una svolta rispetto alla tradizionale neutralità spagnola sul Sahara Occidentale. Inevitabilmente le dichiarazioni hanno causato uno strappo con l’Algeria, che da sempre sostiene la causa sahrawi. Citando l’esperto di geopolitica Ahmed Mizab, Le Quotidien d’Oran titola che la nuova “posizione spagnola è una minaccia per la sicurezza della regione”, aggiungendo che Madrid ha ceduto al ricatto del Marocco. Una crisi con l’Algeria potrebbe avere gravi conseguenze per le forniture di gas di cui ha bisogno la Spagna. Nel 2021 l’Algeria ha fornito quasi la metà del gas consumato dagli spagnoli. ◆
Triangolazione difficile
Il destino degli ostaggi
L a liberazione il 16 marzo di Nazanin Zaghari-Ratcliffe e Anoosheh Ashoori ( nella foto ), detenuti da anni in Iran e con la doppia nazionalità iraniana e britannica, è una svolta positiva nei rapporti tra Londra e Teheran. Ma diverse questioni sono in sospeso, commenta il Guardian. C’è il timore che rimborsando il debito di 477 milioni di euro, l’equivalente di un anticipo pagato da Teheran negli anni settanta per una consegna di carri armati poi sospesa, “il governo britannico possa giustificare la presa di ostaggi da parte dell’Iran”. Per limitare il rischio, Londra ha imposto che i soldi siano usati per scopi umanitari. Ma diverse persone con la doppia nazionalità sono detenute in Iran. Tra loro c’è Morad Tahbaz, che ha il passaporto iraniano, britannico e statunitense. La sua famiglia si aspettava che fosse liberato con gli altri, invece è stato solo spostato in un hotel di Teheran e ha cominciato lo sciopero della fame. Il destino degli ostaggi, prosegue il quotidiano britannico, è legato al risultato dei colloqui sul nucleare. Gli Stati Uniti hanno assicurato alla Russia che le sanzioni per la guerra in Ucraina non ostacoleranno la cooperazione sul nucleare iraniano e ora bisogna lavorare sugli ultimi punti. Teheran vuole garanzie contro un eventuale ritiro statunitense dall’accordo e la cancellazione dei Guardiani della rivoluzione dalla lista dei gruppi terroristici di Washington.
Un conflitto disumano
Il New York Times ha pubblicato il 17 marzo una ricostruzione dell’uccisione, nel giugno 2020, di tre operatori umanitari dell’ong Medici senza frontiere: María Hernández, Yohannes Halefom e Tedros Gebremariam. Il quotidiano statunitense scrive che sono stati uccisi con armi da fuoco da alcuni soldati etiopi in ritirata, su ordine del loro comandante, arrabbiato per la loro presenza in una zona di conflitto. Msf ha commentato che l’attacco è stato intenzionale e ha chiesto risposte al governo di Addis Abeba. Al Jazeera, invece, ha documentato le atrocità – esecuzioni indiscriminate, rappresaglie, distruzioni di proprietà, violenze sessuali – commesse dai combattenti tigrini quando hanno occupato la regione Amhara. Su The Continent Rashid Abdi parla del “nichilismo e la disumanizzazione che ormai caratterizzano tutte le parti in conflitto, combattenti e non. Lo stato etiope ha affidato le operazioni belliche a milizie etniche, che mettono in campo tutti i loro rancori”.
Il ritorno di Assad
Il presidente siriano Bashar al Assad è arrivato negli Emirati Arabi Uniti il 18 marzo. È il suo primo viaggio in un paese arabo dall’inizio della guerra civile undici anni fa e “il più chiaro segnale di un riavvicinamento in corso tra Damasco e gli stati della regione”, scrive Middle East Eye. La Siria era stata espulsa dalla Lega araba nel 2011 e in questi anni il regime di Assad è stato isolato dai suoi vicini. Ma ora che gli scontri si sono in gran parte fermati e Assad controlla la maggioranza del territorio, secondo il giornale online i paesi della regione “ci stanno ripensando, preoccupati dall’influenza di Iran e Turchia, e dalle conseguenze economiche e sulla sicurezza legate al fatto di confinare con uno stato povero e devastato dalla guerra”.
Togo Google ha annunciato il 18 marzo di aver fatto arrivare a Lomé la prima parte di un cavo sottomarino che permetterà agli africani di navigare su internet più facilmente e rapidamente.
Yemen Il Consiglio di cooperazione del Golfo, che raggruppa sei paesi della regione, ha annunciato il 17 marzo di essere pronto a organizzare dei colloqui di pace con i ribelli huthi yemeniti, nonostante il loro rifiuto a partecipare se si svolgeranno a Riyadh. Due giorni dopo gli huthi hanno lanciato diversi attacchi con droni e missili contro obiettivi sauditi.
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