Nel 1986 usciva il film High­lander. L’ultimo immortale. Interpretato da Sean Connery e Christopher Lambert, racconta la storia di personaggi che abitano il mondo da tempo immemorabile e che muoiono solo se decapitati da un loro simile. Devono combattere tra loro finché non ne rimarrà solo uno. La ricompensa è guidare il mondo in un’era di luce o di oscurità, a seconda di quello che preferisce l’immortale vincitore. La storia del pop degli ultimi quindici anni ricalca questa trama. Ai vertici dell’industria, una decina di artisti ha lottato per conquistare il dominio del pianeta. Dopo anni di battaglie, solo una cantante è rimasta in cima: è una ragazza statunitense di 34 anni nata a West Reading, in Pennsylvania. Si chiama Taylor Alison Swift e ha deciso di guidare il mondo verso un’era di luce. E l’ha fatto con tanta forza che rischiamo di rimanere accecati per sempre.

“Il suo successo non ha precedenti: dura da molto e lei domina la scena pop con ogni album”, dice lo scrittore W. David Marx, autore del saggio Status and culture (Viking 2022). “Swift è un simbolo del paradosso dei nostri tempi. Su internet viviamo vite frammentate, ma nel mondo reale quest’artista occupa una posizione centrale che rende la cultura di massa assai monotona”. Marx ritiene che Swift sia “troppo grande per fallire”, un concetto preso in prestito dall’economia, dove indica le istituzioni finanziarie che i governi non faranno mai fallire per evitare le ripercussioni devastanti di un loro crollo. Swift è esattamente questo: è il sistema, con i suoi punti di forza, le sue debolezze e le sue contraddizioni, e allo stesso tempo è quella che lo tiene in piedi. È una lavoratrice instancabile, intraprendente e onnipresente, al punto che sembra mettere alla prova i limiti del capitalismo saturandolo con la sua presenza. La responsabilità di sostenere la malconcia egemonia culturale statunitense ricade quasi tutta sulle sue spalle bianche. Taylor Swift è dappertutto. Tutto è Taylor Swift.

Il trionfo senza precedenti della cantante può sembrare, come sottolinea Eloy Fernández Porta, che nel 2010 ha pubblicato il libro Afterpop, il risultato di “un eccesso di musicisti affascinanti e misteriosi. C’era bisogno di una pausa e di una persona semplice, per quanto possa esserlo una star mondiale. Del resto siamo in una fase di recessione e di conservatorismo”. Il giornalista britannico Mark Simpson, che negli anni novanta aveva coniato il termine metrosessuale ed è un esperto di cultura lgbt, fa un ulteriore passo avanti: “Swift è la J.K. Rowling del pop. Nelle nostre vite ormai sature c’è spazio solo per un’autrice e una cantante, anche perché la musica e la letteratura non sono più importanti come un tempo”.

Ma non avevamo detto che la statunitense rappresentava il trionfo della luce sulle tenebre? Per esserne sicuri bisogna avvicinarsi alla luce, perché a differenza di quasi tutte le grandi star del passato e dei prodotti di consumo di massa, l’autrice di Shake it off da lontano può non convincere tutti, ma da vicino funziona benissimo. È l’unico prodotto del supermercato che, dopo aver letto l’etichetta, si ha ancora voglia di mangiare.

A caccia del biglietto

Sotto un sole cocente, tre ragazze di circa quindici anni reggono dei cartelli chiedendo dei biglietti per il concerto di Taylor Swift davanti alla Défense Arena a Parigi, in Francia. Nessuna di loro era ancora venuta al mondo quando l’artista ha pubblicato il suo omonimo album di debutto nel 2006. La percentuale di fan nati intorno all’uscita del terzo o addirittura del suo quarto disco è alta. È una cosa che capita facilmente a un concerto dei Rolling Stones o di Bruce Springsteen, ma è più raro nel caso di un’artista di 34 anni, che oltretutto non fa musica per bambini.

