I rifugiati siriani che domenica 8 dicembre hanno festeggiato la caduta del regime di Bashar al Assad in un clima di euforia si sono svegliati il ​​giorno dopo con i postumi di una sbornia. In diversi paesi europei l’entusiasmo ha presto lasciato il posto a un dibattito politico e giuridico sull’opportunità di rimpatriarli nel loro paese d’origine.

Lunedì 9 dicembre Francia, Germania, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Belgio, Svezia e Grecia hanno annunciato che sospenderanno l’esame delle domande d’asilo dei cittadini siriani. A fine giornata lo hanno comunicato anche Regno Unito e Svizzera. L’Austria si è spinta addirittura a dire che stava preparando un “programma di rimpatrio ed espulsione” per i siriani che avevano già ottenuto l’asilo. Nell’Unione Europea a occuparsi della materia sono i singoli paesi.

“Stiamo lavorando per sospendere le procedure per le richieste di asilo dalla Siria”, ha affermato il ministero degli interni francese. L’esame delle richieste d’asilo è di competenza dell’Ufficio per la protezione dei rifugiati e degli apolidi (Ofpra), che tuttavia non dipende dal ministero. “Stiamo monitorando con molta attenzione la situazione in Siria, che è in grande evoluzione, e questo potrebbe portarci a rinviare alcune decisioni”, precisa il direttore dell’Ofpra, Julien Boucher. “Se la paura di essere vittime di persecuzione è legata al regime di Assad dovremo fare un piccolo passo indietro per adeguare le nostre decisioni”.

In Francia le richieste d’asilo presentate da siriani e al momento sotto esame sono circa settecento, mentre circa 45mila cittadini siriani godono di protezione. Il paese è quindi una destinazione relativamente impopolare per i siriani dall’inizio della guerra nel 2011. La Germania, che ospita quasi un milione di siriani e durante l’ondata migratoria del 2015-2016 si è distinta per la generosità della sua politica d’accoglienza, questa volta ha anticipato la Francia. Lunedì mattina Berlino ha annunciato l’intenzione di sospendere l’esame delle richieste d’asilo in corso “fino a quando la situazione non sarà più chiara”, ha indicato il ministero degli interni tedesco, che sta anche valutando la possibilità di revocare la protezione già concessa a seconda dell’evoluzione della situazione. La decisione riguarderebbe 47.270 richieste. Il ministero ha tuttavia sottolineato che la situazione “caotica” in Siria rende “l’ipotesi” di un ritorno dei rifugiati nel paese “poco probabile”.

“Il quadro sulla sicurezza in Siria dev’essere rivalutato per consentire la ripresa delle espulsioni”, ha affermato domenica sera il cancelliere conservatore austriaco Karl Nehammer. Più di 95mila siriani sono andati in Austria dal 2015. Il 9 dicembre Vienna ha poi annunciato la sospensione di 12mila procedure di asilo in corso per cittadini siriani. Stesso tono in Svezia e Danimarca, così come in Grecia, dove sono passati molti profughi siriani. Il portavoce del governo greco ha detto di sperare nel “ritorno sicuro dei rifugiati” nel loro paese. Più di 15mila siriani hanno un permesso di soggiorno per stare in Grecia.

“In Germania la sospensione dell’esame dei fascicoli è prevista dalla legge”, dice Sophie Meiners, ricercatrice specializzata in immigrazione presso il think tank Dgap. “Lo stop si basa sul cambiamento della situazione nel paese d’origine, ma non impedisce di fare una richiesta. Non è una decisione politica o contro le persone migranti”. È difficile, invece, immaginare che ci saranno grandi rimpatri, come premette la politica, continua. “In teoria è possibile rivalutare le decisioni in materia d’asilo, perché la situazione in Siria è cambiata. Ma questo richiederà tempo e intanto il processo resta possibile. Molti siriani sono in Germania da tanto tempo, alcuni hanno ottenuto la cittadinanza tedesca o hanno cambiato status. Il loro permesso di soggiorno non dipende dalla situazione in Siria”.

Quasi ovunque in Europa i partiti di estrema destra hanno affrontato l’argomento, seguiti da quelli di centro. “Chi in Germania celebra la ‘Siria libera’ chiaramente non ha più motivo di fuggire. Dovrebbe tornare immediatamente nel paese”, ha scritto su X Alice Weidel, leader del partito di estrema destra Alternative für Deutschland e candidata cancelliera. Lunedì, il vicepresidente dell’Unione cristianodemocratica (Cdu) Jens Spahn ha suggerito di noleggiare aerei e riconoscere ai candidati alla partenza “un bonus iniziale di mille euro”. In Austria il Partito della libertà (Fpö, di estrema destra), che ha vinto le elezioni legislative di settembre promettendo di espellere in massa i profughi siriani, ha chiesto la “remigrazione dei manifestanti siriani”, accusandoli di aver festeggiato a Vienna la caduta di Bashar al Assad a voce troppo alta.

In Svezia, dove vivono duecentomila rifugiati siriani, l’estrema destra ha chiesto la “revoca ” dei loro permessi di soggiorno. “Possiamo cominciare con le circa 45mila persone che non hanno la cittadinanza svedese”, ha proposto il deputato dei Democratici svedesi Tobias Andersson su X. Quasi centomila siriani hanno chiesto asilo in Svezia tra il 2013 e il 2015, alcuni dei quali da allora hanno ottenuto la cittadinanza.

In Danimarca anche il leader dell’estrema destra Morten Messerschmidt, a capo del Partito popolare danese, spera che i “45.121 siriani” che vivono nel paese possano presto tornare a casa. “Oltre a sostenere la ricostruzione del loro paese, ciò migliorerà le statistiche sugli stupri in Danimarca”, ha scritto su X. Dal 2021 gli uffici che si occupano d’immigrazione hanno già ritirato i permessi di soggiorno a diverse centinaia di rifugiati siriani, con il pretesto che la regione di Damasco era tornata a essere sicura.

Le prime testimonianze raccolte tra gli immigrati siriani in Europa nelle ore successive alla caduta di Bashar al Assad mostrano tuttavia una grande cautela sulla questione del ritorno, anche tra coloro che sono arrivati ​​di recente. Uno studio pubblicato nel 2023 dalla Radboud university nei Paesi Bassi stimava in meno del 40 per cento la percentuale di siriani residenti in Germania pronti a ritornare nel paese d’origine, anche se la situazione dovesse tornare a quella precedente alla guerra in termini di sicurezza.

A Bruxelles, dove la situazione in Siria è monitorata ora per ora, in questa fase non si pensa di formulare raccomandazioni agli stati membri sul ritorno dei rifugiati siriani. “Crediamo che la maggior parte dei rifugiati siriani sogni di tornare nel proprio paese”, sottolinea Anouar Al Anouni, uno dei portavoce della Commissione. “La situazione attuale del paese dà a molti siriani grandi speranze, ma rimane anche piena di incertezze”.

A luglio una decina di stati membri, tra cui Austria, Malta e Italia, hanno chiesto all’Unione di avviare una normalizzazione delle relazioni con il governo siriano per poter rimpatriare i richiedenti asilo in alcune parti del territorio ritenute sicure. Avevano perfino ottenuto l’impegno a nominare un inviato speciale per condurre le discussioni, in collaborazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. “Prima di discutere la nomina di un inviato speciale, e vista la situazione sul campo, dobbiamo rivedere il suo ruolo. È un lavoro in corso”, assicura Paula Pinho, a capo dei portavoce della Commissione europea.

Dal 2019, secondo i dati dell’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo, circa seicentomila siriani hanno chiesto asilo nell’Unione. Tra loro, dall’80 al 90 per cento si è dichiarato soddisfatto. I principali paesi che hanno accolto rifugiati siriani negli ultimi anni sono Germania e Austria.

Gli autori e le autrici di questo articolo sono Elsa Conesa, Anne-Françoise Hivert, Philippe Jacqué, Julia Pascual e Jean-Baptiste Chastand.

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