Nel maggio 2024 Nabarun Dasgupta, specialista in materia di droghe dell’università del North Carolina, negli Stati Uniti, ha esaminato i dati dei Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) e inizialmente è rimasto “scettico”. Le cifre indicavano che per la prima volta dal 2018, nel 2023 i decessi per overdose negli Stati Uniti erano diminuiti del 3 per cento rispetto all’anno precedente. Poi Dasgupta ha dovuto arrendersi all’evidenza: addirittura, secondo le ultime analisi dei Cdc pubblicate a novembre, tra il giugno 2023 e lo stesso mese del 2024 la riduzione dei decessi è stata del 14,5 per cento su tutto il territorio federale, per un totale di 96.801 morti per overdose contro i 113.154 decessi dell’anno prima. La crisi degli oppioidi devasta gli Stati Uniti ormai da vent’anni. In un primo momento il problema è stato legato all’esplosione del consumo di antidolorifici come l’ossicodone, venduti su prescrizione medica. Poi è arrivata l’ondata di eroina e infine quella degli oppioidi sintetici come il fentanyl, cento volte più potente della morfina. L’overdose da fentanyl oggi è negli Stati Uniti la prima causa di mortalità per le persone tra i 18 e i 45 anni.

La pandemia ha peggiorato la situazione. Nel 2021 i decessi per overdose sono stati per la prima volta più di centomila e nel 2022 sono saliti a 110mila. “Nel caso di un calo a due cifre non si tratta di un’anomalia statistica”, conferma Allison Arwady, direttrice del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo degli infortuni, un ramo dei Cdc.

La riduzione nel numero delle vittime è più consistente nell’est del paese (il North Carolina registra un calo vicino al 30 per cento), mentre nella parte occidentale la situazione è diversificata. In cinque stati i decessi sono in aumento. Secondo Arwady questo dipende dal fatto che la costa orientale è stata la prima a essere colpita dall’avvento del fentanyl e ha reagito prima che il fenomeno raggiungesse anche l’ovest.

Perché questa riduzione improvvisa e consistente? È possibile che sia migliorato l’accesso alle cure contro la dipendenza dagli oppioidi? La lotta contro i cartelli della droga è più efficace? I finanziamenti sono diventati più massicci? La Casa Bianca risponde affermativamente a queste domande e sostiene che il calo delle vittime sia il risultato della politica condotta dal presidente uscente Joe Biden negli ultimi quattro anni.

Uno spray nasale

In un intervento online pubblicato a settembre, Dasgupta ha analizzato le argomentazioni proposte dalla comunità scientifica, che non ha ancora risposte esaurienti per la diminuzione delle morti da overdose. “Non c’è una spiegazione unica”, ha scritto Dasgupta prima di riconoscere che “forse non sapremo mai cosa ha provocato questo calo, né se sarà duraturo. Su un piano di politica federale è difficile capire quali iniziative funzionino, ma sul campo è evidente che ogni comunità – dipartimenti governativi, associazioni, assistenti sociali, medici che lavorano insieme – ha percorso una strada diversa verso il successo e che è lo sforzo collettivo a funzionare”.

Dasgupta cita come esempio il lavoro di Harm reduction Michigan, un’organizzazione attiva in uno stato dove secondo i Cdc c’è stato un calo del 21 per cento delle overdose letali. Harm reduction Michigan ha reso accessibile in gran parte gratuitamente il naloxone, uno spray nasale salvavita che neutralizza temporaneamente gli effetti di un’overdose da oppioidi dando ai soccorritori il tempo di assistere la vittima. Per favorire la diffusione dello spray, l’associazione ha riadattato i distributori di giornali che si trovano nelle strade di tutto lo stato. A ogni ora del giorno e della notte basta sollevare il coperchio del contenitore per procurarsi lo spray, senza timore di essere stigmatizzati.

“Abbiamo attivato il primo distributore nell’autunno del 2021 e già dalla primavera successiva abbiamo notato dei risultati”, dice Pamela Lynch, direttrice di Harm reduction Michigan. Da allora sono stati allestiti 165 distributori e altri 800 saranno installati nei prossimi due anni grazie a finanziamenti pubblici e privati. Vari stati hanno preso spunto dalla soluzione sperimentata in Michigan. Anche le campagne di sensibilizzazione contro i medicinali contraffatti e contaminati a base di fentanyl danno i primi risultati, spingendo molte persone a far esaminare le pillole di cui si servono. L’agenzia antidroga degli Stati Uniti (Dea) ha notato un cambiamento nella loro composizione: “I cartelli hanno ridotto la quantità di fentanyl nelle pillole, a causa della pressione che esercitiamo sulla loro attività”, ha detto il 15 novembre Anne Milgram, direttrice della Dea.

Sempre più spesso il fentanyl viene mischiato con la xilazina, un sedativo usato in veterinaria che può provocare gravi ulcere cutanee. “È probabile che l’offerta di droghe sia meno mortale, ma allo stesso tempo potrebbe produrre una maggiore morbilità”, spiega Maya Doe-Simkins, co-direttrice di Remedy alliance/For the peo­ple, una struttura che consente alle associazioni di accedere al naloxone a un prezzo ridotto. “Anche se il numero di decessi diminuisce, le sofferenze aumentano. In ventidue anni non ho mai visto così tante infezioni della pelle e dei tessuti molli, e tante amputazioni causate dalle piaghe”.

Continuità

Awardy invita tutti a mantenere alta l’attenzione, ricordando che negli Stati Uniti ogni anno muoiono quasi centomila persone per overdose. “C’è ancora molta strada da fare, soprattutto perché in alcuni stati e comunità i decessi non sono diminuiti”, spiega. Uno studio condotto dai ricercatori dell’università di Georgetown, a Washington, e pubblicato il 12 novembre, indica che in 22 stati sui 25 presi in esame le overdose letali sono diminuite tra i bianchi ma continuano ad aumentare nel resto della popolazione, soprattutto tra i neri.

Gli attivisti sul campo, gli esperti e i medici chiedono alla nuova amministrazione Trump, che si insedierà a gennaio, di proseguire nella stessa direzione di Joe Biden. Alcuni sperano in una continuità d’intenti, altri sono più preoccupati. In ogni caso, sottolinea Pamela Lynch, “nessun presidente, democratico o repubblicano, vorrebbe che le cifre aumentassero di nuovo durante il suo mandato”. ◆as

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Questo articolo è uscito sul numero 1592 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati