Il patriarcato non è morto. Questa è la prima lezione che possiamo trarre dalla vicenda di Gisèle Pelicot. Per un decennio un uomo, Dominique Pelicot, ha drogato la moglie e l’ha ripresa mentre la violentava e la faceva stuprare da sconosciuti. Cinquanta di quegli uomini oggi sono sotto processo insieme a lui. “È sua moglie, ne può fare quello che vuole”, ha detto un imputato. Il patriarcato non è solo la violenza, simbolica e fisica, che subiscono le donne; è anche la complicità tra gli uomini che ne abusano, sono le ricette di cocktail farmaceutici che si scambiano, è la loro connivenza nell’ingiuria sessista e le immagini che condividono come invito o ricordo.
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Hanno in comune solo l’essere uomini. Ma come non esiste il maschio assoluto, non esiste nemmeno la femmina assoluta. La dominazione maschile ha una storia, che oggi si scontra con il femminismo. Nel 2003 la prima inchiesta nazionale sulle violenze contro le donne dell’istituto francese di studi demografici rivelò che in alcune coppie, se era disoccupato, se aveva un livello d’istruzione o un reddito inferiori a quelli della donna “l’uomo cercava di assicurarsi una posizione dominante nella vita privata, anche ricorrendo ad atti di violenza”. Ma il problema non si limita al ribaltamento dei ruoli nella disuguaglianza. Riguarda anche la rivendicazione dell’autonomia: una donna che lascia il marito è più esposta alla sua violenza.
Dall’inchiesta emerge un quadro storico della dominazione, ho spiegato in Liberté, égalité, sexualité (Libertà, uguaglianza, sessualità, un libro di interviste scritto anni fa con Clarisse Fabre). “Accanto alla dominazione ‘tradizionale’” appare “una forma ‘moderna’ non più basata sulla perpetuazione di un ordine patriarcale millenario mai messo in discussione, ma al contrario come reazione alla fine di quest’ordine, messo in discussione dalla richiesta di libertà e di uguaglianza. Si potrebbe parlare di una dominazione ‘reazionaria’ e non più conservatrice”. Questo si ripercuote anche sul desiderio, come testimonia la presenza nel mondo della prostituzione di lavoratrici del sesso arrivate dai paesi dell’est e del sud. Quello che le rende desiderabili “è proprio la loro condizione di dominate, la loro sottomissione quasi assoluta”. Sono desiderate “perché non hanno diritti, nemmeno quello di parola, visto che alcune non sanno la lingua del paese dove sono arrivate. Questo desiderio di consumo di sesso può essere spiegato come la controparte della maggiore uguaglianza sessuale nelle coppie”. E questa prostituzione sarebbe “un rifugio per le frustrazioni moderne della dominazione maschile”.
Per puro piacere
Questo quadro storico-teorico chiarisce il ricorso, oggi molto diffuso, alla sottomissione chimica. Il 9 ottobre 2024 un uomo è stato condannato in appello per aver aggredito sessualmente e aver drogato la moglie tra il 2019 e il 2022. L’uomo ha cercato di giustificarsi così: “A casa nessuno mi dava retta; in quei momenti avevo l’impressione di controllare qualcosa”. Dominique Pelicot ha detto della moglie: “Era il contrario di mia madre, era un’indomabile ribelle”. E l’ha punita.
In un libro agghiacciante, Et j’ai cessé de t’appeler papa (JC Lattes, 2022), Caroline Darian, la figlia di Gisèle Pelicot, ha descritto la disuguaglianza che c’era nella coppia: “Mia madre aveva un lavoro stabile da dirigente. Questo le ha permesso di avere un alloggio aziendale in un quartiere esclusivo della periferia parigina”. Il marito invece, che aveva un diploma da elettricista e “rimpiangeva di non aver continuato gli studi”, si è lanciato in disastrosi progetti economici. Eppure c’è “un ulteriore grado di perversione: mio padre, che aveva sempre problemi di soldi, non ne guadagnava vendendo mamma. Agiva per il suo puro piacere”. Si divertiva a umiliarla, come per compensare la realtà sociale: “Puttana borghese”.