Quella di oggi 10 maggio 2024 è la seconda delle quattro date parigine del tour europeo di Swift, e si tiene in questo impianto da quarantamila posti. Tutti i biglietti dell’Eras tour (la tournée mondiale dell’artista ripercorre le tappe della sua carriera suonando brani estratti da ogni suo disco) sono esauriti da tempo, come sa chiunque non abbia trascorso l’ultimo anno in una prigione nordcoreana. Sui volti delle ragazzine si legge un misto di agitazione e disperazione. Una è la figlia di Ramtin, un allenatore tedesco di 54 anni, le altre due sono compagne di scuola. C’è una seconda figlia, più giovane, che osserva da lontano. È una fan di Beyoncé. “Ho comprato due biglietti sul circuito del secondary ticketing (un mercato di biglietti parallelo a quello autorizzato, che si svolge soprattutto su internet) per mia moglie e mia figlia”, dice Ramtin. Ha pagato 700 euro con la carta di credito, ma i due tagliandi non gli sono ancora arrivati. Ogni tanto qualcuno si ferma davanti alle ragazze, e loro chiamano la madre. Le trattative si bloccano varie volte, finché non arriva una famiglia statunitense che gli vende i biglietti per 150 euro a testa. Sollevato, Ramtin offre a tutti una birra. La figlia maggiore piange per l’emozione. “Ora vediamo se mi arrivano gli altri due. Se ci hanno fregato, ce ne staremo seduti in questo bar e guarderai tuo padre che beve birra per tutto il pomeriggio. Se invece abbiamo i tagliandi, entreremo anche noi. Non siamo fan, ma conosciamo le canzoni a memoria”, dice alla figlia che preferisce Beyoncé. “Nel 1992 ho visto Michael Jackson e non c’è paragone con questa follia”, ammette. La figlia maggiore piange ancora dalla gioia.

Taylor Swift agli Mtv video music awards a Newark, Stati Uniti, agosto 2019 (Kevin Mazur, WireImage/Getty)

Secondo i mezzi d’informazione francesi un partecipante su quattro a questi concerti parigini è statunitense. Sembra che molti abbiano scelto di venire in Europa per vedere la cantante nata in Pennsylvania, perché qui i biglietti sono più economici rispetto agli Stati Uniti, dove non ci sono limiti per i prezzi di rivendita. È già successo in inverno, in occasione dei concerti in Giappone (e il New York Times ha raccontato lo scontro culturale tra l’armata passionale di fan statunitensi e l’educato pubblico locale).

L’ultima data in Giappone cadeva alla vigilia del Super bowl, un evento a cui ­Swift si è presentata per veder vincere il suo compagno Travis Kelce, il giocatore dei Kansas City Chiefs. Quando si è saputo che lo show a Tokyo e la partita di football americano a Las Vegas si sarebbero svolti solo a un giorno di distanza, il mondo è rimasto con il fiato sospeso temendo che l’autrice di Cruel summer (estate crudele) non facesse in tempo a tornare in patria.

L’ambasciata giapponese negli Stati Uniti ha perfino rilasciato una dichiarazione in cui spiegava che il viaggio era possibile e che le autorità di Tokyo avrebbero fatto di tutto per agevolarlo.

Kelce si presenta a Parigi al quarto concerto di Swift, quello del 12 maggio. Balla accanto alla modella Gigi Hadid e all’attore Bradley Cooper. Come aveva già fatto a Buenos Aires, la cantante gli rende omaggio citandolo nel testo di Karma, il brano di chiusura dello show, e sfoggiando i colori della sua squadra nella parte dedicata all’album 1989.

Taylor Swift agli Mtv Europe music awards a Düsseldorf, in Germania, novembre 2022 (Kevin Mazur, WireImage/Getty)

Tutte le novità dello spettacolo sono raccontate in tempo reale sui social media, al punto che X, già dopo il primo concerto di Parigi, è sommerso dai nuovi costumi e dalle canzoni aggiunte alla scaletta. Account su TikTok e Instagram condividono in streaming l’intero concerto dal cellulare, tenuto in alto con la mano per tre ore.

A ognuno la sua era

Davanti alla Défense Arena una fan colombiana mi suggerisce l’account di una statunitense che sta trasmettendo lo spettacolo in diretta e finisco per guardarlo con altre 85mila persone, nella catarsi collettiva più strana e solitaria che abbia mai sperimentato.

