Si tratta di un ulteriore passo verso la conclusione di un definitivo accordo di pace, in cantiere da diversi anni. Nel quadro dei negoziati avviati a Cuba alla fine del 2012, il governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc, di ispirazione marxista) sono arrivate a un accordo sul progressivo disimpegno dei minorenni dalle forze della guerriglia.

Secondo l’accordo raggiunto dai due schieramenti, sostenuti dall’Unicef, i bambini sotto i 15 anni saranno i primi ad andare via. Per quelli che hanno tra i 15 e i 18 anni le modalità saranno decise entro poco tempo. In totale, questo accordo riguarderà diverse centinaia di ragazzi, tra cui tanti bambini-soldato impegnati in questo conflitto che dura da più di mezzo secolo. Nel corso degli ultimi 17 anni, circa seimila bambini hanno abbandonato la lotta tra le file dei gruppi armati. Tra di loro il 60 per cento proveniva dalle Farc.

Le promesse dello stato e dei guerriglieri

Secondo alcune stime il più importante movimento di guerriglia della Colombia conterebbe ancora oggi su quasi settemila combattenti. L’Esercito di liberazione nazionale (Eln), con il quale le trattative dovrebbero cominciare prossimamente, ne avrebbe 1.500.

Su Twitter il presidente colombiano Juan Manuel Santos ha parlato di un “accordo storico per sottrarre i bambini alla guerra”, e ha dichiarato che saranno restituiti alle loro famiglie prima possibile. “I diritti di questi minori saranno rispettati”, ha assicurato a sua volta il capo dei negoziatori delle Farc, Iván Márquez, precisando che seguiranno “programmi sociali ed educativi per evitare che si ripeta l’emarginazione sociale che li aveva spinti nei nostri accampamenti”. Una retorica sottile, usata per attribuire la responsabilità di questa situazione esclusivamente alle autorità.

Molte volte annunciata, molte volte rinviata, possiamo considerare la fine delle ostilità imminente? Sulla rivista colombiana Semana, il consigliere giuridico delle Farc, l’avvocato spagnolo Enrique Santiago Romero, si dice ottimista, e ritiene che entro la fine dell’anno ci sarà “una normalizzazione completa della vita politica”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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