Il patriarcato è un giudice
che ci giudica per essere nate.
E il nostro castigo
è la violenza che non vedi.
Ricordate questi versi? Sono della canzone intitolata Un violador en tu camino (Uno stupratore sul tuo cammino), ideata lo scorso anno dal collettivo femminista cileno Las Tesis. La performance che accompagna la canzone è stata replicata 367 volte in tutti i continenti, a eccezione dell’Antartide, e in 52 paesi, compresa la Turchia, come un forte atto di resistenza che rientra in un nuovo movimento globale, con l’obiettivo di affrontare le violazioni dei diritti delle donne, le violenze sessuali e i femminicidi in tutto il mondo.
Nel 2019 circa 440 donne sono state uccise da uomini in Turchia. Sei donne devono invece essere processate per aver eseguito la performance di Las Tesis, i cui testi, secondo le autorità turche, costituiscono un reato.
Tra le braccia della madre
In Turchia, dove tre donne sono state uccise in un giorno, il 27 ottobre, perché volevano divorziare dai mariti o rompere con i fidanzati, le donne che si oppongono ai femminicidi, agli abusi, alle molestie e agli stupri sono processate.
La Turchia è stato l’unico paese in cui la polizia ha interrotto la performance di Las Tesis, ed è oggi l’unico paese che ha aperto procedimenti legali contro donne a causa delle proteste.
In tutto il paese, inoltre, la polizia antisommossa ha disperso gruppi di centinaia di donne che si erano riunite per ripetere la performance Un violador en tu camino, all’interno di una protesta che si è diffusa in tutto il mondo.
Secondo la stampa turca, solo in una settimana di novembre sei donne sono state uccise da uomini.
Lo scorso settembre un sottufficiale di nome Köksal Doğru ha ucciso sua moglie Handan Doğru, che stava divorziando da lui. Doğru ha ucciso anche Alper Rapuroğlu, che riforniva il salone di bellezza gestito dalla moglie nella città egea di Smirne, prima di suicidarsi. Gizem Önal, che si trovava nel negozio al momento dell’agguato, ha lottato tra la vita e la morte per 55 giorni, prima di soccombere il 27 ottobre.
Nella provincia di Konya, nel centro del paese, Ömer İ. ha sparato alla sua ex fidanzata, Büşra Gizem Güzelsoy, e alla madre di lei, Gülya Barutçu, uccidendole. È emerso in seguito che Büşra era andata al commissariato di polizia due ore prima dell’attacco per sporgere denuncia contro Ömer e chiedere un ordine restrittivo nei suoi confronti. Lo stato non ha potuto proteggere Büşra e sua madre, che erano preoccupate per la loro vita e facevano affidamento sullo stato e sulle sue leggi. Si è poi scoperto che Büşra è morta tra le braccia della madre.
Dovrebbe forse sorprenderci che l’assassino ha ottenuto uno sconto di pena per essersi costituito?
Il 28 ottobre, stavolta nella provincia di Çankırı, nel centro della Turchia, un uomo di nome Mesut Açıkgöz ha ucciso Gülay Güneş, un mese dopo che i due avevano divorziato. La coppia aveva tre figli. Açıkgöz, che dopo l’omicidio era tornato ad Adana, la sua città di origine, si è presentato spontaneamente alla polizia locale. Dovrebbe forse sorprenderci che l’assassino ha ottenuto uno sconto di pena per essersi costituito?
Una morte sospetta
Kübra B., un’insegnante d’arte di 25 anni, è morta in maniera sospetta nella provincia settentrionale di Samsun, il 29 ottobre. È stata trovata impiccata a una conduttura del gas, in una casa dov’era ospite. Le autorità stanno ancora indagando sulle cause della sua morte.
Abbiamo sentito il nome di Nuran Söğütlü il 31 ottobre, in un articolo dove si parlava di “un marito che soffre di problemi mentali”. Tuttavia l’assassino ha chiamato sua figlia dicendole di “occuparsi dei cadaveri”, prima di sparare a Nuran e a se stesso. Nuran aveva 52 anni.
Il crimine è il femminicidio.
Impunità per il mio assassino.
È la scomparsa.
È lo stupro.
E la colpa non era mia
né di dove stavo né di come ero vestita.
E la colpa non è mia.
né di dove stavo né di come ero vestita.
Così continua la canzone. Ecco una settimana di giustizia nella Turchia che giudica le donne.
Yağmur Önüt è stata uccisa da Egemen Vardar con un fucile da caccia nel 2016. L’assassino ha sostenuto che stavano semplicemente “scherzando” e che il fucile era difettoso. Tuttavia, nel rapporto della scientifica, è stato scritto che il fucile funzionava bene, e che non è stata osservata alcuna fuoriuscita di piombo. Vardar ha sparato da breve distanza, creando un buco a forma di moneta nel collo di Önüt.
Nonostante il rapporto, Vardar è stato condannato a cinque anni e dieci mesi di prigione. Malgrado tutte le obiezioni fatte, questa settimana la corte suprema ha chiesto di convalidare la sentenza.
“Questo caso illustra quali siano i problemi delle donne in Turchia”, ha dichiarato la madre di Önüt in un’intervista.
Tra le accuse contro Mehmet Kaplan, arrestato in relazione alla morte di Duygu Delen, 17 anni, nella provincia sudorientale di Gaziantep, ci sono “omicidio volontario di minore”, oltre a “abuso sessuale di minore”, “molestie” e “saccheggio di abitazione”. I capi d’imputazione sono stati inviati a un alto tribunale penale. Se saranno ammessi dopo l’esame del tribunale, contro Kaplan sarà aperto un procedimento giudiziario.
Casim Ozan Çeltik, che il 15 giugno 2019 ha ferito gravemente Berfin Özek, 19 anni, nel distretto d’Iskenderun, nella provincia sudorientale di Hatay, rischiava l’ergastolo per “tentato omicidio premeditato”. Alla fine è stato condannato a 13 anni di prigione per “lesioni volontarie”. La sentenza è stata confermata dalla corte d’appello il 23 settembre, nonostante molte obiezioni.
Çeltik ha lanciato dell’acido solforico contro Berfin, sfigurando gravemente il suo viso e lasciandola parzialmente cieca.
Sei donne che dicono, “non camminerete mai sole” e “fermeremo i femminicidi”, saranno processate a Istanbul. E il resto della canzone sarà cantata nell’aula di tribunale.
Lo stupratore sei tu.
Lo stupratore sei tu.
Sono i poliziotti.
I giudici.
Lo stato.
Il presidente.
(Traduzione di Federico Ferrone)
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