Ogni tanto si sente anche parlare spagnolo. Quando i biglietti sono stati messi in vendita, i fan di mezza Europa hanno cercato di comprarli in diverse città contemporaneamente, e il risultato è che quest’estate molte persone andranno a vedere Swift in posti in cui non avrebbero mai pensato di mettere piede. A Gelsenkirchen, per esempio, in Germania. Taylor Swift è come un nuovo Erasmus.

Juan Águila, un ventitreenne di Madrid, è per la prima volta a Parigi. Ha un account su Instagram seguito da 21mila persone dedicato a Taylor Swift. “Prima lei interagiva di più, ora si limita a postare annunci, e così usiamo i social per entrare in contato tra noi fan”, dice. Ha conosciuto la cantante con il disco 1989 e se n’è innamorato con Reputation, il suo album o la sua “era” preferita, “per l’amore che nutriva allora per Joe Alwyn e l’odio per i suoi nemici, Kim Kardashian e Kanye West”. L’unica cosa che non gli piace di lei è che “è molto capitalista”: “Cerca di spillarmi soldi mettendo in vendita migliaia di edizioni speciali dei suoi album. Ma la amo, è mia madre”.

Anche la pubblicitaria Myriam Cuervo è arrivata a Parigi da Madrid. Stanotte ha dormito all’aeroporto di Barajas perché il suo volo partiva prestissimo. Aveva già in programma di andare a Londra e a Edimburgo quando ha deciso di provare a capire se c’erano possibilità di aggiungere anche Parigi. In totale ha speso circa quattrocento euro di biglietti per i concerti di Swift, che ha la sua stessa età e che Cuervo segue dal 2007. La sua era preferita è quella dell’album Speak now. “È come se fossimo cresciute insieme. Sono sempre stata una sua fan”, spiega. “In realtà non ho rapporti con gli altri appassionati. Alcuni hanno atteggiamenti poco sani, e molti sono davvero giovani”.

Ad aprile Neil Tennant dei Pet Shop Boys, una band che ha piazzato 22 brani nei primi dieci posti della classifica britannica, ha parlato di Taylor Swift in modo non del tutto lusinghiero. “Quali sono le sue canzoni famose? Qual è la sua Billie Jean? È Shake it off? L’ho sentita l’altro giorno e non è esattamente Billie Jean, no?”. Tennant è stato subito preso di mira non solo dai fan più agguerriti, i cosiddetti swifties (circa 550 milioni di persone seguono la cantante sui social), ma anche dagli osservatori teoricamente neutrali che farebbero di tutto pur di non sembrare vecchi e che finiscono per difendere qualsiasi novità, che la capiscano o meno. L’aggressività dei swifties ha spinto un paio di pop star spagnole a non rilasciare dichiarazioni per questo articolo, “per non finire nei guai”. La rivista Paste ha deciso di pubblicare una recensione molto negativa dell’ultimo album della cantante, The tortured poets department, ma senza mettere il nome dell’autore. In un tweet il direttore della rivista ha giustificato l’anonimato spiegando che nel 2019, dopo la pubblicazione di una recensione che stroncava il disco Lover, la persona che l’aveva scritta era stata minacciata. “Swift è un prodotto accessibile per il suo pubblico, per lo più donne che s’identificano con il suo successo, la sua lotta e la sua brama di potere in quello che considerano un mondo di uomini. Il fatto che non sia un genio è un ulteriore vantaggio. Il suo più grande successo è avere successo”, dice il giornalista Mark Simpson, che a questo punto della sua vita non teme più nulla.

