Quale importanza dobbiamo dare ai tweet di Donald Trump Jr? Il figlio maggiore del presidente eletto ha pubblicato su Instagram una foto di Volodymyr Zelenskyj con la didascalia “ti restano soltanto 38 giorni per goderti la paghetta”. Dobbiamo forse andare oltre la volgarità delle sue parole e trarre da questo delle conclusioni sulla futura linea politica in Ucraina del padre?

Altra domanda: qual è il senso della presenza al fianco di Trump di Elon Musk, miliardario e padrone di Tesla, Space X e Twitter/X che ha partecipato a una telefonata tra il neoeletto presidente e il suo omologo ucraino? Possiamo darle un valore politico?

Lo stesso vale per l’inclusione di Musk nella prima foto della famiglia Trump dopo la vittoria, dove era l’unico a non avere legami di parentela con il presidente. Anche in questo caso viene da chiedersi quale sia la reale influenza dell’imprenditore libertariano.

Per il momento questi interrogativi restano senza risposta, ma i contorni e gli orientamenti della futura amministrazione emergono già dalle prime nomine.

La prima osservazione che possiamo fare è che Trump procede più rapidamente rispetto alla vittoria del 2016, che sembrava averlo quasi colto di sorpresa. Il presidente ha già nominato la sua “chief of staff”, il capo di gabinetto della Casa Bianca. Si tratta della fedele Susie Wiles, che non l’ha mai abbandonato.

Poi è arrivato il turno di due figure note per la linea dura sull’immigrazione. Tom Homan, che aveva già lavorato con Trump durante il primo mandato, si occuperà dell’espulsione di milioni di stranieri clandestini, promessa centrale della campagna elettorale repubblicana. Stephen Miller, architetto della politica di immigrazione inflessibile, è stato scelto come vice di Wiles.

Queste prime nomine, insieme ad alcune esclusioni come quella dell’ex segretario di stato Mike Pompeo (giudicato troppo internazionalista), dimostrano che Trump è deciso a far capire rapidamente agli americani che farà quanto promesso, soprattutto negli ambiti più delicati.

Quanto al futuro ruolo di Musk, è evidentemente una questione cruciale. Il miliardario ha avuto un ruolo di primo piano durante la campagna, finanziandola con 118 milioni di dollari, martellando i suoi 200 milioni di follower e mettendo di fatto il social network X al servizio di Trump, oltre a far valere il peso del suo prestigio imprenditoriale.

Durante la campagna elettorale Trump ha dichiarato che Musk sarà una sorta di revisore dei conti dello stato, che avrà il compito di risanare. L’imprenditore sudafricano ha parlato molto dell’argomento, sostenendo per esempio che dopo la creazione del ministero dell’istruzione gli Stati Uniti hanno perso terreno nel mondo. “Non c’è un buon rapporto qualità-prezzo”, ha sentenziato.

Cosa ne sarà dei conflitti d’interesse, considerando la portata delle attività di Musk? E che dire degli enormi investimenti di Tesla in Cina mentre Trump vuole sanzionare l’economia di Pechino? Per il momento non abbiamo indizi.

Senza dubbio la hubris della vittoria ha un’importanza rilevante in questa fase, ma Trump non vuole lasciare il minimo dubbio sul fatto che metterà in atto il suo programma ideologico. La forza di Trump sta nella capacità di mantenere le promesse. Alle conseguenze si penserà più tardi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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