Da due mesi il governo reprime con la forza le proteste di chi si oppone alla candidatura a un terzo mandato del presidente Pierre Nkurunziza. I partiti di minoranza hanno deciso che boicotteranno le elezioni politiche di domani e anche quelle presidenziali fissate per il 15 luglio.
Pie Ntavyohanyuma, presidente dell’assemblea nazionale del Burundi, seconda carica nel paese, si è rifugiato in Belgio, da dove ha denunciato la “forzatura” del presidente Pierre Nkurunziza, che si candida al terzo mandato alle elezioni presidenziali del 15 luglio. Domani, intanto, il paese va alle urne per rinnovare il parlamento e le amministrazioni locali. I partiti di minoranza hanno annunciato che boicotteranno in segno di protesta entrambi gli appuntamenti. Intanto, continuano gli scontri tra la polizia e oppositori al governo.
A Bruxelles, Ntavyohanyuma ha raggiunto il vicepresidente del suo paese Gervais Rufyikiri, che si era rifugiato lì dopo aver ricevuto minacce.
Quella appena trascorsa è stata una notte di scontri a Bujumbura, la capitale del Burundi, che domani va alle urne per eleggere il nuovo parlamento. Da due mesi il governo reprime con la forza le proteste di chi si oppone alla candidatura a un terzo mandato del presidente Pierre Nkurunziza. I partiti di minoranza hanno deciso che boicotteranno le elezioni di domani e anche quelle presidenziali fissate per il 15 luglio. Considerano che non ci siano le premesse perché si svolgano in modo regolare e trasparente.
Dal 26 aprile, quando Nkurunziza ha annunciato che si sarebbe ricandidato, più di 70 persone sono rimaste uccise durante le proteste. A questi si aggiungono le ultime tre, morte nei violenti scontri della notte scorsa. Due sarebbero civili, manifestanti dell’opposizione, uno ucciso da un colpo della polizia e l’altro dallo scoppio di una granata. Secondo il portavoce dell’esercito, la terza vittima era un soldato ucciso accidentalmente da un compagno.
I partiti di opposizione del Burundi hanno deciso di boicottare le elezioni parlamentari previste per lunedì 29 giugno e le elezioni presidenziali del prossimo 15 luglio. I rappresentanti dell’opposizione hanno presentato alla commissione elettorale una lettera firmata all’unanimità, in cui sostengono che non è possibile tenere elezioni giuste e trasparenti dopo le settimane di violente proteste contro la candidatura del presidente Pierre Nkurunziza a un terzo mandato. L’opposizione ha inoltre messo in dubbio la legittimità della commissione elettorale: due dei suoi rappresentanti sono fuggiti all’estero e al momento quindi è composta esclusivamente da persone fedeli al presidente.
La crisi politica in Burundi è scoppiata il 25 aprile, quando il partito al potere, il Consiglio nazionale per la difesa della democrazia-Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd), ha designato Pierre Nkurunziza come candidato alle elezioni, innescando le proteste dell’opposizione. Nelle violenze che hanno accompagnato le contestazioni sono morte almeno settanta persone, secondo una ong per la difesa dei diritti umani, e più di centomila sono fuggite nei paesi vicini, soprattutto Ruanda, Repubblica Democratica del Congo e Tanzania.
Nelle ultime settimane sempre più esponenti dell’opposizione e della società civile, giornalisti e dissidenti del partito al potere sono stati costretti ad abbandonare il paese. Il 25 giugno uno dei due vice presidenti, Gervais Rufyikiri, che si era opposto al terzo mandato, è fuggito in Belgio. Il 22 giugno inoltre quattro persone sono morte per lo scoppio di una granata. Circa duecento studenti che dall’inizio delle contestazioni erano accampati all’esterno dell’ambasciata degli Stati Uniti si sono rifugiati all’interno dell’edificio per sfuggire al tentativo di evacuazione della polizia.
In Burundi sono state uccise quattro persone e ferite almeno altre trenta, a meno di una settimana dalle elezioni legislative previste per il 26 giugno. Le vittime sono morte per l’esplosione di una granata nella città di Ngozi, a nord della capitale Bujumbura. Le elezioni presidenziali, dopo vari rinvii, rimangono confermate per il 15 luglio.
Dall’inizio di aprile, quando il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato la sua candidatura per un terzo mandato, almeno 70 persone sono rimaste uccise e 500 ferite nella capitale Bujumbura e in altre città del paese centroafricano. Secondo alcune ong, circa mille persone sono state arrestate e si trovano ancora in carcere.
Almeno 70 persone sono morte, circa 500 sono rimaste ferite e più di mille sono stte rinchiuse in carcere dalla fine di aprile in Burundi. Secondo l’Associazione per la tutela dei diritti umani e dei detenuti, la principale ong locale per i diritti dell’uomo, è il bilancio degli scontri tra il governo e gli oppositori che da due mesi protestano contro la candidatura a un terzo mandato del presidente Pierre Nkurunziza. La violenza degli scontri e la dura repressione della polizia avevano portato a rimandare di un mese le elezioni presidenziali, che dovrebbero tenersi a metà luglio e alla rinuncia del mediatore dell’Onu Said Djinnit, che non è riuscito a conciliare le posizioni di governo e oppositori.
