Mentre l’offensiva militare israeliana in Libano s’intensifica, costringendo più di un milione di persone ad abbandonare le loro case, i rifugiati siriani che si erano trasferiti in Libano negli ultimi anni per mettersi in salvo dalla guerra civile, sono stati tra le comunità più colpite, tanto che migliaia di loro hanno deciso di tornare in Siria, nonostante i pericoli. Secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), dal 23 settembre più di duecentomila persone hanno attraversato il confine tra Libano e Siria.
“Il 70 per cento sono siriani che stanno tornando nel loro paese di origine per sottrarsi ai combattimenti”, ci racconta da Beirut Dalal Harb, portavoce dell’Unhcr in Libano. Ma per molti dei circa 1,5 milioni di rifugiati siriani in Libano, fuggiti dalla guerra scoppiata nel 2011, ma anche da anni di persecuzione politica e dal servizio militare obbligatorio, tornare a casa non è una scelta sicura, come denunciano le organizzazioni che si occupano della difesa dei diritti umani. “Le persone che stanno andando in Siria stanno tornando in un paese ancora in crisi in cui rischiano molto”, continua Harb.
Inoltre i valichi di frontiera tra Siria e Libano sono stati ripetutamente bombardati negli ultimi giorni. Secondo alcune organizzazioni, in Siria quelli che tornano rischiano di essere incarcerati o perseguitati dal regime di Bashar al Assad. Nove rifugiati su dieci in Libano vivono in condizioni di estrema povertà e dipendono dagli aiuti umanitari. Per anni, hanno dovuto affrontare una crescente xenofobia da parte dei libanesi in un contesto di profonda crisi economica nel paese che ospita il maggior numero di rifugiati pro capite al mondo.
Le leggi molto restrittive sui permessi di soggiorno e di lavoro hanno reso ancora più difficile trovare un impiego per molti profughi. “Abbiamo ricevuto molte denunce da parte dei rifugiati negli ultimi giorni secondo cui gli è stato impedito di entrare nei rifugi antiaerei sovraffollati”, racconta Harb. “Stiamo cercando delle soluzioni con il governo libanese perché non ci sono abbastanza rifugi antiaerei e questo crea ulteriore tensione”, continua Harb.
Negli ultimi giorni secondo diverse testimonianze ad alcuni rifugiati siriani è stato impedito di accedere ai rifugi antiaerei in Libano. Molti sono riservati ai libanesi e sono sovraffollati, con persone lasciate a dormire per strada, sulle spiagge o nelle loro auto. Inoltre in Libano c’è ancora un forte sentimento antisiriano, che risale all’intervento militare di Damasco durante la guerra civile libanese e poi all’occupazione durata fino al 2005: per questo spesso i siriani sono presi di mira in modo specifico.
“Decine di migliaia di rifugiati siriani, che hanno cercato sicurezza in Libano, si vedono negare l’aiuto”, ha affermato l’ong Action Aid in una dichiarazione. “Molti sono stati costretti a dormire per strada o ad attraversare i confini per tornare in Siria”. Ci sono ovviamente anche dei casi in cui i libanesi hanno aperto le loro case ai rifugiati, mentre alcune ong locali stanno assicurando che i rifugi forniscano assistenza a tutti.
Il 6 ottobre l’Alto commissario per i rifugiati dell’Onu Filippo Grandi ha visitato il Libano e ha denunciato la più grande crisi umanitaria del paese degli ultimi decenni. “Il diritto umanitario internazionale deve essere rispettato e non può essere ignorato. Le famiglie sono rimaste senza casa, bloccate all’aperto, con bambini traumatizzati e incapaci di capire cosa stia succedendo”, ha detto Grandi, che a Beirut ha incontrato il primo ministro libanese Najib Miqati e altri alti funzionari, le famiglie sfollate e il personale locale dell’Unhcr.
“Le vie di rifornimento all’interno e all’esterno del Libano devono essere preservate, in modo che il flusso di beni di soccorso continui a raggiungere chi ne ha bisogno”, ha esortato Grandi. “Oggi sono stato testimone del tragico tributo che questa guerra sta avendo su intere comunità”, ha detto. Dal 23 settembre gli sfollati nel paese sono 1,2 milioni, secondo le Nazioni Unite, molti di loro non hanno un posto dove dormire, perché i centri di accoglienza gestiti dal governo sono sovraffollati e mancano beni di prima necessità per fare fronte all’emergenza. “Anche i rifugiati sono stati nuovamente sfollati, quindi hanno subìto un doppio sradicamento nel giro di pochi anni e sono fortemente traumatizzati”, racconta Dalal Harb, portavoce dell’Unhcr a Beirut.
Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.
Iscriviti a Frontiere |
La newsletter sulle migrazioni. A cura di Annalisa Camilli. Ogni lunedì.
|
Iscriviti |
Iscriviti a Frontiere
|
La newsletter sulle migrazioni. A cura di Annalisa Camilli. Ogni lunedì.
|
Iscriviti |
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it