Chiunque entri nel centro di recupero Rebound, sulla strada principale di Hazard, piccola città mineraria del Kentucky, riceverà un’accoglienza amichevole e calorosa. Ma le storie che si raccontano all’interno sono tutt’altro che allegre.

Su una lavagna bianca posizionata in fondo alla sala, dall’altra parte rispetto ai divani, sono riportati i nomi degli ex ospiti del centro morti di overdose negli ultimi anni. Anche se in città vivono appena cinquemila persone, la lista comprende almeno venti nomi. James Colwell, ex eroinomane di trentatré anni che non fa più uso di droga da otto anni e oggi lavora nel centro, spiega che l’elenco continua ad allungarsi. In realtà la dipendenza da eroina è meno comune rispetto al passato, anche grazie ai miglioramenti delle cure. Il problema è che “qui tutti si fanno di metanfetamina, e mettono il fentanyl nelle pillole”. Colwell racconta che domani andrà al funerale di una ex infermiera di mezza età morta dopo aver assunto accidentalmente il fentanyl, un potente oppioide sintetico.

Oggi Hazard – che prende il nome da Oliver Hazard Perry, eroe della marina nella guerra del 1812 – è un posto sorprendentemente pericoloso in cui vivere. Nel 2019, ancora prima della pandemia, il centro abitato e la circostante contea di Perry figuravano al sestultimo posto su 3.142 contee degli Stati Uniti per tasso di mortalità adattato all’età. In ogni fascia d’età gli abitanti di Hazard hanno molte più probabilità di morire rispetto alla media. Tra le principali cause di questo fenomeno ci sono gli oppioidi, che da queste parti hanno cominciato a diffondersi circa 25 anni fa, quando i medici li prescrivevano agli ex minatori per curare i dolori cronici.

Ma anche gli infarti sono piuttosto comuni, così come gli incidenti stradali mortali, che secondo la polizia sono dovuti al rifiuto di indossare le cinture di sicurezza da parte dei residenti che guidano nelle tortuose strade di montagna. L’anno scorso la contea di Perry è stata colpita da un’inondazione che ha provocato una serie di frane. Come se non bastasse, qui le armi da fuoco sono onnipresenti. Il risultato è un gran numero di decessi. Nel 2019 l’aspettativa di vita di un residente della contea di Perry era di 69 anni, contro i 79 della media nazionale.

Negli ultimi vent’anni gli Stati Uniti hanno ottenuto risultati economici superiori a quelli di altri paesi ricchi. In questo arco di tempo, per esempio, gli stipendi medi sono cresciuti del 25 per cento, contro il 17 per cento della Germania. Oggi un manager di Buc-ee’s, una catena di negozi del Texas, può guadagnare più di un medico britannico. Eppure rispetto a un indicatore fondamentale del benessere – la durata della vita – gli statunitensi sono fortemente indietro.

Nei detrattori della potenza americana questa tendenza provoca inevitabilmente una certa schadenfreude. “Molte persone sostengono che negli Stati Uniti sia più facile comprare una pistola che il latte in polvere”, si legge in un comunicato diffuso l’anno scorso dal ministero degli esteri cinese, in cui si sottolineava anche che secondo alcune stime l’aspettativa di vita in Cina è ormai superiore a quella negli Stati Uniti. Tutto questo dovrebbe spingere gli americani a riflettere sul loro modello più di quanto non facciano già.

A rischio
Uno studio pubblicato l’anno scorso e condotto da Jessica Ho, dell’università della Southern California, ha analizzato 18 paesi ad alto reddito, riscontrando che gli Stati Uniti, da una posizione sostanzialmente nella media negli anni ottanta, nel 2018 figuravano all’ultimo posto per aspettativa di vita. Negli anni sessanta gli americani vivevano in media sette o otto anni in più rispetto agli abitanti del Portogallo (il paese che è risultato al penultimo posto nello studio), mentre nel 2018 vivevano più di un anno in meno. La realtà di aree come il Kentucky orientale, colpite in modo particolarmente duro da questo fenomeno, permette di coglierne le ragioni.

È molto probabile che negli ultimi tre anni tutti i dati appena citati siano peggiorati, anche a causa della pandemia. Uno studio condotto dall’organizzazione senza scopo di lucro Kff ha rilevato che nel 2021, all’apice dell’emergenza sanitaria, gli americani vivevano sei anni in meno rispetto agli abitanti di altri paesi ricchi. Negli Stati Uniti il virus ha ridotto l’aspettativa di vita di oltre 2,5 anni. Anche se il covid-19 oggi provoca molti meno decessi rispetto agli anni scorsi, la mortalità complessiva resta elevata. Le morti dovute agli oppioidi, agli incidenti stradali e agli omicidi sono aumentate. La pandemia ha evidenziato una realtà che esisteva già da decenni: gli Stati Uniti non sono particolarmente capaci di garantire la sicurezza della popolazione.

Ma cosa sta uccidendo gli americani più degli altri? Qualsiasi esperto sanitario citerà l’impatto delle cattive condizioni di salute della popolazione. Tom Frieden, ex capo dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), spiega che il progresso nella riduzione della mortalità per malattie croniche si è arrestato. Nel ventesimo secolo diverse leggi avevano contribuito a migliorare sensibilmente la sanità pubblica, ottenendo una forte riduzione dell’inquinamento e del numero di fumatori. Anche i livelli di colesterolo erano calati. Ora, invece, l’impatto crescente dell’obesità sta annullando quei benefici. Circa l’11 per cento della popolazione degli Stati Uniti è affetto da diabete, laddove in Francia la percentuale non supera il 6 per cento. Due quinti degli americani adulti sono clinicamente obesi, il doppio rispetto alla media dei paesi dell’Ocse, di cui fanno parte soprattutto nazioni ricche. “Nonostante i nostri progressi in alcune aree, in generale stiamo facendo passi indietro”, spiega Frieden.

Ma tutto questo non basta a spiegare come mai gli Stati Uniti presentino dati così negativi rispetto ad altri paesi. L’obesità e il diabete sono in aumento quasi ovunque, e l’incidenza maggiore di queste malattie negli Stati Uniti non è un fenomeno nuovo. Tra l’altro il miglioramento nell’accesso alle cure di alto livello è uno dei campi in cui gli americani stanno recuperando terreno, se non addirittura superando altri paesi ricchi. Negli Stati Uniti il 98 per cento dei malati di cancro alla prostata sopravvive per almeno dieci anni, mentre nel Regno Unito la percentuale è appena del 78 per cento. L’accesso all’assistenza sanitaria è migliorato enormemente, tanto che l’anno scorso il numero di abitanti senza una copertura sanitaria ha raggiunto il minimo storico.

Dunque il problema non riguarda la sanità. Fatta eccezione per la pandemia, la differenza tra gli Stati Uniti e il resto dei paesi ricchi è dovuta all’aumento delle morti violente.

Per citare William Farr, pioniere della statistica medica, “la morte è un fatto. Tutto il resto è deduzione”. Le stime sull’aspettativa di vita vengono effettuate estrapolando le probabilità dal tasso di mortalità complessivo registrato ogni anno per le diverse età. Questo significa che i decessi in età più giovane hanno un impatto maggiore sulla statistica. Un fattore che comporta una riduzione di un anno di vita per tutti ha un effetto sulle stime simile a quello di un fattore che provoca la morte prematura di un bambino su ottanta. L’aspetto più sconvolgente della realtà americana è il numero elevatissimo di persone, soprattutto uomini, che muoiono giovani.

Cifre record
Nel 2021 sono morti 38.307 americani di età compresa tra 15 e 24 anni, mentre in Inghilterra e Galles il dato equivalente è stato appena di 2.185 decessi. Dunque rispetto alla popolazione complessiva il numero di ragazzi americani morti nel 2021 è stato triplo di quello dei ragazzi inglesi e gallesi. Le ricerche di Ho suggeriscono che gli americani abbiano maggiori probabilità di morire rispetto agli abitanti di altri paesi ricchi in ogni fascia d’età fino agli 85 anni. Per chi supera quella soglia, le probabilità di sopravvivere più a lungo sono più o meno le stesse che negli altri paesi.

Anche nel 2021, quando i decessi da covid-19 si stavano impennando, gli incrementi in quelli che i Cdc definiscono “infortuni involontari” hanno costituito il 16 per cento del declino nell’aspettativa di vita stimato per il 2020. Gli oppioidi hanno un forte impatto in questo fenomeno. Nel 2021, secondo i Cdc, sono morte per overdose circa 107mila persone, di cui la stragrande maggioranza a causa del fentanyl e dell’eroina. Nessun altro paese ricco si avvicina a questo tasso di decessi per droga (anche se la Scozia non è così lontana).

