“Le grida degli innocenti ci perseguiteranno per sempre se restiamo in silenzio”. Sono le parole del primo ministro irlandese Leo Varadkar, intervenuto il 13 marzo a un evento a Boston sul devastante assalto di Israele alla Striscia di Gaza (il 20 marzo Varadkar ha annunciato le sue dimissioni per motivi politici e personali, ndr). E chi potrebbe non essere d’accordo? Quello che sta avvenendo in Palestina è una delle più profonde e sconvolgenti catastrofi morali del nostro tempo.
Da mesi le forze militari israeliane bombardano la popolazione di Gaza, assediata, affamata e in gran parte senza casa, con incessanti attacchi aerei. Tagliati fuori dal mondo esterno, i sopravvissuti palestinesi sono costretti a documentare la crisi in tempo reale, condividendo storie e immagini di fosse comuni ed edifici distrutti. E senza una fine all’orizzonte, gli Stati Uniti continuano a dare soldi e armi a Israele per prolungare l’assalto.
Il 17 marzo, in coda alla sua visita negli Stati Uniti, Varadkar è andato alla Casa Bianca per una foto con il presidente Joe Biden nel giorno della festa di san Patrizio (patrono dell’Irlanda). Nel loro incontro di due giorni prima si erano sicuramente scambiati parole preoccupate sulle difficoltà dei civili palestinesi, ma Varadkar era stato subito chiaro sullo scopo di quella conversazione: “Non sono qui per dirgliene quattro o per fargli le pulci. Non dimentichiamo che Biden è stato un ottimo amico dell’Irlanda”. Questo illustra perfettamente l’atteggiamento del governo irlandese verso la guerra di Gaza. Una critica forte e diretta è riservata allo stato di Israele, relativamente piccolo e sempre più isolato a livello globale. Gli Stati Uniti, invece – da cui arriva circa l’80 per cento delle armi importate da Israele, oltre a miliardi di dollari in aiuti – sono trattati come una terza parte neutrale e, naturalmente, un “ottimo amico”. In questo modo il governo irlandese può crogiolarsi nello splendore morale di condannare chi bombarda, mantenendo buoni rapporti con chi fornisce le bombe.
La vera portata
Ma quello che sta succedendo a Gaza non è solo una guerra di Israele: è una guerra degli Stati Uniti, e in particolare di Biden. Israele non potrebbe permettersi di portare avanti un assalto prolungato e ad alta intensità contro il popolo palestinese senza i soldi e le armi statunitensi. I sondaggi mostrano che la maggioranza degli statunitensi vuole un cessate il fuoco permanente; il sostegno di Biden a Israele sembra perfino danneggiare le sue possibilità di vittoria alle prossime elezioni. Eppure il presidente americano rifiuta di ascoltare i suoi elettori e ha ripetutamente aggirato il congresso per continuare a fornire le risorse su cui Israele fa affidamento.
I teorici del complotto possono continuare a immaginare che Israele eserciti una grande influenza sugli Stati Uniti, ma è vero il contrario: sono gli Stati Uniti a esercitare un enorme potere su Israele, e i precedenti presidenti sono stati pronti a usarlo. Negli anni ottanta, in risposta agli attacchi illegali di Israele all’Iraq e al Libano, Ronald Reagan li criticò pubblicamente e limitò anche gli aiuti e l’assistenza militare di Washington, contribuendo al ritiro delle truppe israeliane. All’inizio degli anni novanta George H.W. Bush usò gli aiuti statunitensi a Israele come merce di scambio nei negoziati internazionali. Se Biden si rifiuta di far leva sulle stesse risorse per spingere Israele ad adeguarsi alla politica statunitense, l’unica conclusione ragionevole è che questa guerra è già una politica statunitense.
Molti esperti di diritto internazionale descrivono la guerra di Gaza come un genocidio. Altri potrebbero unirsi a loro quando si capirà la sua vera portata di morte e devastazione. Da ottobre Israele non permette alle organizzazioni giornalistiche esterne di entrare nella Striscia, se non sotto stretta scorta militare. Nel frattempo, i giornalisti palestinesi dentro il territorio sono uccisi a un ritmo che fa pensare a dei bersagli intenzionali. Nel 2023 sono stati uccisi in tutto il mondo 99 giornalisti mentre facevano il loro lavoro; 72 erano palestinesi morti per mano di Israele. Il divieto di accesso ai mezzi d’informazione e la costante uccisione di reporter suggeriscono che c’è uno sforzo concertato per sopprimere i fatti.
Dall’inizio dell’assalto sono state sganciate sulla Striscia più di 65mila tonnellate di bombe di fabbricazione prevalentemente statunitense. Ogni nuovo attacco aereo fa piovere più devastazione, demolendo più infrastrutture, intrappolando più persone indifese sotto le macerie, infliggendo più ferite catastrofiche. Ogni morte si lascia dietro un dolore e uno strazio irreparabili. E ora, mentre Israele continua a bloccare il flusso degli aiuti, una carestia dolosa si sta diffondendo. Esseri umani stanno lentamente e atrocemente morendo di fame, non a causa del fallimento dei raccolti o di un disastro naturale, ma come risultato della politica intenzionale di Israele e degli Stati Uniti.
Il bilancio ufficiale delle vittime ha superato i trentamila morti. Per quanto orribile, questo dato è probabilmente inferiore a quello reale. Il ministero della sanità di Gaza, basandosi su cifre provenienti da ospedali e obitori stracarichi, forse non è riuscito a tenere il passo con il ritmo della distruzione. Di fatto, non sappiamo quanti palestinesi siano stati uccisi da Israele dall’ottobre del 2023. Ma sappiamo che ognuna di queste uccisioni è stata finanziata e sostenuta dal nostro “ottimo amico” alla Casa Bianca. Mentre preparavo questo articolo ho visto le foto di una delle poche strutture di assistenza dell’Onu rimaste a Gaza colpita da una bomba, un giorno dopo che le coordinate del centro erano state condivise con le forze armate israeliane; le immagini delle ossa sporgenti di un bambino palestinese emaciato; le macerie del castello di Barquq, risalente al trecento, irrimediabilmente demolito dalle bombe; e i soldati israeliani che posano allegri con la biancheria intima di donne palestinesi sfollate o massacrate.
A questo mosaico di depravazione morale potremo presto aggiungere una foto di Biden e Varadkar che sorridono davanti alla consueta ciotola di trifoglio irlandese. Una scena che – per usare le parole di Varadkar – “ci perseguiterà per sempre”. ◆ dl
Sally Rooney è una scrittrice irlandese. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Dove sei, mondo bello (Einaudi 2022).
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Questo articolo è uscito sul numero 1555 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati