La Cina sta affrontando una “gigantesca” crisi di fiducia nella sua economia, scrive l’Economist. Il paese soffre le conseguenze dell’esplosione della bolla immobiliare, il settore dei servizi è in affanno, i consumi ristagnano, le multinazionali portano via i loro capitali a un ritmo senza precedenti e gli osservatori stranieri rivedono al ribasso le previsioni di crescita. Tutto questo, osserva il settimanale britannico, riflette sia problemi reali sia “la crescente sfiducia nelle informazioni che arrivano dal paese asiatico. Molti sono convinti che Pechino manipoli i dati, censuri fatti importanti e descriva l’economia in modo ingannevole”. S’innnesca così un circolo vizioso: più l’economia va male, più il governo nasconde le informazioni, innervosendo gli investitori. Non siamo davanti a un problema temporaneo. “Rimangiandosi l’impegno a liberalizzare i flussi di dati, per la Cina non sarà facile rilanciare la sua economia e, come l’Unione Sovietica, rischia di diventare un esempio di autocrazia illiberale e inefficiente”. ◆
Il valore della fiducia
Il ritorno dei risparmi
Gli argentini stanno dichiarando risparmi per centinaia di milioni di dollari finora nascosti al fisco. Il merito, scrive il Financial Times, è del condono fiscale voluto dal presidente Javier Milei, che con questa misura spera di rafforzare le scarse riserve di valuta straniera. Anche se non ci sono ancora dati ufficiali, dai rapporti mensili della banca centrale risulta che a luglio i soldi depositati in banca sono arrivati a quota 728 milioni di dollari e ad agosto a 749 milioni, un dato in crescita rispetto alla media di 532 milioni registrata nei primi sette mesi della presidenza Milei. Secondo alcune stime, gli argentini detengono in nero risparmi per 258 miliardi di dollari.
Il lusso europeo va in crisi
Grazie ai ricchissimi fatturati assicurati da vestiti, gioielli e borse, il settore del lusso è stato considerato a lungo la risposta europea ai colossi tecnologici statunitensi. Negli ultimi mesi, tuttavia, il valore di borsa delle sue aziende principali ha registrato un calo di circa 240 miliardi di dollari, segnale inequivocabile di una crisi profonda. Il britannico Burberry Group, che include il famoso marchio di giacche e giubbotti, ha perso il 70 per cento in borsa e non è più tra le principali cento aziende quotate alla city di Londra. La Kering, proprietaria della Gucci, e la Hugo Boss hanno perso metà del loro valore. La Kering, in particolare, è passata dal decimo al 23° posto nella classifica delle maggiori aziende quotate in Francia. Il gruppo Lvmh, un tempo la più grande azienda europea per valore di mercato, ora è retrocesso al secondo posto. In Svizzera i produttori di orologi hanno addirittura chiesto aiuti di stato per arginare il calo delle vendite. La causa principale, spiega Bloomberg, è il peggioramento della situazione economica in Cina. In passato gli eleganti negozi dei grandi marchi europei del lusso erano letteralmente invasi dai ricchi cinesi. Da un po’ non è più così: anzi, è probabile che quei tempi non torneranno presto. La Tiffany, uno dei marchi di punta della Lvmh, sta cercando di dimezzare la sua presenza a Shanghai, mentre i centri commerciali del lusso a Hong Kong, in passato la principale meta dei ricchi cinesi, ormai sono spesso vuoti. ◆
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