“L’Europa sta attraversando un momento difficile. Il mondo che sta cambiando di fronte ai nostri occhi era il mondo in cui l’Europa aveva sostanzialmente trovato il suo posto. Ora l’Europa sta cercando di riposizionarsi, e questo sarà un processo doloroso”.
Comincia con queste parole l’intervista al politologo bulgaro Ivan Krastev organizzata a Bruxelles dalla tv franco-tedesca Arte e che potete vedere nel video qui sotto. Presidente del centro per le strategie liberali di Sofia e fellow dell’Istituto di scienze umane di Vienna, Krastev è da anni uno degli intellettuali europei più influenti, eppure ha sempre conservato la meticolosa sobrietà dello studioso modesto e un po’ appartato, una caratteristica che l’ha tenuto lontano dalle polemiche e dai toni urlati di altri protagonisti del dibattito pubblico, ma sempre al centro del confronto sui temi che contano davvero: la crisi della democrazia liberale, l’immigrazione, il ritorno del nazionalismo, il populismo, il futuro dell’Europa.
Krastev ha una profonda capacità analitica, che lo porta a letture anche insolite dei fenomeni contemporanei, ed è anche un comunicatore capace di affabulare gli ascoltatori con i suoi toni pacati e un sapiente ricorso ad aneddoti e piccole storie tradizionali. Ma il suo maggior merito è aver inserito l’Europa centrorientale, quella che fino al 1989 aveva vissuto all’interno dell’impero sovietico, nell’analisi politologica del continente europeo nel suo insieme.
L’intervista video al politologo bulgaro Ivan Krastev
Per anni, infatti, lo sguardo occidentale ha avuto la tendenza a dividere l’Europa in due, escludendo i paesi del cosiddetto Est dalle dinamiche che governano l’occidente, oppure osservando l’Europa postcomunista secondo schemi spesso obsoleti e senza cercare di proporre un’interpretazione più ampia di fenomeni che in realtà erano, seppure con forme diverse, già profondamente paneuropei.
Con i suoi libri – per esempio Gli ultimi giorni dell’Unione (Luiss university press, 2019), La rivolta antiliberale (Mondadori, 2020), Lezioni per il futuro (Mondadori, 2020) – e i suoi interventi sui grandi giornali, Krastev lo ha fatto. In questo modo ha aiutato gli occidentali a conoscere l’Europa ex comunista, in particolare nella fase della transizione dal sistema socialista alla democrazia, e a familiarizzare con concetti nati a est ma utili a spiegare anche fenomeni diffusi in tutto il continente: per esempio la fear of disappearance (paura di scomparire) dei piccoli paesi centroeuropei, che è tra i motivi del successo del nativismo e del nazionalismo in Ungheria come in Polonia, Bulgaria o Slovacchia.
Alcuni dei temi che Krastev ha sviluppato negli anni tornano nell’intervista rilasciata ad Arte – e registrata negli straordinari ambienti art déco dell’edifico del Flagey – ma aggiornati agli ultimi sviluppi dell’attualità internazionale: dalla vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi fino ai conflitti in Medio Oriente, passando per la guerra ucraina ancora senza soluzione e le tensioni ai confini del continente tra le forze europeiste e quelle filorusse.
Le ansie degli europei
Secondo Krastev, la crisi della democrazia liberale si è a tal punto aggravata da rendere “quasi irriconoscibile il confine tra la democrazia stessa e l’autoritarismo” e ha dato vita “a una combinazione tra polarizzazione e frammentazione politica che ormai rende ingovernabili diversi paesi europei”, tra cui, per rimanere ancorati all’attualità, la Francia e l’Austria. Inoltre, alle paure alimentate, soprattutto a destra, dalla crisi demografica e dalla consapevolezza della “mortalità della comunità nazionale” si è affiancato, specialmente a sinistra e tra i giovani, il terrore per la distruzione del pianeta. A tutto questo bisogna aggiungere il fatto che il consenso ideologico che per decenni aveva tenuto in piedi la democrazia statunitense – alleato storico dell’Europa – oggi è in crisi, sostituito da un modello politico e demografico molto diverso da quello del passato.
Tutti questi sviluppi hanno ingigantito le ansie e le preoccupazioni degli europei, mettendo il continente di fronte a sfide – strategiche, politiche, economiche e militari – che non possono essere affrontate dai paesi presi singolarmente. La prospettiva dev’essere europea, dove per Europa s’intendono non solo i ventisette paesi dell’Ue, ma anche le nazioni che stanno cercando di avvicinarsi al suo modello politico e scoli. E soprattutto è necessario che gli europei smettano di cercare risposte e sicurezza nel passato e di guardare terrorizzati al futuro, considerandolo uno spauracchio e una minaccia. “Perché la democrazia”, dice Krastev, “esiste solo se c’è un avvenire aperto. Negare il futuro, fare in modo che le persone abbiano paura del futuro, vuole dire portare la democrazia alla paralisi”.
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