Questo articolo fa parte di una serie di Internazionale che spiega come funzionano le istituzioni dell’Unione europea, in vista delle elezioni del 26 maggio 2019.

L’euro è la moneta ufficiale di 19 paesi dell’Unione europea, che compongono la cosiddetta eurozona. Tutti i paesi dell’Unione europea sono tenuti ad adottare l’euro una volta che soddisfino determinati criteri. Solo la Danimarca e il Regno Unito hanno negoziato prima della creazione della moneta unica degli opt-out, cioè delle deroghe che li esentano da quest’impegno. Tuttavia i trattati non prevedono delle scadenze per l’adesione. In Svezia l’adozione dell’euro è stata bocciata con un referendum nel 2003. Bulgaria, Croazia, Romania e Ungheria hanno espresso l’intenzione di entrare nell’euro, ma non hanno ancora avviato la procedura. In Polonia e nella Repubblica Ceca gli attuali governi non sembrano invece intenzionati ad aderire alla moneta unica. In base a una serie di accordi bilaterali, l’euro è usato anche ad Andorra, Monaco, San Marino e Città del Vaticano, oltre che nei territori d’oltremare dei paesi dell’eurozona. Montenegro e Kosovo usano l’euro anche se nonfanno parte dell’Unione europea.

In totale, l’euro è usato come moneta principale da almeno 340 milioni di persone. La politica monetaria dell’eurozona è stabilita dal sistema europeo delle banche centrali, di cui fanno parte la Banca centrale europea e le banche centrali dei paesi membri.

Una moneta globale

L’euro è la seconda moneta più usata come riserva di valuta estera dopo il dollaro statunitense, con circa il 20 per cento del valore delle riserve mondiali. Dopo il 2008 la crescita della diffusione e del ruolo dell’euro come moneta globale è stata interrotta dalla crisi del debito.

La storia

Il primo passo verso la moneta unica fu compiuto nel 1979 con l’istituzione del sistema monetario europeo (Sme), che stabiliva dei limiti alle oscillazioni dei tassi di cambio tra le valute dei paesi della Comunità economica europea. Il sistema entrò in crisi nel 1992, quando la svalutazione dovuta a una serie di attacchi speculativi portò all’uscita della sterlina britannica e della lira italiana. Nel 1988 fu stilato il rapporto Delors, dal nome dell’allora presidente della Commissione europea, che stabiliva le tappe per la creazione dell’Unione economica e monetaria. Il piano prevedeva un percorso in tre fasi: nel 1990 furono eliminate le restrizioni alla circolazione dei capitali e fu creata l’Unità di conto europea (Ecu); nel 1994 fu creato l’Istituto monetario europeo, precursore della Banca centrale europea; nel 1999 entrò in vigore il patto di stabilità e crescita e furono stabiliti i tassi di conversione tra le monete nazionali e l’euro, che cominciò a essere usato come moneta “virtuale”. La moneta unica cominciò a circolare il 1 gennaio 2002 in dodici paesi: Austria, Belgio, Paesi Bassi, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo e Spagna. In seguito l’euro è stato adottato anche da Slovenia (2007), Cipro e Malta (2008), Estonia (2011), Lettonia (2014) e Lituania (2015).

I criteri di convergenza

Per aderire all’unione monetaria, i paesi dell’Unione europea devono rispettare una serie di criteri di convergenza, stabiliti con il trattato di Maastricht nel dicembre del 1991. I criteri sono:

  • Aver partecipato per almeno due anni al sistema di tassi di cambio fissi Erm II.
  • Il tasso d’inflazione non deve superare di più di 1,5 punti percentuali quello dei tre stati dell’Unione europea con i prezzi più stabili.
  • I tassi d’interesse a lungo termine non devono superare di più di 2 punti percentuali quelli degli stessi tre paesi.
  • Il deficit non deve superare il 3 per cento del pil.
  • Il debito pubblico non dev’essere superiore al 60 per cento del pil (i paesi che non rispettano questo criterio devono impegnarsi a ridurre il debito).

A valutare il rispetto dei criteri di Maastricht sono la Commissione europea e la Banca centrale europea, che ogni due anni pubblicano rapporti separati. I paesi che non rispettano i criteri di convergenza possono essere sottoposti a procedure d’infrazione.

Le riforme

In seguito alla crisi del debito scoppiata nel 2010, nell’eurozona è cominciato un ampio dibattito sulle riforme necessarie per rafforzare l’unione monetaria e gestire in modo più efficiente eventuali crisi future. I capi di stato e di governo stanno discutendo della possibilità di trasformare il Meccanismo europeo di stabilità, il cosiddetto fondo salvastati. La nuova struttura dovrebbe garantire interventi più rapidi, anche nell’arco di ventiquattr’ore. Un altro fronte riguarda le regole del sistema bancario. Infine si parla di un maggiore coordinamento dei bilanci dei singoli paesi. In quest’ambito è stata proposta anche l’introduzione di un bilancio comune dell’eurozona.

Questo articolo fa parte di una serie di Internazionale che spiega come funzionano le istituzioni dell’Unione europea, in vista delle elezioni del 26 maggio 2019. È uscito nel numero 1298 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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