La formula del pop

Le affermazioni di Tennant e Simpson sono una rarità, non solo in riferimento a Taylor Swift: criticare le grandi star significa andare controcorrente in un’epoca in cui sembra che ogni successo sia indiscutibile e le argomentazioni si reggono sui numeri. Swift ha vinto quattordici Grammy e ha venduto 115 milioni di dischi: come può non essere la migliore? Questo clima, che ovviamente non è stato fomentato da lei, l’ha comunque aiutata a raggiungere lo status che ha oggi. È miliardaria solo grazie al fatturato della sua musica, nell’era dello streaming. Secondo stime fatte nel 2023 dalla rivista Billboard, guadagna tredici milioni di dollari a concerto, 65mila dollari per ogni minuto dei circa duecento che costituiscono lo show. Quest’anno passerà più di trentamila minuti sul palco. In termini capitalistici, Taylor Swift vale queste cifre perché le genera. Ma in termini artistici? Tennant potrebbe avere ragione sul fatto che la cantante non ha delle hit inattaccabili: nessuno va ai suoi concerti per ascoltare dei brani in particolare. La struttura stessa del tour, diviso in ere corrispondenti ai diversi album, favorisce l’idea che per lei tutti i figli siano uguali. O quasi. Il più giovane, The tortured poets department, nonostante sia quello che ha sollevato più dubbi tra i critici e i fan più adulti, sta per diventare uno dei preferiti, a giudicare dalla reazione del pubblico a Parigi e sui social media. Alcune settimane prima dell’inizio del tour, gli swifties si chiedevano quali canzoni avrebbe tolto dalla scaletta per far posto a quelle del nuovo album.

Gli album di Swift non vengono più anticipati dai singoli. Una scelta che in passato associavamo ad artisti più alternativi, che ai concerti costruivano faticosamente una scaletta senza per forza tenere conto dei successi dei loro lavori precedenti. Nessuno se ne andava arrabbiato da un concerto dei Velvet Underground perché non avevano suonato Sweet Jane.

Taylor Swift ai Grammy awards a Los Angeles, febbraio 2023 (Johnny Nunez, Getty per The Recording Academy)

Quindi cosa c’è di così coinvolgente nelle canzoni di Taylor Swift? Ha forse messo una sorta di droga nelle sue melodie, come lei stessa sembra suggerire in Who’s afraid of little old me, un brano del suo nuovo album? Guille Mostaza, musicista e produttore di Madrid, spiega: “Usa una formula molto specifica che funziona a meraviglia. Si attiene alle classiche strutture pop, come la tipica ABCABCDCC, dove A è la strofa, B il bridge, C il ritornello e D la conclusione. Con il passare del tempo abbandona la parte B e passa direttamente al ritornello. Credo che sia questo ad averla portata alla fama. Semplificare la forma delle sue canzoni l’ha fatta entrare più rapidamente in contatto con il grande pubblico. Per un certo tipo di ascoltatori, prima si arriva al ritornello, meglio è”, sostiene Mostaza. Poi aggiunge: “Gioca con la voce facendo coincidere le note più alte con l’inizio del ritornello, mentre nelle strofe usa un registro più basso per creare tensione. È come se caricasse il cannone prima di sparare. È un espediente efficace. A volte migliora questi trucchi eliminando chitarra, sintetizzatori e batteria per mettere l’accento sulla voce e fa entrare tutti gli strumenti insieme per far esplodere la canzone. È simile a un film ben montato che mantiene alta la soglia di attenzione dello spettatore”.

In effetti le melodie sembrano contenere una sorta di narcotico che le fa aderire alla corteccia cerebrale. “Questa canzone non riesco a togliermela dalla testa! Che ansia!”, esclama durante il concerto il fotografo del País, che non ama Taylor Swift ma che, dopo aver visto il film The Eras tour prima di partire per Parigi, continua a canticchiare I knew you were trouble. I testi non sono da meno: magari i bambini non imparano la lezione a scuola, ma conoscono per intero la versione da dieci minuti di All too well.

Ci sono perfino degli studi sulle parolacce che Swift inserisce nei suoi album: secondo la società di consulenza Ross Williams, il suo ultimo album ne contiene ben 45; in Red e Reputation ce n’erano solo tre. Incline alle confessioni e all’autoreferenzialità, la scrittura di Taylor Swift è un compendio di quasi tutti i sintomi e le tendenze dell’attuale letteratura di massa, dalla storia d’amore a fuoco lento fino all’autofiction. L’editrice e scrittrice Leticia Vila-Sanjuán osserva che “con l’evoluzione dello stile musicale nelle diverse ere, c’è stata anche un’evoluzione dei testi. Red o Reputation sono molto autobiografici. In Folklore, Evermore, Midnights e nel più recente The tortured poets department invece si percepisce una volontà d’inventare storie che vadano oltre l’universo di riferimenti personali. Penso che nei testi di Taylor Swift ci sia sempre una tensione tra la necessità di collegare tutto alla sua vita e il desiderio di maturare come artista e di scrivere storie diverse”.

