L’ultima cava a Auchy-les-Mines, un paese nel nord della Francia, ha chiuso nel 1974, ma le sagome dei suoi cumuli di scorie si stagliano ancora in lontananza, al di sopra di pianure agricole. Testimoniano il passato di duro lavoro del bacino minerario, che un secolo fa dava lavoro a 130mila persone. Oggi il suo tasso di disoccupazione è dieci punti sopra la media nazionale, e una persona su cinque vive sotto la soglia di povertà francese di 1.100 euro al mese.

Una volta alla settimana Ma p’tite épice rit, un camioncino di volontari che distribuiscono cibo, si ferma vicino alla chiesa di Auchy-les-Mines per vendere generi alimentari scontati e vicini alla data di scadenza a chi vive con meno di dieci euro netti al giorno. Il camion serve circa cento residenti. “La gente qui è strangolata dalle spese della vita quotidiana”, dice un negoziante locale.

Lontana dai treni ad alta velocità e dai progetti più ambiziosi, Auchy-les-Mines appartiene a quella che gli analisti chiamano la Francia “periferica”. Peggy Belicki, che nel 2021 ha allestito il camioncino del cibo con mele, patate, cavoli e torte al cioccolato, si rivolge a tutti i tipi di persone, dai pensionati ai genitori single: “Offriamo una sorta di servizio di sostegno morale”. Per anni questa città operaia si è rivolta al Partito comunista (Pcf) per ricevere assistenza sociale e risposte ideologiche. Il sindaco, Jean-Michel Legrand, è stato eletto con il Pcf, come tutti i suoi predecessori da più di cinquant’anni.

Desiderio di cambiare
Eppure alle elezioni presidenziali del 2017 la più votata al primo turno è stata Marine Le Pen, nazionalista e populista di estrema destra. Al ballottaggio l’ha sostenuta il 65 per cento degli elettori. Solo il 35 per cento ha votato per Emmanuel Macron. Secondo i sondaggi, alle elezioni del prossimo aprile sarà lei la più votata dalla classe operaia al livello nazionale, nonché la candidata con più probabilità di sfidare Macron al ballottaggio.

Se sarà rieletto, Macron dovrà governare un paese abituato a riversare il suo malcontento nelle piazze

Con le sue promesse di tenere lontani gli immigrati e di diminuire il costo della vita, Le Pen si è creata una roccaforte in questa ex zona industriale nel nord della Francia, soprattutto tra gli elettori che una volta votavano per la sinistra. Le Pen occupa un seggio in parlamento, ottenuto in una circoscrizione del nord. E dal 2014 il suo Front national amministra il municipio della vicina Hénin-Beaumont, dove questa settimana è arrivato l’autobus della sua campagna elettorale.

In zone in crisi come questa, anche altri candidati approfittano del desiderio di un’alternativa al presidente in carica. Uno di questi è Jean-Luc Mélenchon, settant’anni, oratore dalla lingua affilata, rappresentante dell’estrema sinistra e alla sua terza candidatura presidenziale. Qui nel 2017, al primo turno delle presidenziali, Mélenchon aveva ottenuto il secondo posto. Un altro è Éric Zemmour, un polemista di estrema destra la cui ultima trovata è la “re-emigrazione”, che dovrebbe rimandare “a casa” un milione di immigrati.

Un paese diviso
In un recente giorno feriale, Emmanuelle Danjou, che lavora come responsabile vendite, distribuiva volantini a favore di Zemmour nelle cassette delle lettere di un quartiere di ordinate case a due piani. Il suo programma “è davvero incentrato su una riconquista del nostro paese. Abbiamo perso i nostri valori. Stiamo smantellando la nostra storia”, afferma Danjou. Zemmour “dice ad alta voce quello che molti francesi pensano in privato”. Anche Frédéric Dewitte, di un villaggio vicino, partecipa al volantinaggio. Prima sosteneva Le Pen, ma ora la trova “troppo di sinistra” e non abbastanza euroscettica. Zemmour, dice, è un “uomo di cultura” che forse potrebbe “salvare la Francia”.

L’antipatia per Macron non è universale ad Auchy-les-Mines. “Non ha avuto un compito facile”, dice un settantenne in piedi nel suo giardino. Sulla strada principale, dove il locale Best Kebab campeggia accanto a un’agenzia d’assicurazioni abbandonata, un altro uomo è d’accordo sul fatto che sia “ingiusto” giudicare il presidente troppo duramente, con la pandemia e la guerra in Ucraina. Ma l’amore nei suoi confronti è limitato. Macron “dà più valore alla globalizzazione e all’Europa che alla Francia”, dice Dewitte. Molte persone della zona pensano che abbia governato per i ricchi, non per quelli come loro.

Tutto questo conta per Macron. Non perché abbia bisogno dei loro voti: dai sondaggi emerge che il presidente uscente può battere facilmente qualsiasi potenziale rivale al ballottaggio. Ma se sarà rieletto, Macron dovrà governare un paese scontento e instabile, abituato a riversare il suo malcontento nelle piazze. Alcune delle sue proposte elettorali, presentate il 17 marzo, saranno contestate con forza. In particolare la promessa di aumentare l’età pensionabile da 62 a 65 anni. Macron ha buone possibilità di ottenere la presidenza e forse anche una nuova maggioranza alle elezioni parlamentari di giugno. Ma, come emerge a Auchy-les-Mines, governare una Francia divisa potrebbe essere ancora più difficile la seconda volta.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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