Per quarant’anni Parigi si è portata dietro la vergogna di un incredibile atto di autosabotaggio. Il cuore della città non si è mai ripreso dalla distruzione dei padiglioni ottocenteschi del mercato in ferro battuto di Les Halles e dalla successiva creazione, al loro posto, di un soffocante snodo per il trasporto pubblico e lo shopping simile a un mostruoso pugno in un occhio con i vetri a specchio.
Dopo decenni di battibecchi culturali, proteste e strette di mano tra politici, la città sta finalmente cercando di fare ammenda. La prossima primavera, Parigi mostrerà una Les Halles totalmente ristrutturata, coronata da uno dei più ambiziosi progetti culturali del decennio: una gigantesca copertura di vetro ondulato che si estende per 2,5 ettari e che si spera possa, letteralmente, porre un tetto al problema.
Noto con il nome di Canopée (“Chioma”), l’enorme tetto ondulato è stato realizzato con 18mila pezzi di vetro a forma di scaglie sospesi grazie a settemila tonnellate di acciaio, con un costo di più di duecento milioni di euro. Il suo obiettivo è la creazione di un nuovo panorama nel centro della città.
In occasione della sua visita alla struttura nel pieno della frenesia per completare i lavori di ristrutturazione del valore di un miliardo di euro, prima dell’inaugurazione ad aprile, il sindaco della città Anne Hidalgo ha promesso che l’area un tempo definita una “catastrofe urbana” diventerà il “cuore pulsante” della capitale.
Ma sul sito pesa ancora una storia di errori e rimpianti.
La Parigi di Zola
A metà dell’ottocento l’architetto Victor Ballard creò quello che all’epoca venne salutato come un capolavoro di padiglioni in ferro battuto destinati a ospitare i mercati generali della città, descritti da Émile Zola come “il ventre di Parigi”. Tuttavia, i padiglioni furono rasi al suolo all’inizio degli anni settanta. Il gigantesco buco rimasto lì per anni era talmente surreale che il regista italiano Marco Ferreri lo utilizzò come scenario di guerra per Non toccare la donna bianca, la sua bizzarra farsa sulla resistenza del comandante del generale Custer.
Il sito divenne un immenso snodo del sistema di trasporti, con un’enorme intersezione della ferrovia suburbana e di linee della metropolitana da cui passano 750mila passeggeri al giorno. Stiamo parlando della più grande stazione sotterranea d’Europa, accompagnata da un gigantesco centro commerciale sotterraneo che ogni anno è frequentato da 37 milioni di persone.
Finora però il complesso è stato ritenuto sgradevole, orientarsi al suo interno era complicato al punto che parigini e turisti, potendo, se ne tenevano alla larga. La reputazione che lo voleva frequentato da piccoli spacciatori non ha fatto altro che peggiorare le cose.
L’architetto Patrick Berger ha garantito che sarà una nuova porta di ingresso per la città
Il rinnovamento mira a riconciliare la Francia con Les Halles ripensando completamente la stazione e il centro commerciale, a cui si aggiungerà un nuovo tratto di giardini, una biblioteca, un nuovo conservatorio per la musica e le arti e, cosa di fondamentale importanza, un centro unico per l’hip-hop.
Per Hidalgo il centro per l’hip-hop è decisivo. La maggior parte degli utenti di Les Halles provengono dalle banlieues. Sono soprattutto giovani di diversi segmenti del miscuglio sociale che compone la Francia e che non sempre si riflette nel centro della capitale. L’amministrazione comunale voleva includerli, non scacciarli. Les Halles è sempre stato un luogo di fioritura spontanea dell’hip-hop, in particolare della street dance nella stazione, perciò lo spazio disporrà di studi di registrazione, palestre per ballare e strutture dedicate alle arti che gli appassionati possono frequentare e usare.
“Tutti gli utenti delle linee ferroviarie suburbane che abitano o meno a Parigi dovrebbero avere la possibilità di venire qui e trovare un luogo in cui potersi esprimere”, ha affermato Hidalgo. “Quest’idea è dedicata a loro, Les Halles sarà un luogo di libertà lontano dalle costrizioni sociali dei complessi di case popolari”.
L’architetto Patrick Berger ha garantito che sarà una nuova “porta di ingresso per la città” e si è educatamente rifiutato di commentare gli errori del passato. “Per un architetto, le costrizioni possono trasformarsi in virtù”, ha dichiarato.
Il progetto è sottoposto a un attento esame. All’inizio alcuni architetti e urbanisti erano dell’idea che la cosa migliore fosse lasciare il piano della strada completamente aperto, un enorme spazio verde.
Albert Lévy, architetto e urbanista del Centro nazionale della ricerca scientifica, ha dichiarato al Guardian: “Mi sembra un progetto megalomane. Era davvero necessario costruire una copertura tanto costosa? È opinabile. Si sarebbe potuto trovare forse qualcosa di più leggero, più discreto, meno costoso e più aderente allo spirito di Baltard, a cui Napoleone III aveva chiesto di creare una copertura per il mercato leggera come un ombrello”.
Donato Severo, architetto e storico dell’università di Parigi, ha definito la distruzione dei padiglioni ottocenteschi “l’azione più violenta mai compiuta contro il patrimonio di Parigi”. Da allora in avanti, tuttavia, la città si è fatta estremamente attenta al suo patrimonio architettonico. “È difficile oggi immaginare una distruzione di quella portata”, spiega.
Secondo lui, la sfida più grande oggi è conferire a Les Halles una fluidità, far sì che sia più facile e meno disorientante camminarci dentro. “In ultima analisi”, dice, “questo è un tentativo di guarire una ferita che non si è mai rimarginata”.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano britannico The Guardian.
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