Secondo Amnesty international nel 2014 le condanne a morte sono aumentate del 28 per cento rispetto al 2013. Nel suo rapporto annuale pubblicato oggi l’organizzazione spiega che l’aumento è dovuto soprattutto a paesi come Egitto e Nigeria, dove l’instabilità politica e il conflitto interno hanno portato i governi a usare la pena di morte per contrastare la criminalità.

I dati che emergono dal rapporto:

  • In tutto il mondo alla fine del 2014 sono state condannate a morte almeno 19.094 persone.
  • Le esecuzioni sono diminuite, per un totale di 607 casi: il 22 per cento in meno nel 2013. La cifra però non comprende le condanne eseguite in Cina dove i dati sono coperti dal segreto di stato.
  • In Iran, Iraq e Arabia Saudita sono state eseguite il 72 per cento delle esecuzioni totali.
  • In Europa l’unico paese dove si eseguono condanne è la Bielorussia, eseguire condanne a morte con almeno tre fucilazioni nel 2014.
  • In Nigeria nel 2014 sono state emesse 659 condanne a morte, un aumento di oltre 500 rispetto alle 141 del 2013.
  • In Egitto, le condanne a morte nel 2014 sono state almeno 509, 400 in più rispetto al 2013. In due processi di massa, celebrati attraverso procedure inique, sono state emesse 37 condanne a morte ad aprile e 183 a giugno.
  • La pena di morte viene usata per minacce alla sicurezza interna: Cina, Pakistan, Iran e Iraq hanno eseguito condanne a morte per reati di terrorismo.
  • Arabia Saudita, Corea del Nord e Iran, i governi hanno continuato a usare la pena di morte come strumento per sopprimere il dissenso politico.
  • In molti paesi sono state usate vaghe definizioni di “reati” politici per mettere a morte reali o presunti dissidenti.
  • Questi i metodi usati nelle esecuzioni capitali: decapitazione (solo in Arabia Saudita), impiccagione, iniezione letale, fucilazione.

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