Anche se definirla un’autrice femminista sarebbe un’esagerazione, Vila-Sanjuán nota un cambiamento nel modo in cui Swift affronta i suoi dilemmi sentimentali. “È consapevole del fatto che la maggior parte delle sue fan sono bambine, ragazze e donne, per lo più bianche, e ha saputo adattarsi. Come donna bianca famosa e millennial (la generazione nata tra il 1981 e il 1996), è passata naturalmente dal parlare delle rivali in amore a temi più adulti, concentrandosi sulla sua evoluzione personale, sull’idea di comunità e sull’amicizia femminile”. Come osserva Simone Driessen, che insegna comunicazione e cultura pop all’università Erasmus di Rotterdam, questo passaggio ha portato la cantante ad assumere il ruolo di “sorella maggiore” per molti fan. “È quello che chiamiamo un rapporto parasociale: ci si sente amici con l’artista, ma in realtà l’amore funziona solo in un senso, anche se l’impressione è che il sentimento sia davvero reciproco”, spiega Vila-Sanjuán.

Un giro tra le bancarelle

Sono quasi le dieci di sera del 10 maggio. Davanti alla Défense Arena restano solo pochi curiosi e alcuni fan intenti a fare acquisti alle bancarelle, che vendono magliette, spille e poster. Ci sono più di una decina di banchetti, sia dentro sia fuori dall’impianto. Restano aperti fino a mezzanotte. Una maglietta costa 45 euro, una felpa 65 euro. I disegni sembrano semplici, ma visto il successo, gli addetti al marketing guidati da Tree Paine, responsabile della comunicazione di Taylor Swift e forse l’addetta stampa più importante del mondo in questo momento (un suo ritratto è stato pubblicato sul numero 1563 di Internazionale), devono aver fatto un buon lavoro. L’anno scorso la prima parte dell’Eras tour, limitata agli Stati Uniti, si è conclusa con vendite di merchandising per 200 milioni di dollari. Alla fine la cantante ha distribuito 55 milioni di dollari in bonus tra i dipendenti.

Secondo la rivista Bloomberg, nel 2023 i concerti hanno fruttato 4,3 miliardi di dollari (circa quattro miliardi di euro) nelle 21 città statunitensi coinvolte (l’Eras tour prevede in tutto 152 date). Non sorprende quindi che la clausola inserita dalle autorità di Singapore, che impediva all’artista d’includere nel tour altri paesi del sudest asiatico, abbia provocato un conflitto diplomatico con la Malaysia e le Filippine, rimaste a bocca asciutta.

Taylor Swift è la prima grande artista a esibirsi al Santiago Bernabéu di Madrid dopo la ristrutturazione dello stadio. In due serate, il 29 e 30 maggio, nello stadio sono radunate circa 81mila persone.

Nel mese che ha preceduto lo sbarco dell’artista in Spagna, i fan club sono stati impegnati in attività che vanno dalla realizzazione degli ormai famosi braccialetti dell’amicizia – bracciali di perline con messaggi tratti dai testi della cantante o semplicemente con parole come “pace” o “amicizia” – ai brunch ispirati alle ere di Taylor Swift, come quello organizzato da Michelle Barroeta e Victorino Fernández, fondatori dello Swiftie club, uno dei più attivi e creativi tra quelli devoti alla cantante statunitense. Hanno scoperto Taylor Swift nel 2009, nel film di Hannah Montana. “Ormai siamo swifties da quindici anni e possiamo dire che Taylor ha sempre avuto una comunità di fan piuttosto grande”, spiegano, “soprattutto durante l’era di 1989, dieci anni fa. Ma chiaramente negli ultimi tempi i numeri sono esplosi. Probabilmente è successo alla fine del 2021, quando ha lanciato la sua nuova versione del disco Red (Taylor’s version), e molti fan hanno cominciato a unirsi alla comunità. Era un’uscita attesa per molte ragioni, soprattutto per la versione di dieci minuti di All too well, che aspettavamo da quasi dieci anni. Le nuove registrazioni (realizzate dopo che Swift si è riappropriata dei master delle registrazioni, alla fine di una lunga battaglia legale contro la sua ex casa discografica) hanno avvicinato i fan che non avevano prestato molta attenzione ai primi album. Poi c’è stato Midnights, nel 2022, che ha avuto grande successo”.

