La Cronologia del futuro lontano di Wikipedia è una delle mie pagine web preferite. È stata creata nel 2010 da un londinese di nome Nick Webb. “Alcuni eventi del futuro dell’universo possono essere previsti con un buon grado di accuratezza”, ha scritto. Webb ha proposto una lista cronologica di 33 di questi eventi, a cominciare dalla fusione di Asia e Australia tra quaranta milioni di anni. Da allora una comunità di 1.533 redattori ha allungato la lista fino a 160 eventi, compresa la morte termica dell’universo.

Come le migliori opere di fantascienza, la cronologia può offrire il brivido del sublime. Ci ricorda che anche gli elementi apparentemente più solidi del nostro mondo sono effimeri. Tra 1.100 anni l’asse della Terra punterà verso una nuova stella polare. Tra 250mila anni un vulcano sottomarino spunterà dal Pacifico, aggiungendo un’altra isola alle Hawaii. Nel milione di anni che la piramide di Cheope ci metterà a sgretolarsi, il Sole avrà completato solo un duecentesimo della sua orbita intorno alla Via Lattea, ma sarà entrato in un nuovo settore stellare. Le nostre costellazioni si deformeranno e poi svaniranno.

Alcuni elementi della cronologia sono più certi di altri. Sappiamo che la maggior parte degli animali sarà differente tra dieci milioni di anni. Sappiamo che i continenti si riuniranno lentamente a formare una nuova Pangea. L’Africa si schianterà contro l’Eurasia, chiudendo il bacino del Mediterraneo e facendo sorgere una nuova catena montuosa simile all’Himalaya attraverso la Francia, l’Italia e la Spagna. Tra quattrocento milioni di anni Saturno avrà perso i suoi anelli. La Terra avrà ricostituito le sue riserve di combustibili fossili. Probabilmente il nostro pianeta avrà anche subìto almeno un impatto capace di provocare un’estinzione di massa, a meno che i suoi abitanti non abbiano imparato a deviare gli asteroidi. Mano a mano che si va avanti gli eventi tendono a essere più incerti. Recentemente c’è stata una discussione sul momento in cui le forme di vita complesse non saranno più in grado di vivere sulla Terra. Gli astrofisici da tempo ritengono che tra circa mezzo miliardo di anni l’espansione del Sole accelererà. L’aumento delle sue radiazioni amplierà l’escursione termica giornaliera sulla Terra. I continenti si espanderanno e si contrarranno più violentemente, rendendo la crosta più fragile e innescando un processo meno spettacolare dell’impatto con un asteroide, ma molto più letale.

L’anidride carbonica si legherà ai minerali silicati esposti dalla frammentazione. I fiumi porteranno i carbonati così prodotti fino agli oceani, dove affonderanno. Tra circa un miliardo di anni così tanta anidride carbonica sarà finita sui fondali marini che nell’atmosfera ne rimarrà molto poca. La fotosintesi sarà impossibile. Le foreste e le praterie saranno scomparse. Alcune piante resisteranno, ma alla fine anche loro soffocheranno, rompendo la catena alimentare. Gli animali terrestri saranno i primi a sparire, gli invertebrati marini saranno gli ultimi. I microbi potrebbero sopravvivere per un altro miliardo di anni, ma l’era della vita complessa sulla Terra sarà finita.

Numeri ridicoli

Recentemente un gruppo di ricercatori dell’università di Chicago e dell’istituto Weizmann, in Israele, ha proposto un aggiornamento di questa parte cruciale della cronologia. In un articolo accettato per la pubblicazione dal Planetary Sciences Journal, sostengono che gli effetti della meteorizzazione dei silicati potrebbero essere stati sopravvalutati. Secondo loro tra un miliardo di anni potrebbe restare abbastanza anidride carbonica perché le piante possano svolgere la fotosintesi.

Ma questo non significa che dureranno per sempre. Anche se potranno continuare a respirare, il calore del Sole in espansione prima o poi ucciderà ogni forma di vita sulla Terra. La domanda è quando, e i ricercatori pensano che ci sia spazio per l’ottimismo. Alcune piante si sono già adattate al caldo estremo. In futuro potrebbero evolversi per sopportare temperature ancora più alte, e forse potrebbero vivere per altri ottocento milioni di anni. Tesi come questa sono ovviamente molto difficili da verificare. Ma in questo caso potrebbe esserci un modo. Gli astronomi vogliono usare la prossima generazione di telescopi spaziali per osservare le atmosfere dei cento pianeti simili alla Terra più vicini, cercando combinazioni chimiche che indicano la presenza della vita. In questo modo sperano di poter dire se la vita è comune nell’universo. Se gli umani continueranno a costruire telescopi più grandi, gli astronomi del prossimo secolo potranno esaminare molti più pianeti, compresi quelli che orbitano intorno a soli più espansi del nostro. Se nelle loro atmosfere, in condizioni simili a quelle della Terra del futuro, vedremo i segni della fotosintesi, potrebbe significare che le forme di vita simili alle piante sono più resilienti di quanto pensavamo.

Fino ad allora dovremo continuare a tenere d’occhio la cronologia del futuro distante. Qualche giorno fa l’ho visitata e ho scorso un miliardo di anni per controllare se era stata aggiornata. Poi ho continuato a scorrere, per ricordarmi come tutto andrà a finire. Sono arrivato a tre, quattro, cinque miliardi di anni nel futuro, quando la Via Lattea si sarà fusa con la galassia di Andromeda. La nuova galassia inghiottirà tutte le altre del nostro gruppo locale, tenuto insieme dalla gravità. Dato che l’universo si espande, qualunque cosa oltre questa nuova megagalassia si allontanerà fino a scomparire, lasciandola a galleggiare da sola come un’isola nel vuoto. Le più longeve delle sue stelle brilleranno di luce rossastra per migliaia di miliardi di anni. Alla fine si spegneranno, e resterà solo un buco nero. Anch’esso svanirà, ma dopo un periodo così lungo che esprimerlo in anni è ridicolo. Il numero è composto da centinaia di cifre.

È strano che gli esseri umani calcolino queste date di scadenza, non solo per la vita ma anche per le stelle e i buchi neri. Gli scienziati hanno perfino cercato di stabilire quando si esaurirà l’ultimo rimasuglio di energia nel cosmo. Queste previsioni non ci riguardano, e in un momento in cui esistono motivi ben più urgenti per preoccuparci, possono giustamente essere considerate una distrazione. Non ho nessun argomento efficace per controbattere, solo la vaga sensazione che ci sia qualcosa di nobilitante nel cercare di far entrare queste immensità di spazio e tempo dentro i nostri piccoli e fragili cervelli di mammiferi. ◆ gac

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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 104. Compra questo numero | Abbonati