Alla fine di ottobre la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha formato un governo di coalizione inserendo ufficialmente l’Italia nella lista sempre più lunga di paesi europei guidati da populisti di estrema destra. Raccontando l’ascesa al potere di Meloni, la maggior parte dei giornali italiani e internazionali è comprensibilmente concentrata sulla sua apparente ammirazione per il dittatore Benito Mussolini e per il primo ministro ungherese di estrema destra Viktor Orbán, oltre che sulla vicinanza tra i leader della sua coalizione e la Russia di Vladimir Putin. Ma ora che il governo Meloni è in carica è arrivato il momento di concentrarsi anche su chi dovrebbe guidare l’opposizione contro l’esecutivo più di destra in Italia dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Con un centrosinistra diviso e in perenne crisi, nessun leader sembra lontanamente capace di fare un’opposizione efficace contro il governo. Ma in parlamento c’è qualcuno che potrebbe rivitalizzare la sinistra italiana e creare una forza in grado di rappresentare una sfida credibile per Meloni: il sindacalista Aboubakar Soumahoro.
La sinistra deve riuscire a recuperare un “rapporto emotivo con la società”
Soumahoro, quarantadue anni, è nato in Costa d’Avorio ed è arrivato in Italia nel 1999, a diciannove anni, in cerca di una vita migliore. Dopo un periodo in cui è stato costretto a dormire per le strade di Roma, Soumahoro è riuscito a superare molti degli ostacoli che devono affrontare i migranti che arrivano in Italia, diventando cittadino italiano e laureandosi in sociologia all’università di Napoli.
Braccianti sfruttati
Pochi anni dopo il suo arrivo in Italia, Soumahoro ha deciso di aiutare gli immigrati senza documenti, concentrandosi sulla lotta contro lo sfruttamento dei braccianti. In seguito ha fondato un sindacato che rappresenta i lavoratori agricoli, organizzando una serie di proteste contro il caporalato, il reclutamento illegale dei braccianti gestito dalle organizzazioni criminali. Queste esperienze lo hanno aiutato a capire che le politiche contro l’immigrazione danneggiano non solo i migranti ma tutti i lavoratori, incoraggiandolo a intraprendere la carriera politica.
Alle elezioni del 25 settembre scorso Soumahoro è stato eletto alla camera nelle liste dell’Alleanza verdi e sinistra. È l’unico deputato nero in un parlamento dominato dai nazionalisti di estrema destra. Nel suo primo discorso Soumahoro ha ricordato le sue radici e ha fatto presente a Meloni che “italiani si nasce ma anche si diventa”, ribadendo l’intenzione di usare la sua nuova carica per difendere i poveri e gli emarginati.
C’è un aspetto che distingue Soumahoro dagli altri parlamentari di sinistra e lo rende il candidato perfetto per guidare l’opposizione contro il governo: non solo è un sindacalista di successo e un attivista che incarna tutto ciò che l’esecutivo combatte e vorrebbe distruggere, ma sembra consapevole del fatto che il populismo potrebbe rivelarsi una risorsa per combattere il fascismo in Italia.
Il populismo di destra
Tra la fine del novecento e l’inizio degli anni duemila, in tutta Europa sono emersi governi tecnici nati per difendere lo status quo neoliberista dalle minacce delle ideologie di destra e di sinistra. Allo stesso tempo nel continente si sono affermati diversi movimenti populisti contrari alle politiche dei governi lontani dalla realtà e responsabili di un aumento senza precedenti della disuguaglianza sociale ed economica. Il populismo, una strategia politica che consiste nel coinvolgere il popolo sfruttandone le paure, le frustrazioni e i desideri, si è dimostrato efficace in molti contesti, soprattutto perché offriva il ritorno di una politica in cui i leader creano un rapporto diretto e personale con le masse.
La classe dirigente neoliberista ha attaccato qualsiasi populismo, sia di destra sia di sinistra, accusandolo di essere antidemocratico e dannoso per gli interessi degli europei. Ma in sostanza il populismo non è né antidemocratico né dannoso per gli interessi della popolazione. Al contrario, è stato sempre un elemento chiave della politica democratica. Oggi, nell’epoca dei social network, il populismo sembra produrre risultati più rapidi e convincenti rispetto al passato.
