L’11 novembre il ministero dell’informazione ha vietato la proiezione di Joyland nelle sale cinematografiche del Pakistan ritenendolo “ripugnante e contrario ai valori della società del paese”. Il film drammatico, diretto da Saim Sadiq e coprodotto da Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace, racconta la relazione sentimentale tra Haider, un uomo sposato della classe media, e Biba, una donna transgender che lavora come performer in un teatro di Lahore.
A maggio la pellicola aveva vinto il premio della sezione Un certain regard del festival di Cannes, suscitando molta curiosità tra gli amanti del cinema pachistani. Come previsto, era stato scelto come candidato ufficiale del paese agli Oscar e ad agosto aveva ottenuto il via libera per la distribuzione in Pakistan. “Ma la retromarcia del governo mette a rischio la possibilità di partecipare agli Oscar, perché essere proiettato nel paese d’origine è una delle condizioni per andare a Hollywood”, scrive il Guardian.
I gruppi religiosi che hanno chiesto la censura sostengono che il film promuove l’omosessualità, ancora illegale in Pakistan. “Ma il vero problema è che Joyland umanizza una donna trans”, spiega Dawn. “Biba è una persona comune. Non è una vittima, lavora, è indipendente e può scegliere. Se fosse stata ritratta in modo negativo, come fanno comunemente i mezzi d’informazione con le persone trans, nessuno avrebbe avuto da ridire”.