“Tutti sanno che sono la rapper che esprime la voce delle donne a ogni costo”, spiega con tono di sfida la rapper senegalese Sister LB. “Ci considerano il sesso debole, ma non è vero, siamo il sesso forte. Siamo noi a dare la vita. Se non amplificassi la voce delle donne, sarebbe come rinnegare la mia stessa voce, uccidere me stessa”.
Sister LB, 34 anni, vuole dare forza alle donne e denunciare le ingiustizie attraverso la sua musica. Oggi fa parte di una fiorente scena rap e hip hop femminile che in Senegal porta avanti la tradizione nazionale di una musica urbana radicale e socialmente consapevole.
Rapper da quando aveva tredici anni, Sister LB vive alla periferia della capitale Dakar. Nel 2019 ha pubblicato il suo primo singolo da solista, Ji gën. E in seguito ha deciso di restare indipendente per mantenere il controllo sulla sua carriera e assicurarsi che più voci femminili fossero ascoltate.
Interrogativi scomodi
Ji gën – che in wolof, la lingua parlata da più di dodici milioni di persone in Senegal, significa donna – afferma che la felicità di una donna è importante e che la sua vita ha un valore. Il suo ultimo singolo, Do xool, pubblicato a marzo del 2023, rifiuta l’idea maschilista e profondamente radicata nel paese secondo cui il ruolo delle donne è fondamentalmente quello di essere madri. “Le donne hanno la loro vita, hanno altre cose da fare. È qualcosa che tutti devono imparare a rispettare”, spiega Sister LB.
Per decenni la musica hip hop in Senegal ha lottato contro l’emarginazione e si è impegnata nella critica politica. Nel 2011 alcuni rapper e giornalisti hanno fondato il movimento Y’en a marre (Sono stufo) per protestare contro l’incapacità del governo e convincere i giovani ad andare a votare. Si ritiene che Y’en a marre abbia contribuito in modo decisivo alla sconfitta di Abdoulaye Wade alle elezioni presidenziali del 2012.
Da allora sono passati poco più di dieci anni e, nonostante le difficoltà economiche del paese, i rapper continuano a sollevare interrogativi scomodi sull’attività di chi è al potere e sul posto occupato dall’Africa nel mondo. Ma essere un rapper senza peli sulla lingua comporta qualche rischio. Per esempio, a gennaio di quest’anno il famoso rapper e produttore Nitdoff è finito in galera con l’accusa di aver diffuso notizie false durante un video in diretta su Facebook in cui criticava il governo.
“L’hip hop senegalese è impegnato nel sociale. È al servizio del popolo e soprattutto della democrazia”, spiega Lamine Ba, giornalista che si occupa dei paesi francofoni occidentali per la rivista online Music in Africa. E anche se continua a essere dominato dagli uomini, il numero delle artiste che si dedicano all’attivismo sta crescendo, osserva Ba.
Dj Zenya, 31 anni, sente come una responsabilità il fatto di unire la musica alla protesta. È impegnata nella campagna per chiedere la liberazione di Nitdoff e usa i social network per parlare di diritti delle donne e delle ingiustizie che affliggono il paese.
A giugno ha pubblicato un messaggio sulle manifestazioni seguite alla condanna del leader dell’opposizione Ousmane Sonko, in cui sono morte almeno sedici persone e altre cinquecento sono state arrestate.
“Sono una persona a cui non piacciono le ingiustizie e che ama il suo paese”, spiega. “Non me ne sto seduta con le mani in mano. Combatto per il Senegal”.
Dj Zenya dice che dall’inizio della sua carriera, nel 2011, ha visto crescere costantemente il numero delle donne nella scena hip hop, sia come artiste sia come appassionate. Ricorda che in passato l’ambiente era ostile alle ragazze. Erano in tanti a mettere in discussione le sue motivazioni. “Ma questo è quello che volevo fare fin da bambina”, spiega. E recentemente ha fondato un’organizzazione per formare altre donne che vogliono diventare dj.
Donne coraggiose
Lamine Ba racconta che dieci anni fa avrebbe saputo citare soltanto tre o quattro artiste con un seguito sostanzioso. Oggi sono almeno il triplo.
Il giornalista sottolinea che nei loro brani le rapper affrontano temi difficili come lo stupro, e questo mette a disagio il pubblico. “Si fanno carico di questi argomenti perché il movimento femminista globale sta finalmente prendendo piede in Senegal, soprattutto nella scena rap. Le artiste hip hop sono decise a cambiare per sempre il ruolo delle donne nella società senegalese”.
Secondo Ba stanno aumentando anche le rapper che decidono di parlare di speranza e giustizia sociale. “Vogliono che le cose nel paese cambino e che i senegalesi abbiano la possibilità di trovare un lavoro, soddisfare le proprie necessità e quelle della famiglia, viaggiare come tanti altri giovani di tutto il mondo. Insomma avere una vita migliore”.
Magui, 26 anni, è un astro nascente della scena rap femminile. Da ragazza è stata ispirata dal movimento Y’en a marre. “In Senegal l’hip hop è sempre stato considerato una musica schierata dalla parte del popolo, capace di denunciare i problemi e influenzare la politica”, spiega. “Quando c’è una necessità urgente cerchiamo di dire le cose come stanno e far capire che la misura è colma”.
Nel corso della sua breve carriera Magui ha toccato tasti come il ciclo mestruale e la violenza sessuale, praticamente tabù nel paese. L’anno scorso è stata nominata “donna dell’anno” dal sito Rap 221. Eppure continua a lavorare part-time per finanziare la sua attività musicale. Sottolinea che i genitori e in generale le vecchie generazioni sono ancora diffidenti nei confronti del rap. “Pensano che sia un mondo riservato agli uomini”, dice. “Ci sono stereotipi che riguardano bande e altri aspetti tossici. I valori conservatori e la realtà sociale del Senegal impediscono a molte ragazze di fare strada in questo settore”.
“Stiamo ancora combattendo per l’uguaglianza tra uomini e donne nell’hip hop”, aggiunge. “Sono sicura che ci arriveremo, anche perché il numero di artiste sta aumentando”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1525 di Internazionale, a pagina 72. Compra questo numero | Abbonati