Nella notte del 3 novembre 157 persone sono morte nel terremoto di magnitudo 6,4 che ha colpito la provincia di Karnali, la più grande del paese. Non si è trattato del big one, il potente terremoto che i sismologi si aspettano prima o poi nell’area, ma ha comunque distrutto molti edifici costruiti con materiali scadenti. Se avesse colpito di giorno, scrive il Nepali Times in un editoriale, il numero delle vittime sarebbe stato più alto, dato il numero di scuole crollate. “La prevenzione”, continua il quotidiano, “deve partire dall’ammodernamento degli edifici scolastici, degli ospedali e degli uffici pubblici”. ◆
Impreparati al peggio
Assenti strategici
Al forum delle isole del Pacifico, il più importante incontro annuale nella regione, che si è svolto dal 6 al 10 novembre alle isole Cook, erano assenti i primi ministri delle isole Salomone, di Vanuatu e della Papua Nuova Guinea. L’assenza dei tre leader è un duro colpo ai tentativi dei paesi del Pacifico di mostrarsi uniti in un’epoca in cui la regione è terreno di rivalità geopolitiche, scrive il Guardian. Ufficialmente il premier delle isole Salomone, Manasseh Sogavare (nella foto), che nel 2022 ha firmato un discusso patto per la sicurezza con la Cina, era impegnato con l’organizzazione dei Giochi del Pacifico, in programma alla fine di novembre. “La regione è molto varia al suo interno, le priorità di sviluppo sono diverse, così come le alleanze con le grandi potenze”, dice al quotidiano Meg Keen, responsabile del programma sulle isole del Pacifico del centro studi australiano Lowy Institute.
Scuole chiuse per smog
Le vacanze invernali delle scuole di New Delhi, previste a dicembre, saranno anticipate dal 9 al 18 novembre a causa del livello d’inquinamento dell’aria, il più alto del mondo, scrive The Hindu.
L’aumento non basta
La ministra bangladese del lavoro Munnujan Sufian ha annunciato il 7 novembre che il nuovo salario minimo mensile per i lavoratori del settore tessile, in maggioranza donne, sarà portato a 12.500 taka (105 euro). Il sindacato ha respinto la decisione, definendo insufficiente l’aumento deciso da un comitato nominato dal governo. Per Kalpona Akter, leader del sindacato, “la cifra è inaccettabile, nettamente al di sotto delle nostre aspettative”, scrive il Dhaka Tribune, aggiungendo che i rappresentanti dei lavoratori chiedono un salario minimo di almeno 15mila taka al mese. Il 7 novembre davanti alla sede del ministero del lavoro centinaia di operai hanno protestato chiedendo al governo di riconsiderare le loro richieste. La prima ministra Sheikh Hasina è alle prese con manifestazioni e scioperi organizzati dall’opposizione per chiedere le sue dimissioni prima delle elezioni legislative di gennaio. Richieste che la premier ha respinto categoricamente. Negli scontri tra i manifestanti e la polizia sono morte almeno due persone e migliaia sono state arrestate. “La violenza politica mette a rischio l’economia del paese, già provata dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina”, scrive Nikkei Asia. “Se la crisi politica proseguirà, gli affari, le esportazioni, le rimesse e altre attività economiche ne risentiranno ulteriormente”.
Nuova Zelanda Secondo il risultato finale delle elezioni legislative, il Partito nazionale ha ottenuto due seggi in meno del previsto e il leader Christopher Luxon ( nella foto ) dovrà allearsi con i populisti di New Zealand First per formare un governo.
Il rimpatrio degli afgani
Il 1 novembre è scaduto l’ultimatum delle autorità pachistane che impone ai profughi senza documenti di lasciare il paese prima di essere rimpatriati. In un mese circa 200mila persone hanno oltrepassato la frontiera con l’Afghanistan e dal 1 novembre la polizia ha cominciato a rinchiudere gli immigrati irregolari in centri di detenzione. La norma interessa 1,7 milioni di afgani, alcuni nati e cresciuti in Pakistan, e secondo gli esperti è uno strumento di pressione di Islamabad diretto al governo dei taliban, accusato di ospitare gruppi armati islamisti responsabili di attacchi terroristici. Tra gli afgani presenti in Pakistan 25mila avevano collaborato con gli americani tra il 2011 e il 2021 e sono in attesa di essere trasferiti negli Stati Uniti. L’ambasciata statunitense, scrive Dawn, ha consegnato la lista dei loro nomi alle autorità di Islamabad, che però, in mancanza di un accordo specifico con Washington, avrebbero sollevato obiezioni. Altri tremila afgani dovrebbero essere accolti nel Regno Unito.
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