“Più di due anni di restrizioni alla possibilità di viaggiare e il prolungato lockdown di Shanghai stanno spingendo alcuni cittadini cinesi a prendere in considerazione l’idea di emigrare, una prospettiva un tempo impensabile”, scrive il Wall Street Journal. La possibilità di emigrare è riservata di fatto ai ricchi, che possono pagare le agenzie specializzate nei visti d’espatrio. Non ci sono dati ufficiali, ma “sulle app di messaggistica WeChat e Telegram sono aumentati i gruppi che parlano di emigrazione. Secondo Ying Cao, un avvocato che vive a New York, negli ultimi due mesi le richieste d’espatrio di cinesi ricchi sono cresciute di dieci volte”.
Il futuro è altrove
La Starbucks ci rinuncia
Dopo la McDonald’s e la Exxon, un’altra multinazionale statunitense lascia la Russia in seguito all’invasione dell’Ucraina e alle conseguenti sanzioni occidentali, scrive il Washington Post. Il 23 maggio la Starbucks ha annunciato che andrà via dal paese, chiudendo circa 130 caffè. L’azienda aveva bloccato parte delle sue filiali in Russia già a marzo.
Il gas dell’isola
Dopo quasi due anni di blocco, il 23 maggio è tornato in funzione l’impianto per la produzione di gas naturale liquefatto dell’isola di Melkøya, vicino a Hammerfest, nel nord della Norvegia. La struttura, gestita dall’azienda energetica di stato Equinor, era stata chiusa nel settembre del 2020 a causa di un incendio. Melkøya è l’impianto di liquefazione del gas più grande d’Europa dopo quello russo di Jamal, scrive Die Tageszeitung. Ha una capacità di sei miliardi di metri cubi di gas all’anno. Lavora il gas che proviene dai giacimenti di Snøhvit, Albatross e Askeladd, nel mare di Barents, attraverso una condotta sottomarina lunga 140 chilometri. Il gas liquefatto viene poi caricato sulle navi cisterna provenienti da tutto il mondo. Il progetto, partito nel 2002, è stato a lungo contestato dagli ambientalisti, a causa delle elevate emissioni di anidride carbonica.
Morti di fatica
Uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), realizzato prima della pandemia e presentato nel 2021, sosteneva che ogni anno in tutto il mondo 745mila persone muoiono a causa del troppo lavoro. Sono più delle vittime provocate dagli incidenti o dall’uso di sostanze nocive sul lavoro, scrive Der Spiegel. Frank Pega, che si occupa di ambiente, cambiamento climatico e salute all’Oms ed è uno degli autori dello studio, precisa che con la pandemia di covid-19 il problema si è sicuramente aggravato e cita uno studio dell’università di Harvard, negli Stati Uniti, secondo il quale nei paesi che hanno avuto il lockdown, i tempi di lavoro si sono allungati in media del 10 per cento. Nel 2020 in Germania ci sono state 1,7 miliardi di ore di straordinario, di cui più della metà non retribuite, mentre le assenze legate a problemi psicologici sono raddoppiate. “Tutto lavoro”, conclude il settimanale, “che è toccato sbrigare a chi è rimasto”. ◆
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