Il 20 novembre Joseph Boakai, 78 anni, veterano della politica liberiana, è stato proclamato vincitore delle elezioni presidenziali del 14 novembre con il 50,6 per cento dei voti. Ha sconfitto il presidente uscente George Weah, ex campione di calcio, che ha subito riconosciuto l’esito dello scrutinio. “Milioni di liberiani in patria e all’estero hanno tirato un sospiro di sollievo quando Weah ha ammesso la sconfitta”, scrive il quotidiano locale Front Page Africa. Le celebrazioni per la vittoria di Boakai sono state turbate dalla notizia che la sera del 20 novembre un’auto ha investito dei sostenitori in festa, uccidendo due persone e ferendone almeno altre tre. Vicepresidente ai tempi dell’amministrazione di Ellen Johnson Sirleaf (2006-2018), Boakai ha fatto leva sullo scontento verso la presidenza Weah, che aveva promesso di combattere la corruzione e il carovita e di migliorare le condizioni di vita dei liberiani, ma non ha ottenuto i risultati sperati. La Liberia è il settimo paese più povero del mondo, con un pil pro capite di 750 dollari statunitensi, secondo i dati della Banca mondiale. ◆
Weah esce di scena
Un presidente ricercato
Il 15 novembre la Francia ha emesso un mandato di arresto internazionale per il presidente siriano Bashar al Assad ( nella foto ), accusato di complicità in crimini contro l’umanità e crimini di guerra per gli attacchi con le armi chimiche avvenuti vicino a Damasco nell’agosto 2013, che hanno ucciso più di 1.400 persone. Ci sono mandati di cattura anche per il fratello di Assad, Maher, capo di un’unità militare scelta, e per due generali. L’indagine è il seg uito di una denuncia presentata dall’ong Syrian centre for media and freedom of expression, dall’associazione di avvocati Open society justice initiative e dall’Archivio siriano, che documenta le violazioni dei diritti umani in Siria. La Francia si è appellata al principio della giurisdizione universale, inserita nel diritto di molti stati europei, che consente di perseguire i crimini più gravi indipendentemente da dov e sono stati commessi, dal paese dove si trovano accusatori e accusati e dalla loro nazionalità. Secondo il giornale indipendente siriano Enab Baladi, i mandati di cattura sono una dimostrazione che “la giustizia extraterritoriale ha un ruolo essenziale nel perseguire i responsabili dei crimini compiuti contro i civili in Siria dal marzo 2011” e che “si possono ottenere risultati tangibili grazie al lavoro di documentazione degli attivisti siriani e alle denunce di vittime e testimoni”.
Scontri per il petrolio
In Sudan il conflitto in corso da sette mesi tra le Forze di supporto rapido (Rsf) e l’esercito regolare è arrivato a minacciare gli stabilimenti petroliferi del paese. Negli ultimi giorni le Rsf hanno attaccato alcuni giacimenti del Darfur Orientale e del Kordofan Occidentale, ampliando la loro presenza nell’ovest del paese e causando gravi incendi, scrive il sito sudanese Ayin. Il 30 ottobre le Rsf avevano preso il controllo del campo petrolifero Al Balila, che è collegato all’importante raffineria Al Jaili, dove si producono benzina e gas per uso domestico. Il Sudan estrae circa 40mila barili di petrolio al giorno, in gran parte per il consumo interno, e ha un accordo con il Sud Sudan per esportare il greggio sudsudanese da Port Sudan. Secondo Ayin, l’avanzata delle Rsf sta minacciando la stabilità economica del paese e la collaborazione regionale. Il 19 novembre sono scoppiati degli scontri a sfondo etnico nella zona petrolifera di Abyei, contesa tra Sudan e Sud Sudan, con 32 morti.
Rottura dei rapporti
Il parlamento sudafricano ha approvato il 21 novembre una mozione per chiedere la chiusura dell’ambasciata d’Israele e per sospendere i rapporti diplomatici con lo stato ebraico finché non entrerà in vigore un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. È un gesto simbolico, scrive Al Jazeera, perché la decisione operativa spetta al governo del presidente Cyril Ramaphosa, ma è l’ultima di una lunga serie di dimostrazioni di solidarietà fatte dal Sudafrica verso la popolazione palestinese. Il giorno prima Israele aveva richiamato “per consultazioni” il suo ambasciatore a Pretoria. Il 16 novembre il Sudafrica, insieme a Bangladesh, Bolivia, Comore e Gibuti, si era rivolto alla Corte penale internazionale per chiedere l’apertura di un’inchiesta sui crimini di guerra e contro l’umanità commessi da Israele a Gaza.
Ghana Il 16 novembre i paesi che hanno partecipato a una conferenza ad Accra
( nella foto ) hanno creato un fondo globale per le riparazioni, così da facilitare il pagamento di risarcimenti e altre forme di compensazione per i danni che il commercio degli schiavi e il colonialismo hanno causato all’Africa.
Congo Almeno 31 ragazzi tra i 18 e i 25 anni sono morti il 20 novembre nella calca che si è formata in uno stadio della capitale Brazzaville, in occasione di un reclutamento organizzato dall’esercito.
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