Nella storia dei rapporti incestuosi tra la politica statunitense e il mondo imprenditoriale, l’alleanza tra Donald Trump ed Elon Musk rappresenta un nuovo capitolo. Il padrone della Tesla, della SpaceX e del social network X è diventato un ingranaggio della campagna elettorale di Trump, e ricorre a metodi discutibili e a una capacità d’influenza senza pari, messa al servizio di varie teorie del complotto.

Dopo aver partecipato al fianco di Trump a un raduno in Pennsylvania, uno degli stati considerati decisivi per il 5 novembre, Musk ha messo in palio un milione di dollari al giorno per spingere i cittadini degli stati in bilico a registrarsi per votare. Sul piano giuridico è una scelta discutibile, perché potrebbe costituire una forma di compravendita di voti.

Inoltre, anche se la campagna non si deciderà su X, il fatto che Musk stia strumentalizzando il social network che ha comprato nel 2022 presenta chiaramente un problema di equità. Con il pretesto della difesa della libertà di espressione, diffonde menzogne e falsità per danneggiare il Partito democratico, moltiplicando le prese di posizione esplicite a favore di Trump.

Sarebbe ingenuo pensare che Musk agisca per convinzione. Il sostegno a Trump è funzionale ai suoi numerosi interessi, dato che le sue aziende beneficiano di contratti federali (per esempio, con la Nasa e il Pentagono) e di sovvenzioni statali, senza dimenticare il ruolo della rete di telecomunicazioni satellitari Starlink nelle aree di conflitto.

Ora che servono decisioni cruciali per il futuro dell’intelligenza artificiale e la commercializzazione dello spazio, Musk ha trasformato la sua enorme ricchezza in una fonte di potere politico, senza doverne rendere conto a nessuno. Il ruolo che potrebbe avere in una futura amministrazione è un altro dei tanti rischi legati a un secondo mandato di Trump. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1586 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati