Il 13 giugno il senato argentino ha approvato un pacchetto di riforme chiamato ley Bases, voluto dal presidente ultraliberista Javier Milei. Il testo, che è passato grazie al voto decisivo della vicepresidente Victoria Villarruel, dovrà essere trasmesso alla camera dei deputati per poi essere approvato in via definitiva. In discussione al senato c’era una nuova versione della cosiddetta legge omnibus, fiore all’occhiello del governo Milei, respinta nella versione originale di seicento articoli e approvata con una serie di modifiche e 238 articoli dalla camera dei deputati già ad aprile. Tra le concessioni fatte dal governo, che nel corso dei mesi è diventato più pragmatico, c’è la riduzione delle privatizzazioni, passate da circa quaranta a meno di dieci.

Mentre in senato era in discussione il pacchetto di riforme, nelle strade di Buenos Aires migliaia di persone hanno protestato contro le privatizzazioni volute dal governo e quello che considerano l’inizio dello smantellamento del settore pubblico. Ci sono stati scontri, anche violenti, tra manifestanti e forze di sicurezza in tenuta antisommossa, che hanno risposto al lancio di bottiglie molotov e pietre con gas lacrimogeni, idranti e proiettili di gomma. Una trentina di persone sono rimaste ferite e più di venti sono state arrestate. Tra gli agenti sono stati feriti in tre, due donne e un uomo. Inoltre cinque parlamentari dell’opposizione che hanno preso parte alla manifestazione sono stati ricoverati per aver inalato il gas urticante adoperato dagli agenti. In un comunicato, il governo si è felicitato con le forze di polizia per la loro risposta efficace davanti a quello che ha definito “un tentativo di colpo di stato, un attentato contro il normale funzionamento del congresso della nazione argentina”.

Tra i cambiamenti introdotti dalla nuova legge, spiega Bbc mundo, uno dei più rilevanti riguarda i poteri straordinari assegnati al presidente per un anno. Questo significa che fino alla metà del 2025 Milei potrà contare su facoltà che normalmente spettano al potere legislativo e governare per decreto su temi che hanno a che fare con l’economia, l’energia e l’amministrazione pubblica, pur se con alcune limitazioni. Il leader di estrema destra non avrà quindi un potere assoluto, chiarisce il sito.

Per riuscire a far passare la legge il governo ha dovuto accettare alcuni compromessi, per esempio si è impegnato a non sciogliere una serie di enti pubblici, tra cui la Banca nazionale dei dati genetici, che conserva tutte le informazioni sulle persone scomparse durante la dittatura militare ed è fondamentale per stabilire la parentela tra queste e i figli nati nei centri di detenzione e sottratti illegalmente ai loro genitori e poi affidate ad altre famiglie. Il governo ha inoltre garantito la continuità dei finanziamenti alle istituzioni pubbliche che si occupano di tecnologia industriale e del settore agroalimentare.

Anche per quanto riguarda le privatizzazioni, il pacchetto approvato al senato è molto ridimensionato rispetto a quello che l’esecutivo aveva presentato mesi fa. Delle circa quaranta aziende soggette a privatizzazione nella prima proposta, solo due, Intercargo, che fornisce servizi aeroportuali alle compagnie aeree, ed Energía Argentina, responsabile dell’esplorazione e dello sfruttamento di giacimenti di idrocarburi e del trasporto e stoccaggio di carburante, saranno privatizzate.

Intanto continua l’attacco del governo contro le donne e gli enti che finora avevano portato avanti politiche importanti contro la discriminazione di genere. Poco dopo essersi insediato, lo scorso dicembre, Milei aveva sciolto il ministero delle donne, del genere e delle diversità, riducendolo a un sottosegretariato per la protezione contro la violenza di genere. E il 6 giugno Claudia Barcia, che dirigeva il sottosegretariato, ha rinunciato all’incarico dopo aver saputo tramite WhatsApp che il governo avrebbe chiuso l’ufficio. Circa cinquecento persone perderanno l’impiego e l’esecutivo non avrà più strutture che si occupino della prevenzione della violenza di genere.

In occasione dei primi sei mesi di presidenza di Milei, Wola, che si occupa della difesa dei diritti umani nelle Americhe, fa un bilancio della situazione socioeconomica del paese e dell’impatto che stanno avendo i provvedimenti messi in atto finora dal governo. Il presidente argentino ha realizzato un piano di austerità per combattere l’inflazione, ha svalutato la moneta nazionale, il peso, ha tagliato ministeri e sussidi statali a trasporti, benzina e pensioni. Queste misure hanno avuto ripercussioni pesanti sulla popolazione, sia sulle classi più basse sia sulla classe media. In pochi mesi il potere d’acquisto dei cittadini è diminuito di più del 20 per cento, mentre sono aumentati i prezzi dei generi alimentari e delle medicine.

Oggi la povertà riguarda il 55 per cento della popolazione e la povertà estrema il 18 per cento. È cresciuta anche la disoccupazione e ci sono stati tagli pesanti all’istruzione pubblica e ai settori della scienza e della cultura. Come se non bastasse, il governo del leader ultraliberista diffonde valori antidemocratici non solo attraverso le sue politiche, ma anche con attacchi continui agli avversari, a tutte le persone che lo criticano, alla stampa, alle associazioni femministe e ambientaliste. Wola conclude con un invito alla comunità internazionale a esaminare la situazione economica dell’Argentina, senza tralasciare lo stato della sua democrazia e il deterioramento dei diritti umani.

Quest’articolo è tratto dalla newsletter Sudamericana.

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