La polizia smantella le barricate a Bujumbura, in Burundi. (Goran Tomasevic, Reuters/Contrasto)

Il principale leader dell’opposizione burundese, Agathon Rwasa, ha chiesto di posticipare le elezioni politiche previste per il 5 giugno. “Nelle condizioni attuali, se le elezioni si terrano il 5 giugno, non sarebbero elezioni credibili, trasparenti, sarebbe una pagliacciata”, ha dichiarato Rwasa.

Le dichiarazioni di Rwasa fanno seguito alla fuga della vicepresidente della commissione elettorale del Burundi, Spes Caritas Ndironkeye, che ha lasciato il paese e si è rifugiata in Ruanda. Tecnicamente la commissione elettorale, formata da quattro o cinque membri può continuare a funzionare, ma non può prendere decisioni, e Ndironkeye non può essere sostituita prima delle elezioni legislative del 5 giugno.

L’episodio rimette in discussione la legittimità e la fattibilità delle elezioni legislative e presidenziali, ed è solo l’ultimo capitolo della profonda crisi politica che ha travolto il paese dopo che il 25 aprile il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato di voler correre per un terzo mandato consecutivo alle elezioni presidenziali del 26 giugno, candidatura che l’opposizione ha definito incostituzionale. Dopo l’annuncio l’opposizione è scesa in piazza in una serie di violente proteste e c’è stato un tentativo, fallito, di colpo di stato. Nelle proteste sono morte almeno 30 persone.

La corte costituzionale del Burundi ha decretato che la candidatura del presidente per un terzo mandato è legittima, ma uno dei giudici è scappato dal paese e ha raccontato che i magistrati della corte hanno ricevuto minacce di morte.

Un rapporto dell’organizzazione per i diritti umani, Human rights watch, ha denunciato l’eccessiva violenza usata dalle forze dell’ordine per reprimere le proteste. E il 28 maggio anche la chiesa cattolica burundese ha ritirato il suo appoggio alle elezioni presidenziali e parlamentari, dopo che diversi paesi europei tra cui Belgio e Paesi Bassi hanno dichiarato che avrebbero sospeso i finanziamenti destinati al paese.

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