Unesco e Israele divisi su Gerusalemme
Per Israele si tratta di un vero e proprio bacio di Giuda. Il consiglio esecutivo dell’Unesco riunito a Parigi ha ufficialmente adottato una risoluzione chiamata “Palestina occupata” che riguarda la città vecchia di Gerusalemme (che si trova a Gerusalemme Est, annessa nel 1967).
Una risoluzione che ha provocato la rabbia delle autorità israeliane. Per lo stato ebraico questo testo, sostenuto da diversi paesi arabi (Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar, Sudan) in nome della protezione del patrimonio culturale palestinese, nega il legame storico che unisce gli ebrei al Monte del tempio facendo riferimento a quest’ultimo solo con il suo nome arabo di Haram al Sharif (Spianata delle moschee).
La Spianata delle moschee, che gli ebrei chiamano Monte del tempio, situata dove un tempo sorgeva il primo tempio all’epoca del re Salomone (nel decimo secolo avanti Cristo), è il sito più sacro della religione ebraica e il terzo luogo più santo dell’islam dopo la Mecca e la Medina, ricorda i24news.
Solo gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Germania, l’Estonia, la Lituania e i Paesi Bassi si sono pronunciati contro la risoluzione, che era già stata votata una prima volta in commissione il 13 ottobre (24 voti favorevoli, sei contrari e 28 astensioni).
E se favorisse Israele?
L’Autorità Nazionale Palestinese si è detta soddisfatta per la decisione dell’agenzia delle Nazioni Unite e perché la risoluzione conferma che Israele è una “forza di occupazione”. A sua volta il rappresentante di Israele all’Unesco, Carmel Shama-Hacohen, ha cercato di fare buon viso a cattivo gioco, rallegrandosi per il cambiamento di posizione espresso dal Messico, che si è astenuto, e per la posizione del Brasile, che ha espresso alcuni dubbi sul linguaggio della risoluzione.
Su Newsweek Michael Rubin, un ex responsabile del Pentagono ed esperto di Medio Oriente, è molto critico nei confronti dell’Unesco, che per lui è “inquinata dall’odio politico” e quindi ha perso credibilità.
Per Daniel Gordis di Bloomberg, questa risoluzione, che segue la vecchia strategia seguita da Yasser Arafat (l’ex leader dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, morto nel novembre 2004), potrebbe in fin dei conti favorire gli interessi di Israele. A condizione però che la sua reazione rimanga misurata e non sproporzionata, cosa che finirebbe per aumentare il rifiuto della comunità internazionale nei confronti di Tel Aviv.
(Traduzione di Andrea De Ritis)