In Sudan l’11 aprile è stato il quarto anniversario della caduta della dittatura di Omar al Bashir, che aveva governato per trent’anni. Nei giorni precedenti c’erano state grandi manifestazioni in tutto il paese per chiedere libertà, pace e giustizia, racconta il quotidiano Al Araby al Jadid, e per denunciare lo stallo nei negoziati tra la giunta militare e i rappresentanti della società civile sul passaggio di poteri a un nuovo governo. Nell’autunno 2021 un colpo di stato guidato dal generale Abdel Fattah al Burhan aveva interrotto il processo di transizione verso la democrazia. “Le personalità del vecchio regime avevano tirato un sospiro di sollievo”, racconta il giornale panarabo, “ed erano ricominciate le violenze verbali e fisiche contro gli oppositori”. Alcuni mesi fa Al Burhan, pressato dalle continue manifestazioni di piazza, aveva accettato di riprendere il dialogo, e a inizio aprile avrebbe dovuto aprire alla nomina di un nuovo governo civile. Ma l’accordo è stato più volte rinviato a causa di un disaccordo interno all’esercito, che fa nascere nuove preoccupazioni per il futuro del paese. ◆
Accordo rinviato
Speranze e dubbi
Una delegazione saudita è arrivata il 9 aprile a Sanaa, la capitale dello Yemen, per negoziare una possibile tregua con i ribelli sciiti huthi, che controllano la città e altre parti del paese, e mettere fine alla guerra che dura da otto anni e ha provocato la peggiore crisi umanitaria del mondo. Non sono state fatte dichiarazioni ufficiali sul contenuto dei colloqui, ma varie fonti hanno fatto intendere che le parti potrebbero arrivare a un accordo entro la fine del mese. I ribelli chiedono un impegno a pagare i salari dei dipendenti pubblici, compresi quelli che lavorano nelle regioni sotto il loro controllo, e la riapertura di tutti i porti e aeroporti, con l’eliminazione del blocco aereo e marittimo imposto dall’esercito saudita. Per Al Quds al Arabi, un’eventuale tregua potrebbe mettere fine ad alcune azioni militari e consentire lo scambio dei prigionieri. Ma non risolverà i problemi interni allo Yemen che sono stati la causa dello scoppio della guerra civile nel 2014, poi degenerata in un conflitto regionale tra l’Arabia Saudita, alla guida della coalizione araba intervenuta contro i ribelli nel marzo 2015, e l’Iran, alleato degli huthi. Il sito Yemen.net, ostile sia ai sauditi sia agli huthi, commenta che i negoziati potranno dar vita solo a una “pace formale”, che consentirà ai sauditi di disimpegnarsi dal conflitto e ai ribelli di rivendicare il potere a Sanaa e nel nord.
Sei condanne a Kinshasa
Il 7 aprile sei congolesi sono stati condannati all’ergastolo da un tribunale militare di Kinshasa per l’omicidio, il 22 febbraio 2021 vicino a Goma, di Luca Attanasio, ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, di Vittorio Iacovacci, il carabiniere della scorta, e di Mustapha Milambo, l’autista congolese del Programma alimentare mondiale. Cinque imputati erano in aula, mentre un sesto è in fuga. L’accusa li ha presentati come appartenenti a una banda criminale che non avevano intenzione di uccidere l’ambasciatore, ma volevano rapirlo per chiedere un riscatto. Gli imputati, nota Actualité.cd, hanno ritrattato le deposizioni che avevano rilasciato agli inquirenti, denunciando che erano state estorte sotto tortura. La difesa ha annunciato il ricorso in appello. Secondo l’Afp, il processo non ha fatto emergere nuovi elementi sulla dinamica e sugli eventuali mandanti dell’imboscata. Il tribunale ha riconosciuto un risarcimento danni all’Italia di 1,83 milioni di euro.
I prestiti del Fondo
Il 10 aprile il Fondo monetario internazionale (Fmi) ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il Burundi su un programma di aiuti da 261 milioni di dollari. È il primo intervento dell’istituzione finanziaria nel paese dal 2015, quando scoppiò una crisi politica che, come spiega Rfi, ha messo in ginocchio l’economia. Negli ultimi tre anni il Burundi è stato il paese più povero al mondo. Il governo si è impegnato ad attuare una serie di riforme, tra cui quella che riguarda la svalutazione del franco burundese. Invece in Tunisia, un paese in grave crisi economica, il 6 aprile il presidente Kais Saied ha chiuso bruscamente i negoziati per ottenere un prestito dall’Fmi, dichiarando che “i diktat dell’organizzazione sono inaccettabili”.
Burkina Faso Quarantaquattro civili sono stati uccisi in due villaggi nel nordest, vicino al confine con il Niger, ha fatto sapere l’8 aprile il governatore dell’area colpita, attribuendo gli attacchi a “gruppi terroristici armati”. Da sette anni il paese deve fare i conti con i miliziani di Al Qaeda e del gruppo Stato islamico.
Ciad-Germania È crisi diplomatica tra i due paesi, dopo l’espulsione il 7 aprile di Jan-Christian Gordon Kricke, l’ambasciatore tedesco a N’Djamena. Il diplomatico aveva criticato gli attacchi ai diritti umani e chiesto libere elezioni.
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