Quindi non bisogna chiedersi se nella politica democratica ci sia spazio per il populismo, ma quale genere di populismo vorremmo vedere dominare la politica: quello di destra di Marine Le Pen e Viktor Orbán, che cercano d’indirizzare la rabbia delle masse contro i migranti; o quello di sinistra di Jean-Luc Mélenchon e Bernie Sanders, decisi a creare un fronte unito contro le multinazionali e le altre forze distruttive generate dalla globalizzazione neoliberista.
L’establishment neoliberista che ha spinto il mondo verso la crisi in cui si trova oggi non riuscirà a contrastare l’ascesa del populismo di estrema destra attraverso le sue politiche, che rafforzano la disuguaglianza e alimentano la polarizzazione. Forse, allora, l’unico modo di scongiurare il ritorno del fascismo attraverso il populismo di estrema destra in molti paesi occidentali è sostenere i progetti populisti di sinistra che si oppongono sia al fascismo sia al neoliberismo.
In Italia il percorso auspicabile per neutralizzare il populismo di estrema destra di Meloni, che presenta gli immigrati, le persone della comunità lgbt+ e le femministe come nemici dei veri italiani, passa dal populismo di sinistra. E Soumahoro sembra esserne perfettamente consapevole.
Il sindacalista non solo parla a nome dei poveri e degli emarginati, ma con una spinta realmente populista invita gli italiani a riscoprire il legame emotivo con la politica, la cui scomparsa è uno dei principali motivi della crisi delle democrazie rappresentative e dei politici tradizionali.
Nel suo libro Umanità in rivolta (Feltrinelli 2019), Soumahoro illustra i princìpi ideologici del suo progetto politico, sottolineando che il legame tra il lavoro, la felicità e la nostra condizione esistenziale potrebbe mobilitare i lavoratori e le lavoratrici che non sono retribuiti in modo adeguato e unirli all’interno di un movimento di sinistra. Secondo l’autore questo legame può essere stabilito solo se la sinistra riuscirà a recuperare un “rapporto emotivo con la società”.
Nei suoi discorsi Soumahoro difende spesso i lavoratori sfruttati e si fa portatore delle preoccupazioni dei cittadini. Inoltre, ricorre a gesti simbolici per stabilire un legame con il popolo. Per esempio in occasione della sua prima giornata da parlamentare ha indossato stivali infangati per ricordare le sue origini umili come bracciante agricolo e sottolineare la sua vicinanza alle difficoltà dei lavoratori italiani.
Nonostante il desiderio di creare un rapporto personale con l’elettorato, Soumahoro non ama parlare di sé, sottolineando che è più importante parlare di “noi”, e spiegando di considerare la politica italiana troppo concentrata sulle personalità. Con “noi” il sindacalista intende non solo i lavoratori, le lavoratrici e i migranti (quelli a cui si sente più vicino), ma tutti i gruppi che potrebbero essere colpiti dall’attuale governo, come le femministe, gli ambientalisti e la comunità lgbt+.
Secondo Soumahoro la politica basata sullo slogan della destra “prima gli italiani” è il risultato della manipolazione della crisi dei migranti a fini elettorali, un metodo destinato a fallire perché “pensare prima agli italiani non servirà a strappare alla povertà 5,6 milioni di cittadini”. Soumahoro non intende limitarsi a contrastare Meloni e ribadisce la necessità di analizzare come la sinistra italiana sia arrivata a ignorare i problemi di diversi lavoratori, dai braccianti ai collaboratori domestici, ai fattorini. La sinistra, spiega Soumahoro, “è rimasta intrappolata nella logica della convenienza politica. Ma è la logica sbagliata. Non dovremmo cambiare le cose per conservare il potere, ma conservare il potere per cambiare le cose”.
Oggi l’Italia ha un bisogno disperato di un’opposizione che sappia contrastare le politiche nativiste di Meloni. E che soprattutto possa creare un legame con le masse, dando agli elettori un motivo per fidarsi nuovamente della sinistra. Soumahoro, sindacalista, migrante e politico di talento, in grado di capire il valore del populismo, sembra il più adatto a costruire questa opposizione. ◆ as
Santiago Zabala è professore di filosofia all’università Pompeu Fabra, a Barcellona.
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Questo articolo è uscito sul numero 1487 di Internazionale, a pagina 35. Compra questo numero | Abbonati