Ma una volta in pensione, lontana da Parigi e dai figli, Gisèle Pelicot è alla mercé del marito. Indebolita dalla droga e dalle violenze sessuali, dipende completamente da lui. Del resto la portata dell’indebitamento è stata rivelata con l’arresto del marito: la donna non controllava più nulla. È stata solo una questione di potere. Nel 2016 l’uomo aveva dipinto una donna nuda. Quattro anni dopo, distruggendo quel quadro con rabbia, la figlia ne ha scoperto il titolo: “Il potere”. Fa venire in mente La lettera rubata di Edgar Allan Poe. In quel caso la lettera era in bella mostra proprio nel corridoio della casa di famiglia. Il potere può anche essere espressione di debolezza. Quando nel 2020 è stato arrestato per aver filmato sotto le gonne di alcune donne, “faceva l’ingenuo, diceva di non aver fatto nulla”, ha racconto una delle donne che l’ha denunciato. “Aveva un atteggiamento da vittima”. La figlia l’ha affrontato apertamente: “Sei come Calimero, ti lamenti sempre”. “Non è giusto”, potrebbe essere anche il motto dei cosiddetti incel, cioè scapoli involontari, pieni di rabbia contro le donne che gli sfuggono. In realtà questi maschilisti desiderano delle “donne di Stepford”. Il riferimento è al romanzo La fabbrica delle mogli dello statunitense Ira Levin che nel 1972 immaginò questa favola graffiante sull’antifemminismo: negli Stati Uniti, in un ricco quartiere di periferia, gli uomini hanno escogitato come trasformare le mogli ribelli in bambole sottomesse.
È ovvio che non bisogna confondere il sesso e lo stupro. Per la vittima non è sesso, dato che è uno stupro. D’altra parte però lo stupratore ne gode. Le immagini del processo l’hanno dimostrato: è proprio la donna ridotta a oggetto che eccita questi uomini. Non si tratta quindi neppure di “stupro di circostanza”, ma di “miseria sessuale”. Molti di loro hanno anche fantasie pedofile. In questo caso si può osservare la differenza tra lo stupro “arcaico” e la sua versione “reazionaria” o “antimoderna”. Probabilmente l’assenza di consenso è in entrambi i casi il motore del desiderio. Ma la sottomissione chimica ci aggiunge l’incoscienza: quello che desiderano questi stupratori è il sesso “a sua insaputa”.
Nel modello del passato la donna che trema, grida o si dibatte è fonte di eccitazione; nel nuovo modello l’elemento eccitante è la sua passività. Non è scomparsa la violenza “arcaica” e nemmeno la dominazione “tradizionale”. Le due figure coesistono: onnipotenza e impotenza. Alla prima fanno riferimento “gli uomini della rue du Bac”, un gruppo di intellettuali ed esponenti del mondo dell’informazione e della cultura. Sono stati accusati di sevizie su minori, ma hanno goduto di un’assoluta impunità. L’inchiesta su di loro, pubblicata a giugno dal quotidiano Libération, è stata accolta da un silenzio sconcertante.
Il sentimento di impotenza è quello degli uomini comuni di Mazan, la cittadina della Provenza dove viveva Pelicot. Persone anonime di cui si conoscono l’età e la professione, che ora si ritrovano invischiate nel sistema giudiziario. Perché oggi la dominazione non riguarda più solo il potere assoluto, ma rientra nel desiderio di vendetta politica contro le richieste di emancipazione. Voler umiliare la moglie è un gesto antifemminista d’impotenza. C’è un dottor Jekyll diurno, che si adatta in apparenza alle norme di uguaglianza (a casa si occupa di tutto), e un mister Hide notturno, che gode degli atti imposti alla donna verso la quale dice di aver provato “solo amore”.
Gli psichiatri parlano di personalità scissa. In ogni caso, è una spaccatura politica della società: il risentimento sotto i buoni sentimenti. Certo, siamo lontani dal processo per stupro di Aix-en-Provence del 1978: “Fai l’amore e finisci in tribunale, ti rendi conto?”, disse allora un poliziotto. “Oggi facciamo fatica a immaginare la violenza di quel processo”, ricorda Agnès Fichot, all’epoca collaboratrice di Gisèle Halimi, l’avvocata delle vittime, e “tutto l’arcaismo fallocrate e patriarcale che conteneva”.
Oggi però la dominazione maschile non è scomparsa: si è ricostituita contro un ideale di democrazia sessuale. Invece di disperarci, proviamo a rovesciare la prospettiva: questo desiderio di sottomettere a ogni costo non è forse il sinistro rovescio dell’ascesa di un desiderio femminile, ma anche maschile, di uguaglianza e di libertà?◆ adr
Éric Fassin è un sociologo francese nato nel 1959. Ha insegnato negli Stati Uniti e in Francia. In Italia ha pubblicato Contro il populismo di sinistra (Manifestolibri 2019).
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Questo articolo è uscito sul numero 1590 di Internazionale, a pagina 50. Compra questo numero | Abbonati