L’abolizione delle sanzioni e dell’embargo petrolifero dovrebbe stimolare gli scambi commerciali dell’Iran con i vicini paesi del Golfo, ma secondo gli analisti potrebbe scatenare forti tensioni nell’ambito del mercato del petrolio.
Il 14 luglio l’Iran e le grandi potenze hanno concluso a Vienna un accordo sul nucleare iraniano che prevede una sospensione progressiva e reversibile dall’inizio del 2016 delle sanzioni economiche imposte a Teheran. A causa dell’embargo occidentale, le esportazioni dell’Iran sono crollate quasi della metà, passando da circa 2,2 milioni di barili al giorno nel 2012 a 1,2 milioni oggi.
Il calo della produzione iraniana è stato ampiamente compensato da quelle dell’Arabia Saudita, del Kuwait e degli Emirati Arabi Uniti, tutti membri dell’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec). Secondo le statistiche dell’organizzazione, la produzione del cartello è aumentata nello stesso periodo da circa 2 milioni a 15,9 milioni di barili al giorno.
A giugno il ministro iraniano del petrolio Bijan Zanganeh ha sottolineato che l’obiettivo del suo paese è tornare ai livelli di produzione precedenti all’embargo. Secondo Zanganeh, il suo paese potrebbe produrre mezzo milione di barili in più al giorno già un mese dopo la fine dell’embargo, arrivando a un milione nel giro di sei o sette mesi.
Gli economisti ritengono che il ritorno dell’Iran ai livelli produttivi di un tempo non dovrebbe avere un impatto immediato su un mercato saturo, perché sarebbe progressivo. Secondo l’organo di consulenza saudita Jadwa Investimets, nel quarto trimestre di quest’anno l’Iran potrà aumentare la sua produzione solo di 150mila barili al giorno. Teheran avrà bisogno di un periodo che va dai sei ai dodici mesi per adeguarsi a tutti i termini dell’accordo sul suo programma nucleare raggiunto con le potenze occidentali.
L’atteso aumento delle esportazioni di greggio iraniano arriva tuttavia in un momento in cui i produttori si stanno già contendendo le fette del mercato. Un possibile aumento della produzione libica e irachena rischia inoltre di complicare la situazione.
L’Arabia Saudita produce attualmente la quantità record di 10,3 milioni di barili al giorno e l’Opec ha superato di più di un milione di barili al giorno il suo massimale di produzione, fissato complessivamente a 30 milioni di barili al giorno. “Il vero problema sorgerà quando i membri dell’Opec cominceranno a battersi per le quote in un contesto di eccedenza di offerta”, prevede Jassem al-Saadun, direttore di Al-Shall, un ente di consulenza economica in Kuwait. “Se l’Iran, il Venezuela, l’Algeria e la Libia dovessero entrare in conflitto con i produttori del Golfo, per l’Opec sarà la fine”, continua.
Le monarchie del Golfo potrebbero utilizzare una parte delle loro riserve finanziarie, stimate attorno ai 2.500 miliardi di dollari, per investire in Iran, a condizione che i conflitti regionali siano tenuti sotto controllo. Saadun sottolinea che l’impatto positivo sul piano regionale della sospensione delle sanzioni sarebbe compromesso dal persistere dei conflitti in Iraq, Siria e Yemen e delle tensioni confessionali. “Le relazioni commerciali possono registrare un miglioramento per quanto riguarda gli Emirati Arabi Uniti, ma non credo che lo stesso potrà accadere con l’Arabia Saudita e il Kuwait se la situazione politica non migliorerà”, conclude.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo è apparso sull’Agence France-presse
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