Non tutti sono d’accordo su quando Swift sia diventata il fenomeno attuale. La percezione che ha Leticia Vila-Sanjuán non coincide con quella dello Swiftie club. Di nuovo, il “per chi” è più importante del “quando” o del “come”. È il ventunesimo secolo. E non l’ha inventato Swift.

“Nel 2019 mi sono trasferita negli Stati Uniti. Era l’estate in cui ha pubblicato Lover, e nel paese aveva già un seguito molto consolidato, nessuno si vergognava di dire che gli piaceva Taylor Swift. Ma è stato durante la pandemia, quando ha collaborato con il gruppo alternativo The National per gli album Folklore ed Evermore, che i riconoscimenti sono aumentati. Swift ha capito che per sopravvivere oggi bisogna reinventarsi costantemente, e lei continua a capitalizzare l’effetto sorpresa”, dice Vila-Sanjuán. Quegli album pandemici lasciavano intravedere una cantante più folk e matura, ma alla fine si sono rivelati solo due gloriose strizzate d’occhio alla fascia più adulta del suo pubblico, senza scontentare per niente i più giovani, con un perfetto doppio carpiato mortale. È il momento del concerto in cui i cinquantenni cantano a squarciagola accanto ai loro figli o, peggio, accanto a qualcuno che potrebbe essere la loro figlia o il loro figlio.

Dentro l’arena politica

La parte europea del tour si concluderà a Londra il 20 agosto. La data successiva sarà il 14 novembre a Toronto, nove giorni dopo le elezioni presidenziali statunitensi, nelle quali, secondo diversi opinionisti, Swift potrebbe giocare un ruolo quasi decisivo. La cantante era entrata per la prima volta nell’arena politica il 7 ottobre 2018, annunciando in un post su Instagram che avrebbe votato per i democratici alle elezioni di metà mandato del mese successivo. Due anni dopo, nel documentario di Netflix Miss Americana, ha dichiarato di non poter più rimanere in silenzio sui temi politici vista la sua avversione per l’amministrazione Trump. Ora molti pensano che sia lei la migliore risorsa di Biden. Forse stiamo esagerando?

“Non è affatto un’esagerazione”, sostiene Ashley Hinck, docente di comunicazione alla Xavier university dell’Ohio e autrice di Politics for the love of fandom. (Lsu Press 2019). “Gli studi ci dimostrano che gli artisti hanno un potere enorme in politica. Quando parlano, i fan li ascoltano. Swift ha una base di appassionati numerosa e ha la capacità di mobilitarli”.

I numeri
I tour più redditizi della storia della musica pop, milioni di dollari (Fonte: The New York Times)

Driessen è d’accordo, e aggiunge che la cantante “ha già dimostrato di poter far salire il numero di giovani che si registrano per votare negli Stati Uniti. Ogni volta che parla di politica c’è un dibattito e ovviamente non mancano le teorie complottiste”. La sua posizione è così forte che, secondo Driessen e Hinck, lei non sembra più preoccuparsi del fatto che una parte del pubblico potrebbe abbandonarla perché non condivide i suoi ideali. Siamo arrivati a un punto in cui sembra quasi che Trump debba temere Swift più di Biden.

Così, nella presunta era della rivoluzione woke, delle guerre culturali e di altri concetti formulati dalla resistenza patriarcale per denunciare qualsiasi movimento di giustizia sociale minacci i loro valori, il più grande ostacolo al ritorno al potere dell’ex presidente è una cantante bianca cresciuta vicino a una piantagione per alberi di Natale in Pennsylvania e formatasi come artista country a Nashville. I repubblicani avevano l’occasione perfetta per assestare un colpo mortale a qualsiasi accenno di progressismo, piazzando una di loro come la più grande star del pianeta, un pianeta sempre più queer, sempre più multietnico e sempre più empio, dal loro punto di vista. Ma Swift è una ribelle. E, naturalmente, hanno paura.

