Il 23 luglio, in una votazione senza colpi di scena a causa dell’assenza di una qualsiasi opposizione credibile, il Partito popolare cambogiano (Ppc) di Hun Sen ha trionfato con l’82 per cento dei voti, aprendo la strada alla nomina di Hun Manet, figlio maggiore di Sen, in una catena di successione che secondo i critici ricorda quella del regime nordcoreano della famiglia Kim.
“Vorrei chiedere alla popolazione di mostrare comprensione davanti alla mia volontà di non essere nuovamente primo ministro”, ha dichiarato Hun Sen in un discorso trasmesso dalla televisione di stato, aggiungendo che a capo del governo arriverà suo figlio Manet, generale di 45 anni.
Limitato margine di manovra
Alla vigilia delle elezioni la libertà di espressione era stata pesantemente limitata con la chiusura di Vod, una delle ultime testate indipendenti; con la pesante condanna per tradimento inflitta a marzo al principale avversario di Hun, Kem Sokha, leader del Candlelight party (Konabaksa phleungtien), a 27 anni di prigione e agli arresti domiciliari, e con la modifica della legge elettorale per escludere di fatto gli oppositori in esilio dalle elezioni future: è il caso di Sam Rainsy, uno dei leader dell’opposizione attualmente in esilio, che è stato dichiarato ineleggibile per i prossimi 25 anni per aver invitato gli elettori ad annullare le schede nel voto del 23 luglio. Il Candlelight party, unico rivale credibile del primo ministro, è stato escluso dalle elezioni a poche settimane dal voto perché la commissione elettorale avrebbe riscontrato delle irregolarità nel processo di registrazione del partito.
Il Ppc dovrebbe conservare 120 seggi su un totale di 125 all’assemblea nazionale, mentre i restanti cinque seggi dovrebbero andare al piccolo partito conservatore e monarchico del Funcinpec, in passato al potere e oggi poco ostile nei confronti di Hun Sen.
Secondo il governo l’affluenza dell’84,6 per cento ha mostrato “la maturità politica” della Cambogia, ma le potenze occidentali come gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno dichiarato che il voto non è stato “né libero né equo”.
L’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani ha criticato il contesto “restrittivo” in cui si sono svolte le elezioni, denunciando le minacce e le intimidazioni di cui è stata vittima l’opposizione. Hun Sen ha dichiarato che suo figlio guiderà un nuovo governo a partire dalla sera del 22 agosto. “Chiedo al popolo di sostenere Hun Manet, che sarà il prossimo primo ministro”, ha detto.
Sam Rainsy, uno dei leader dell’opposizione cambogiana attualmente in esilio in Francia, ha condannato la successione orchestrata ai vertici del suo paese. “Il gioco di Hun Sen sta uccidendo la democrazia in Cambogia”, ha affermato in un video pubblicato su Facebook. “Dobbiamo assolutamente opporci”.
“Sprovvisto della forza e dell’autorità del padre, Manet avrà un margine di manovra limitato all’interno del sistema cambogiano”, osserva il giornalista Sebastian Strangio, autore di Cambodia: from Pol Pot to Hun Sen and beyond (2020). Secondo Strangio l’avvicendamento non avrà un impatto immediato nel paese. Già da un anno e mezzo il premier parlava di cedere il potere al figlio, che tra l’altro ha avuto un ruolo di primo piano nella campagna elettorale per il voto del 23 luglio.
Tuttavia il leader uscente ha chiarito che intende continuare a esercitare la sua influenza anche in futuro, escludendo che il paese possa cambiare orientamento. Inoltre HunSen ha promesso che aiuterà l’erede a “controllare la sicurezza e l’ordine e a partecipare allo sviluppo del paese”.
Hun Sen ricoprirà la carica di presidente del senato, la seconda del paese in base il protocollo dopo quella del re Norodom Sihamoni. Dunque sostituirà il capo di stato quando quest’ultimo si troverà all’estero.
Durante gli anni dominati da Hun Sen, che è al potere dal 1985, la Cambogia si è riavvicinata molto alla Cina, il cui presidente Xi Jinping si è complimentato con il vincitore e ha promesso di rafforzare ulteriormente i legami tra i due paesi. Presto in Cambogia sarà inaugurato un sito militare finanziato da Pechino che secondo i sospetti di Washington ospiterà una base navale segreta cinese. Il flusso di denaro cinese è stato però accompagnato da una serie di novità problematiche, come l’apertura di molti casinò e l’avvio di operazioni dedicate alle truffe online spesso compiute sotto minaccia da persone vittime della tratta di esseri umani e che vivono in condizioni spaventose.
I critici, inoltre, accusano Hun Sen di non aver ostacolato la distruzione dell’ambiente e una corruzione endemica. La Cambogia figura al 150º (su 180) nell’indice di percezione della corruzione pubblicato dalla ong Transparency international. In Asia solo Birmania e la Corea del Nord hanno presentano risultati peggiori.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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