Nel 2021 circa 43mila americani sono morti in seguito a incidenti stradali, il dato più alto dal 2005 (i numeri sono calati leggermente l’anno scorso), mentre in Germania il tasso di mortalità sulle strade è un quarto rispetto a quello degli Stati Uniti. Sempre nel 2021 le persone uccise sono state 26mila, contro le appena 300 in Italia. In breve, qualsiasi categoria di morte violenta vede gli americani in cima alle classifiche. Nel 2021 più di cinquemila persone sono morte a causa di incidenti sul lavoro, segnando un aumento del 9 per cento rispetto all’anno precedente. Nel Regno Unito i decessi sono stati appena 123. Quasi quattromila persone hanno perso la vita a causa degli incendi, un record negli ultimi vent’anni. Il tasso di mortalità per i roghi è quasi doppio rispetto a quello registrato in Europa occidentale. Inoltre gli americani hanno più del doppio delle probabilità di annegare rispetto agli olandesi (anche se i francesi, con le loro lunghe vacanze sull’oceano, sono i più esposti a questo tipo di morte).

Negli Stati Uniti la mentalità è quella dell’uomo che se la cava da sé. Ma non tutti riescono a farlo

Per trovare una spiegazione a tutto questo basta osservare la geografia degli Stati Uniti. Laura Dwyer-Lindgren, professoressa dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’università di Washington a Seattle, analizza decenni di dati relativi alla mortalità nelle diverse contee, e sottolinea che la tendenza nazionale di un’aspettativa di vita stagnante presenta grandi variazioni a livello regionale. In una cittadina come Hazard, nel Kentucky orientale, l’aspettativa di vita è più bassa rispetto a quella registrata nel 1980. Di contro, a Manhattan e in alcune contee ricche del Colorado, è cresciuta con un ritmo paragonabile a quello dei paesi europei.

Secondo i dati raccolti da Dwyer-Lindgren, le probabilità di morire di una persona sulla sessantina che vive a Manhattan sono quattro volte meno rispetto a quelle di un abitante di Hazard. I tassi di mortalità più elevati si registrano nel sud e nel sud-est del paese, mentre i più bassi si concentrano lungo le coste e nelle contee montane più ricche, come quelle del Colorado. Questa separazione riflette in parte le diverse tendenze economiche. Il Kentucky orientale è un’area estremamente povera dove molte persone si sono rifugiate negli oppioidi dopo aver perso il lavoro nelle miniere, spiega Tom Vicini di Operation Unite, una ong che combatte le dipendenze nella regione. “La comunità in cui vivo è cambiata drammaticamente negli ultimi venti o trent’anni”, racconta. “Un’industria fiorente del carbone ha lasciato spazio a un’assenza quasi totale di posti di lavoro”.

Tra gli altri luoghi che hanno vissuto situazioni simili e sono altrettanto poveri troviamo le riserve indiane nel South Dakota, dove i posti di lavoro non ci sono mai stati, e le aree rurali del delta del Mississippi, dove l’impiego nell’agricoltura si è ridotto drasticamente. Ma la povertà non è sufficiente a spiegare quello che sta accadendo. In base agli standard internazionali, Hazard non è un centro urbano particolarmente povero. Accanto al Rebound Centre ci sono un caffè alla moda e un negozio di giocattoli, mentre nelle strade circolano diverse auto di lusso. Tra l’altro la frequenza dei decessi non riguarda soltanto i poveri: ad Hazard anche le persone con i redditi più elevati muoiono più dei poveri di New York City.

Il problema non è soltanto che gli Stati Uniti sono diventati meno sicuri (anche se in un certo senso è così), ma che altri paesi hanno migliorato la loro condizione, al contrario dell’America. Prendiamo l’esempio degli incidenti automobilistici. I calcoli del think-tank Urban Institute indicano che negli anni novanta i francesi morivano in automobile con una frequenza leggermente superiore a quella degli americani, e addirittura doppia in base ai chilometri percorsi. Oggi, invece, gli americani hanno più del doppio delle probabilità di morire in un incidente stradale rispetto ai francesi. Negli ultimi due decenni la circolazione sulle strade europee è stata rivoluzionata ricorrendo alle rotatorie, agli autovelox e alle barriere per proteggere i pedoni. Le strade americane, di contro, sono state ampliate. Altri paesi hanno rafforzato le leggi sul controllo delle armi, mentre gli Stati Uniti le hanno indebolite. Persino nel campo degli oppioidi emerge una discrepanza. Negli anni ottanta anche l’Europa ha vissuto una devastante epidemia di eroina parallela alla crisi dell’industria pesante. Diversamente dagli Stati Uniti, però, i paesi europei hanno reso ampiamente disponibili farmaci sostitutivi come il metadone, e da allora non ci sono state altre epidemie.