David James Jackson, professore universitario ed esperto del rapporto tra celebrità e politica, conferma questa impressione: “I repubblicani sono molto spaventati dalla possibilità che Taylor Swift appoggi pubblicamente Biden. Sanno anche che, se lanciano una campagna contro di lei in questo momento, sono loro che hanno più da perderci”. Nel settembre 2023 il calciatore del Barcellona Alejandro Balde ha detto di non amare la musica della cantante statunitense. In quel periodo si stava votando per scegliere il miglior giovane calciatore d’Europa, e Balde era in testa. Gli swifties si sono mobilitati per sostenere Jude Bellingham del Real Madrid e punire Balde. Nel giro di ventiquattr’ore, Bellingham era in testa alla classifica.

Il giorno più bello

Álex è un fan di Taylor Swift, e Yeray di Ed Sheeran. Sono gemelli, hanno sedici anni e sono venuti a Parigi con i genitori dal piccolo comune spagnolo di Santo Domingo de la Calzada. Álex fa disegni della cantante e ha scambiato alcuni braccialetti dell’amicizia con una ragazza canadese in cima alla torre Eiffel; altri li ha barattati con delle ragazze francesi sotto l’arco di Trionfo e anche a Montmartre con una tedesca. La sua era preferita è Evermore. Un attacco di timidezza adolescenziale costringe il padre a fargli da portavoce.

Fidel Fuentevilla è un manager culturale e un giornalista, e anche un po’ swiftie. “Per mio figlio è stato il giorno più bello della sua vita. E lo show è piaciuto anche a me”. Hanno speso 160 euro in merchandising. “Sono orgoglioso che i miei figli non ascoltino reggaeton”, dice Fidel.

Questa spaccatura tra adolescenti fan di Taylor Swift e altri che preferiscono la musica latina torna quando parliamo con altri genitori. Tutti concordano sul fatto che la cantante statunitense sia uno spazio sicuro e quasi da sola sembra fare da contrappeso all’onnipresente suono urban (che mette insieme generi come rap, reggaeton e altri stili della musica nera, latina e caraibica), altrettanto commerciale ma più ribelle. Per questo è più facile trovare intere famiglie ai concerti di Swift, e i sacrifici per la prole sono meno faticosi.

“Odio i Chiefs, io sono dei Buffalo ­Bil­ls”, dice Scott, un canadese presente al secondo concerto a Parigi con una maglietta di Travis Kelce insieme alla figlia quattordicenne vestita da cheerleader. È la morte della ribellione adolescenziale? I figli non dovrebbero forse mettere a disagio i genitori con i loro album dei Sex Pistols che parlano di abolire la monarchia, o con Madonna che gioca con l’idea di andare a letto con Gesù Cristo? Non c’è dubbio. Ma, allo stesso tempo, chi può opporsi a una famiglia felice? ◆ fr

Strategie di difesa

◆ Nella carriera di Taylor Swift ci sono stati alcuni momenti complicati, nei quali si è scontrata con figure maschili della musica statunitense. Agli Mtv Video music awards del 2009 è stata umiliata in pubblico da Kanye West, che le ha tolto il microfono di fronte a tutti mentre riceveva il premio per il miglior video, dichiarando che quel riconoscimento sarebbe dovuto andare a Beyoncé. In seguito West ha anche pubblicato un brano, Famous, che conteneva frasi sessiste rivolte a Swift. La cantante gli ha risposto nel disco Reputation. Nell’agosto 2017 Swift ha portato in tribunale il dj radiofonico David Mueller accusandolo di molestie sessuali e vincendo la causa. Nel 2019 il manager Scooter Braun ha comprato i diritti della musica di Swift, che all’epoca aveva pubblicato sei album, cominciando a usarla senza il suo permesso. Swift è entrata in una disputa con Braun e la sua ex casa discografica, la Big Machine Records, cercando invano di riappropriarsi dei brani. Decisa a non arrendersi, Swift ha quindi registrato da capo tutti i primi sei album, usando i diritti di pubblicazione che aveva, per possedere lei stessa i diritti della sua musica. Vox


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Questo articolo è uscito sul numero 1568 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati