I bitcoin e la borsa fanno festa con Trump
Il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump ha scatenato chi investe in borsa. Il risultato più eclatante è l’ennesima rinascita del bitcoin: il 13 novembre la famosa criptovaluta lanciata nel 2009 dal misterioso hacker Satoshi Nakamoto ha raggiunto il valore senza precedenti di 91.085 dollari, registrando un balzo del 34 per cento dal 5 novembre, cioè dal giorno delle elezioni presidenziali statunitensi.
Dall’inizio del 2024 la crescita è stata del 110 per cento, mentre alcune stime confermano che l’intero mercato delle criptovalute oggi vale 3.100 miliardi di dollari. Fra il 31 ottobre e il 10 novembre l’azienda informatica MicroStrategy, la società quotata in borsa che più di tutte ha investito nella criptovaluta grazie al suo manager Michael Saylor, ha comprato 27.200 bitcoin, spendendo circa due miliardi di dollari. Nello stesso arco di tempo il valore delle sue azioni è aumentato del 50 per cento. Ora alcuni investitori si dicono sicuri che entro la fine dell’anno il bitcoin possa superare la soglia dei centomila dollari.
I risultati di questi giorni segnano un ritorno strabiliante dopo la profonda crisi vissuta dalle criptovalute tra il 2022 e il 2023, quando varie aziende del settore venivano travolte da processi e scandali (il caso più famoso è quello della Ftx), provocando l’introduzione di regole e controlli più rigidi da parte delle autorità di vigilanza. Allo stesso tempo la Federal reserve (Fed, la banca centrale degli Stati Uniti) cominciava ad alzare il costo del denaro, spingendo il mercato a puntare su investimenti più tradizionali e sicuri e a rinunciare a quelli altamente speculativi e rischiosi.
Negli ultimi mesi le aziende di criptovalute e più in generale i fautori di questa tecnologia hanno visto in Trump la possibilità di invertire la rotta. Durante la campagna elettorale il candidato repubblicano si è presentato come un difensore entusiasta del movimento: evidentemente aveva cambiato idea rispetto a un paio d’anni prima, quando aveva definito il bitcoin “una truffa ai danni del dollaro”.
Trump ha presentato il World liberty financial, un progetto di finanza decentralizzata appoggiato dalla sua famiglia; ha promesso di fare degli Stati Uniti una “superpotenza mondiale del bitcoin”; ma soprattutto si è impegnato a togliere divieti e regole e anche a licenziare Gary Gensler, il capo della Securities and exchange commission (Sec, l’autorità della borsa statunitense), impegnato da tempo a dare alle criptovalute regole simili a quelle in vigore per gli altri valori finanziari. In cambio i lobbisti del settore gli hanno assicurato finanziamenti elettorali per più di cento milioni di dollari.
La campagna per far risorgere le criptovalute è cominciata nel settembre del 2023, racconta Bloomberg, quando Brian Armstrong, il miliardario fondatore della borsa Coinbase, elaborò un piano per accrescere l’influenza del settore a Washington. Armstrong spiegò che il fattore chiave era il denaro: le donazioni alla politica dovevano aumentare in modo esponenziale, arrivando al livello di quelle dell’industria energetica e della grande finanza, cioè almeno cinquanta milioni di dollari all’anno. Il manager annunciò che la Coinbase avrebbe dato dei contributi a una political action commitee (pac, organizzazione fondata con lo scopo di raccogliere fondi per sostenere un candidato o un tema) chiamata Fairshake, invitando le altre aziende a fare lo stesso. Da allora il settore delle criptovalute ha donato alla Fairshake più di duecento milioni di dollari, diventando il maggior finanziatore della politica statunitense.
Il bitcoin non è l’unico vincitore dell’ondata di acquisti, le cosiddette Trump trades, che si sono scatenati dopo il 5 novembre. Ne esce bene sicuramente la Tesla di Elon Musk, uno dei principali sostenitori del presidente rieletto e probabile capo di un’agenzia per la razionalizzazione della spesa pubblica (di cui, tra l’altro, è un grande beneficiario, soprattutto attraverso la sua azienda aerospaziale SpaceX). Le azioni della casa automobilistica hanno guadagnato più del 40 per cento, aggiungendo trecento miliardi di dollari al valore di borsa, nella convinzione che Musk riceverà grandi favori da Trump. Anche le banche sono in salute in vista di un alleggerimento delle regole per il settore finanziario: la Goldman Sachs, per esempio, ha guadagnato il 13 per cento.
Prevedendo che la nuova amministrazione statunitense incentiverà le fonti fossili per tenere bassi i prezzi dell’energia e penalizzerà la lotta alla crisi climatica, vari fondi d’investimento di Wall street hanno scommesso sul calo delle azioni legate alle tecnologie sostenibili come le batterie, i pannelli solari, le auto con motore elettrico e l’idrogeno, mentre continuano a puntare sul petrolio, il gas e il carbone. A questa conclusione è arrivata un’indagine condotta su cinquecento fondi d’investimento.
La Cnn riferisce che dopo l’elezione di Trump il patrimonio netto delle dieci persone più ricche del mondo è aumentato visibilmente. Quello di Musk è cresciuto di 26,5 miliardi di dollari fino a 290 miliardi. La ricchezza di Jeff Bezos è aumentata di 7,1 miliardi, dopo aver imposto al Washington Post, lo storico quotidiano di sua proprietà, di non appoggiare la candidata democratica Kamala Harris. Larry Ellison, un altro sostenitore di Trump, ha visto crescere il suo patrimonio di 5,5 miliardi. Tra gli altri vincitori ci sono Bill Gates, Warren Buffett, Larry Page e Sergey Brin.
Alcuni esperti di Wall street, tuttavia, avvertono che l’entusiasmo per Trump potrebbe non essere ripagato pienamente, soprattutto perché molte misure del presidente rieletto (vedi i dazi sulle importazioni) potrebbero far ripartire l’inflazione e peggiorare ulteriormente la situazione del debito pubblico. Insomma, spiega il New York Times, come tutti i leader populisti, dopo i proclami e le promesse altisonanti della campagna elettorale anche il nuovo inquilino della Casa Bianca dovrà fare i conti con la realtà: la congiuntura economica e le eventuali reazioni degli altri paesi, compresi gli alleati europei, potrebbero costringerlo a rivedere la sua agenda e a deludere qualche attesa.
Qualche osservatore ha notato che i risultati di Wall street dopo il 5 novembre 2024 sono simili a quelli registrati all’indomani dell’elezione di un altro presidente degli Stati Uniti, Herbert Hoover, nel 1928. Questo non vuol certo dire che l’anno prossimo il mondo assisterà a un nuovo 1929, ma va ricordato che nella finanza quanto più alti e rapidi sono i rialzi, tanto minore è la possibilità che ritmi simili continuino a lungo: prima o poi ci sarà una correzione che, come al solito, troverà impreparati gli ultimi arrivati e i più piccoli. Questo è senz’altro vero per il bitcoin, uno degli investimenti più volatili e rischiosi in circolazione, che più volte in passato ha bruciato i soldi di molti risparmiatori. Come dice l’investitore Peter Schiff, di questo passo il bitcoin e tutte le criptovalute, in attesa che la tecnologia alla loro base trovi impieghi utili a tutti, potrebbero passare alla storia come “il più grande esempio di follia di massa”, dando vita a una bolla che travolgerà anche gli speculatori.
Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.
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