Il 4 dicembre, dopo un passaggio alla camera, il senato italiano ha approvato la fiducia al governo sul cosiddetto decreto flussi con 99 voti favorevoli, 65 contrari e un’astensione. Ma il Consiglio superiore della magistratura (Csm) l’ha bocciato a causa di un emendamento inserito nel testo della legge, definito “emendamento Musk”, che sottrae alle sezioni dei tribunali specializzate in immigrazione la competenza sulle convalide dei trattenimenti per le persone sottoposte alle procedure accelerate di asilo, affidandola alle corti d’appello.

Secondo il Csm, che ha scritto un parere non vincolante indirizzato al ministro della giustizia Carlo Nordio, si rischia l’allungamento dei tempi per l’esame delle domande nelle corti d’appello, e il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr), oltre al rischio che a giudicare siano magistrati che non hanno le competenze necessarie. La decisione di introdurre questa norma nel decreto era stata presa dopo la mancata convalida da parte del tribunale di Roma del trattenimento dei migranti in Albania, ritenuto in contrasto con le leggi europee. In seguito alla decisione, il 18 ottobre, il miliardario statunitense Elon Musk aveva scritto sui social network: “Quei giudici devono andarsene!”.

Per questo, la decisione del governo di affidare la competenza alle corti d’appello è stata chiamata “emendamento Musk”. Il decreto flussi prevede anche una lista stilata dal governo Meloni di “paesi sicuri”, tra cui l’Egitto e il Bangladesh, per la procedura accelerata della domanda di asilo. Sulla questione i giudici italiani hanno chiesto un parere alla corte di giustizia europea, che non arriverà prima dell’aprile 2025.

Il decreto sui flussi migratori è stato aspramente criticato dall’opposizione e dalle organizzazioni non governative, perché introduce una maggiore rigidità nell’ottenere ricongiungimenti familiari e nuovi ostacoli per le ong che compiano soccorsi in mare. “Il testo del decreto è decisamente peggiorato dopo l’esame parlamentare”, ha dichiarato la campagna Ero straniero, un gruppo di associazioni che aveva fatto delle proposte per migliorare le regole di ingresso in Italia per i lavoratori stranieri.

“Nessuno degli emendamenti che abbiamo suggerito e che avrebbero potuto scardinare l’impianto rigido e inefficace che regola l’ingresso in Italia di lavoratori e lavoratrici dall’estero, come il superamento del click day o la possibilità di assumere persone già presenti sul territorio ma rimaste senza documenti, è stato approvato. Né sono state introdotte misure di garanzia per le decine di migliaia di vittime di questo sistema iniquo, come abbiamo denunciato nel dossier di monitoraggio sugli esiti dei decreti flussi nel 2022 e 2023.

Si tratta di persone che hanno fatto ingresso in virtù di questa norma, hanno anche lavorato per un certo periodo con un nulla osta, ma che poi non sono state assunte per cause indipendenti dalla loro volontà e sono diventate irregolari. A loro va data la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per attesa occupazione che consenta di trovare un altro impiego e ottenere i documenti”, ha reso noto la campagna in un comunicato.

“Addirittura – nel caso del ricongiungimento familiare o della possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per le vittime di sfruttamento lavorativo – gli interventi sul testo normativo hanno introdotto ulteriori rigidità e ostacoli. Inoltre la cifra stanziata per l’assunzione di personale negli uffici dei diversi ministeri interessati dalla procedura non sarà sufficiente per consentire alle persone straniere di avere risposte dalla pubblica amministrazione sul proprio stato giuridico in tempi certi, senza aspettare anni, come avviene oggi”, conclude.

Il decreto prevede anche interventi correttivi minimi come un tetto massimo di domande che un datore di lavoro può presentare, tempi più lunghi per precompilare la domanda di visto per lavoro, l’aumento dei controlli incrociati e automatizzati per verificare la solidità di chi intende assumere un lavoratore straniero, l’interoperabilità tra le banche dati del Viminale e degli altri ministeri ed enti coinvolti. Ma le associazioni che si occupano di immigrazione non ritengono validi questi interventi.

Le organizzazioni non governative impegnate nel soccorso in mare hanno criticato la nuova legge. “Il vero obiettivo non è la gestione delle operazioni, ma limitare e ostacolare la presenza delle navi umanitarie e arrivare a un piano di definitivo abbandono del Mediterraneo e di criminalizzazione del soccorso in mare”, si legge in un comunicato congiunto di otto ong. La norma prevede nuove sanzioni, sia con fermi amministrativi sia con multe fino a 10mila euro, fino ad arrivare alla possibilità di confisca degli aerei delle organizzazioni impegnate in missioni di monitoraggio.

Secondo le ong, questa normativa mira a indebolire il dovere giuridico di segnalare la presenza di imbarcazioni in difficoltà.“Oltre a questo si inaspriscono le misure punitive per le navi delle organizzazioni non governative previste nel decreto Piantedosi. Nonostante la durata del primo fermo amministrativo della nave possa ora essere modulata tra dieci e venti giorni in base alla gravità della violazione, viene comunque prescritta l’interdizione alla navigazione in attesa dell’adozione dell’ordinanza prefettizia.

Questo, di fatto, aggiunge ulteriori giorni di inattività per la nave, senza possibilità di impugnazione. Inoltre, una reiterazione della violazione avvenuta fino ai cinque anni precedenti, fa scattare l’inasprimento delle misure sanzionatorie, non solo se la reiterazione avviene da parte dello stesso comandante, ma anche da parte della stesso proprietario della nave o dello stesso armatore”, denunciano le ong del mare, tra cui Emergency, Mediterranea Saving Humans, Medici senza frontiere (Msf), Open Arms, Resq, Sea-Watch, Sos Humanity, Sos Méditerranée.

Questo articolo è tratto dalla newsletter Frontiere.

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