I laboratori delle università di Tufts e Harvard, negli Stati Uniti, hanno creato gli antrobot, i primi robot biologici mobili fatti di cellule umane. Hanno un diametro tra i 30 e i 500 micron (millesimi di millimetro) e sono realizzati attraverso la coltura di cellule dell’epitelio della trachea, scrive Science Advances. Sono in grado di assemblarsi autonomamente a partire da una singola cellula e di spostarsi grazie al movimento delle ciglia. Inoltre possono aggregarsi formando strutture più grandi, i “superbot”. Per testarne il potenziale terapeutico in vitro, i superbot sono stati applicati su uno strato di tessuto nervoso danneggiato. Nell’arco di tre giorni sono riusciti a ripararlo, anche se le cellule non erano state programmate geneticamente per questo scopo. Gli scienziati pensano che agendo sulle condizioni ambientali si possano assemblare robot con strutture e capacità biomediche differenti.
Medici microscopici
Il laboratorio automatico
Un sistema che coniuga robotica e intelligenza artificiale messo a punto da Google DeepMind per accelerare lo sviluppo di nuovi materiali ha prodotto i primi risultati. “Il sistema, chiamato A Lab, elabora le procedure di sintesi per composti che potrebbero trovare impiego nelle batterie o nelle celle solari”, scrive Nature. In seguito esegue la sintesi selezionando, mescolando e riscaldando gli ingredienti, e poi analizza i prodotti, il tutto senza l’intervento umano. Un altro sistema di intelligenza artificiale ha previsto l’esistenza di “centinaia di migliaia di materiali stabili, offrendo all’A Lab un’ampia gamma di candidati su cui lavorare in futuro”. Il programma ha cominciato dall’analisi di circa 48mila tipi di cristalli noti, arrivando a predire l’esistenza di quasi 400mila nuovi composti stabili. Tra le strutture individuate, 736 sono già state prodotte in laboratorio. Il sistema A Lab è riuscito a sintetizzare 41 nuovi composti chimici in 17 giorni di attività ininterrotta. In una minoranza di casi invece ha incontrato ostacoli tecnici e ha potuto portare a termine il processo solo grazie all’intervento umano. ◆
Gli albori della cannabis
I ricercatori dell’università di Milano hanno individuato le prime prove del consumo di cannabis in resti umani provenienti da un sito archeologico, scrive New Scientist. L’analisi delle ossa di un giovane e di una donna di mezza età sepolti tra il 1638 e il 1697 in una cripta sotto l’ex ospedale Ca’ Granda ha evidenziato tracce di tetraidrocannabinolo e cannabidiolo. Dato che nei registri dell’ospedale non è stato trovato nessun riferimento alla cannabis, i ricercatori ipotizzano che queste persone possano essersi curate da sole o abbiano consumato la sostanza a scopo ricreativo.
Una strana coppia
È stato individuato un esopianeta della dimensione di Nettuno, che orbita molto vicino a una stella con massa molto piccola (nell’immagine). La scoperta potrebbe portare a riconsiderare le teorie sulla formazione dei pianeti, scrive Science. Il pianeta, con una massa almeno tredici volte superiore a quella della Terra, orbita intorno a Lhs 3154, una stella nove volte più piccola del Sole. In passato era già stato trovato un sistema composto da una stella piccola e un pianeta grande, ma in quel caso l’orbita aveva caratteristiche diverse.
Alle origini del mais
Il mais moderno potrebbe derivare da due specie selvatiche invece che da una sola. Finora si pensava che la pianta derivasse dalla sottospecie parviglumis della pianta annuale Zea mays. L’indagine genetica delle varietà tradizionali coltivate nelle Americhe ha evidenziato la presenza di dna di un’altra sottospecie, la mexicana. La scoperta può aiutare a ricostruire la storia della pianta e delle popolazioni che l’hanno selezionata, e permettere il miglioramento delle varietà moderne.
Neuroscienze Durante il periodo della riproduzione i pinguini dal collare (Pygoscelis antarcticus, nella foto) si addormentano migliaia di volte al giorno. Monitorando da remoto il ciclo sonno-veglia di una colonia di pinguini dell’isola King George, in Antartide, scrive Science, gli scienziati hanno contato più di diecimila pisolini che duravano in media quattro secondi e mai più di 34. Questo sonno frammentato potrebbe aiutare i pinguini a proteggere le uova e i pulcini dai predatori.
Zoologia I delfini percepiscono i campi elettrici. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Experimental Biology, questa capacità è dovuta a particolari strutture sul muso degli animali, che potrebbero servirgli per orientarsi. La facoltà di individuare campi deboli potrebbe essere utile anche per trovare prede nascoste sotto la sabbia.
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