“Dal 26 aprile abbiamo contato 70 morti, soprattutto per colpi d’arma da fuoco, ma anche granate. Si tratta in gran parte di civili, ma anche di poliziotti e soldati”, ha dichiarato il presidente dell’ong Pierre-Claver Mbonimpa. “Altre 500 persone sono state ferite e circa 50 sono ancora ricoverate in ospedale”.
L’inviato speciale delle Nazioni Unite nei Grandi Laghi, Said Djinnit, ha abbandonato il suo ruolo di mediatore nel dialogo tra governo e opposizione in Burundi, che punta a fare uscire il paese dalla crisi nata dalla contestazione contro la candidatura per un nuovo mandato del presidente Pierre Nkurunziza. Lo ha annunciato un portavoce dell’Onu.
Djinnit, del quale gli oppositori a un nuovo mandato di Nkurunziza avevano chiesto la sostituzione, “ha rinunciato al suo ruolo di mediatore nella crisi in Burundi”, ha dichiarato un portavoce della missione elettorale delle Nazioni Unite in Burundi, Vladimir Monteiro. Il portavoce ha chiarito che il diplomatico algerino manterrà invece l’incarico di inviato speciale Onu dei Grandi Laghi.
La commissione elettorale del Burundi ha proposto di rinviare il voto per le presidenziali al 15 luglio. Inizialmente le elezioni presidenziali erano previste per il 26 giugno e quelle politiche e amministrative per il 5 giugno. In base al nuovo calendario proposto dalla commissione elettorale, invece, le prime si dovrebbero tenere il 15 luglio e le seconde il 26 giugno. La presidenza dovrà dare il suo consenso.
Durante un vertice che si è svolto domenica 31 maggio a Dar es Salaam, i capi di stato e di governo della regione avevano chiesto un rinvio delle elezioni di almeno un mese e mezzo per cercare di trovare una soluzione alla crisi scoppiata in seguito alla candidatura del presidente Pierre Nkurunziza a un terzo mandato.
Le elezioni politiche e amministrative in programma il 5 giugno in Burundi sono state rinviate a data da destinarsi dalla Commissione elettorale indipendente (Ceni). Lo ha annunciato la presidenza della repubblica del paese africano.
Oltre alle politiche alle amministrative il calendario elettorale, che ora dovrà essere formulato di nuovo dalla commissione, prevedeva soprattutto lo svolgimento delle presidenziali il prossimo 26 giugno. La decisione dell’attuale presidente, Pierre Nkurunziza, di candidarsi per un terzo mandato nonostante sia vietato dalla costituzione ha scatenato forti proteste nel paese.
Il principale leader dell’opposizione burundese, Agathon Rwasa, ha chiesto di posticipare le elezioni politiche previste per il 5 giugno. “Nelle condizioni attuali, se le elezioni si terrano il 5 giugno, non sarebbero elezioni credibili, trasparenti, sarebbe una pagliacciata”, ha dichiarato Rwasa.
Le dichiarazioni di Rwasa fanno seguito alla fuga della vicepresidente della commissione elettorale del Burundi, Spes Caritas Ndironkeye, che ha lasciato il paese e si è rifugiata in Ruanda. Tecnicamente la commissione elettorale, formata da quattro o cinque membri può continuare a funzionare, ma non può prendere decisioni, e Ndironkeye non può essere sostituita prima delle elezioni legislative del 5 giugno.
L’episodio rimette in discussione la legittimità e la fattibilità delle elezioni legislative e presidenziali, ed è solo l’ultimo capitolo della profonda crisi politica che ha travolto il paese dopo che il 25 aprile il presidente Pierre Nkurunziza ha annunciato di voler correre per un terzo mandato consecutivo alle elezioni presidenziali del 26 giugno, candidatura che l’opposizione ha definito incostituzionale. Dopo l’annuncio l’opposizione è scesa in piazza in una serie di violente proteste e c’è stato un tentativo, fallito, di colpo di stato. Nelle proteste sono morte almeno 30 persone.
La corte costituzionale del Burundi ha decretato che la candidatura del presidente per un terzo mandato è legittima, ma uno dei giudici è scappato dal paese e ha raccontato che i magistrati della corte hanno ricevuto minacce di morte.
Un rapporto dell’organizzazione per i diritti umani, Human rights watch, ha denunciato l’eccessiva violenza usata dalle forze dell’ordine per reprimere le proteste. E il 28 maggio anche la chiesa cattolica burundese ha ritirato il suo appoggio alle elezioni presidenziali e parlamentari, dopo che diversi paesi europei tra cui Belgio e Paesi Bassi hanno dichiarato che avrebbero sospeso i finanziamenti destinati al paese.
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