Questo potrebbe spiegare la deriva politica americana? Una generazione fa Ronald Reagan fu rieletto grazie a uno slogan ottimista – “It’s morning again in America”, È di nuovo mattina, America – che mostrava una popolazione felice. A maggio Donald Trump ha lanciato la sua versione ribaltata dello slogan – “It’s mourning again in America”, È di nuovo il tempo del lutto, America – concentrandosi sul fentanyl, sugli atleti transgender e sul presidente ritenuto debole. Trump è particolarmente amato nelle aree che registrano i tassi di mortalità più elevati e in particolare tra gli elettori della classe operaia, ovvero quelli con presentano la mortalità più alta. Nelle aree dove i cittadini muoiono meno, invece, i democratici sono solitamente in vantaggio. Katherine Cramer, politologa dell’università del Wisconsin a Madison, ritiene che gran parte del successo di Trump sia dovuta al “risentimento”, soprattutto quello dei bianchi delle aree rurali che si sentono trascurati rispetto ai residenti delle grandi città. Le morti premature sono evidentemente una legittima causa di risentimento.

Eppure le soluzioni proposte da Trump non fanno molto per migliorare la situazione. Matthew Ruther, geografo dell’università di Louisville, ritiene che il problema sia in parte di natura culturale. “Qui il contratto sociale è diverso rispetto ad altri paesi”, spiega. Ruther sottolinea che gli americani credono profondamente nella responsabilità personale e non pretendono che lo stato li protegga dalle loro decisioni sbagliate.

Un giro in Kentucky conferma l’impressione che le scelte personali abbiano un ruolo fondamentale nella filosofia di vita degli americani. Durante la mia visita ho incontrato una decina di motociclisti e nessuno di loro indossava il casco. Metà dei decessi dei passeggeri negli incidenti automobilistici riguarda persone che non indossavano la cintura di sicurezza. Una sosta in un negozio di armi a London, una cittadina situata 50 miglia a ovest di Hazard, è stata altrettanto rivelatrice. Quando ho chiesto cosa pensasse delle morti da oppioidi nella zona, il proprietario del negozio si è rammaricato ma ha subito aggiunto: “Hanno scelto loro di vivere così! Forse pensavano che a loro non sarebbe toccato morire”.

“Negli Stati Uniti la mentalità è quella dell’uomo che se la cava da sé. Ma non tutti riescono a farlo”, spiega Barbara Ramp, il cui figlio Alec è morto di overdose di eroina quasi dieci anni fa, a vent’anni. Ramp mi ha raccontato che ad Alec era stato detto di non fare uso di metadone perché avrebbe dovuto riuscire a ripulirsi completamente. “Il nostro governo non protegge la popolazione”, aggiunge. Spesso i repubblicani lasciano intendere che proteggere la popolazione non sia compito del governo. “Alcune morti dovute alle armi sono il triste prezzo da pagare per avere il Secondo emendamento”, ha dichiarato ad aprile Charlie Kirk, influente attivista conservatore. Vivi libero e muori libero, insomma.

In realtà la maggior parte degli statunitensi ritiene che il governo abbia la responsabilità di proteggerli dalla morte. Il problema è che spesso si cerca un nemico esterno da sconfiggere anziché soluzioni interne che coinvolgano tutta la società. Per combattere il fentanyl, alcuni politici come il deputato repubblicano Dan Crenshaw hanno proposto di lanciare attacchi militari contro le bande di narcotrafficanti in Messico. Ma gli stessi politici impiegano anni prima di introdurre misure che possano concretamente salvare vite umane.

Fino ad aprile scorso nel Kentucky i test sulla composizione del fentanyl – che servono ad allertare i consumatori quando vengono rilevate partite contaminate – erano considerati illegali in quanto “strumenti legati al consumo di droga”. Tra gli altri stati che hanno legalizzato i test solo quest’anno troviamo il Mississippi, l’Ohio e la Pennsylvania, tutti duramente colpiti dall’epidemia di fentanyl. I test sono tutt’ora illegali in diversi stati, tra cui il Texas, dove è stato eletto Crenshaw.

Per ridurre la mortalità non basterà bombardare il Messico. Serve un approccio politico più solidale con le debolezze umane e anche più incline ad accettare gli inevitabili disagi per le persone. Il cambiamento è possibile. Per volontà del segretario ai trasporti Pete Buttigieg, il denaro federale per il miglioramento della rete autostradale stanziato in base all’Infrastructure act è sempre più vincolato all’incremento della sicurezza. Questo, all’atto pratico, significa costringere gli automobilisti a ridurre la velocità. L’anno scorso una modesta legge sul controllo delle armi che prevede un incremento delle indagini sui trascorsi dell’acquirente è stata approvata al congresso con il sostegno di entrambi i partiti, nonostante l’opposizione della National rifle association secondo cui il decreto danneggerà i possessori di armi che rispettano la legge. Per decine di migliaia di americani che muoiono ogni anno, questi cambiamenti non arriveranno mai abbastanza presto.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico The Economist.

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